Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44003 del 19/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 44003 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: IZZO FAUSTO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dalla :

LANARI Pietro,

n. a Ancona il 22\6\1960

avverso l’ordinanza del Tribunale
Ancona del 19\4\2013 (n. 22\2013);

del Riesame di

udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Fausto Izzo ;
udite le conclusioni del Procuratore Generale dr. Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito l’Avv. Michele Maresi, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso;

Data Udienza: 19/07/2013

1. La Procura della Repubblica di Ancona, con provvedimento del 2\2\2012, disponeva
una perquisizione in danno di Lanari Pietro, all’esito della quale veniva sequestrato
numeroso materiale documentale.
Al Lanari era stato contestata la violazione dell’art. 4 del del D.Lgs. n. 74 del 2000 per
avere, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, indicato nelle
dichiarazioni annuali dell’anno 2007, relative a dette imposte, elementi attivi per un
ammontare inferiore a quello effettivo ed avere dato disposizioni per il trasferimento
all’estero di 7.000.000 di Euro (che rappresentavano parte dei corrispettivo della
cessione dell’immobiliare Zeus S.r.l. alla Global Trading S.r.l. di due unità immobiliari).
Il decreto di sequestro probatorio, veniva impugnato dinanzi al Tribunale per il
Riesame, che con ordinanza del 2\3\2013 confermava il provvedimento.
2. A seguito di ricorso, la Corte di Cassazione, con sentenza del 13\12\2012 annullava
con rinvio l’ordinanza del Tribunale. Osservava la terza sezione di questa Corte che :
– il provvedimento impugnato, non era censurabile nella parte in cui ribadiva la
pertinenzialità fra quanto sequestrato ed il reato ipotizzato, sul rilievo che è da
considerare palmare il fatto che documentazione attinente a depositi bancari
dell’indagato sia “strettamente connessa e necessaria alla prova del reato in
contestazione commesso mediante occultamento, tramite giroconti bancari da conti
esteri su conti esteri, di proventi percepiti in nero”;
– la motivazione del Tribunale, invece, era carente e generica, nonché elusiva di
puntuali obiezioni difensive (nonché delle plurime allegazioni documentali portate alla
sua attenzione), laddove aveva solo accennato al tema del rientro dei capitali
illecitamente esportati tramite la normativa denominata “scudo fiscale”;
– l’argomentazione che “solo l’effettivo pagamento dell’imposta determina l’effetto
invocato”, risultava evasiva a fronte delle obiezioni sollevate circa le modalità
probatorie previste per il rientro dei capitali e, soprattutto, a fronte del rilievo che così
interpretando la L. n. 102 del 2009, rischiava di vanificarne gli effetti liberatori che le
erano propri;
– vero era che, l’assunto difensivo era tutto da dimostrare, ma la disamina passava
attraverso un apprezzamento della documentazione prodotta dal ricorrente al
Tribunale per il Riesame che, risolvendosi in un accertamento di fatto, non poteva
essere svolta in sede di legittimità;
– la apparenza della motivazione del riesame sul punto, costituiva una violazione di
legge che imponeva l’annullamento del provvedimento con rinvio al Tribunale di
Ancona.
3. Con ordinanza del 19\4\2013 il Tribunale di Ancona rigettava nuovamente
l’impugnazione. Osservava il Riesame, dopo avere effettuato una disamina della
disciplina dello scudo fiscale prevista dalla legge 102 del 2009 e che in parte
richiamava le analoghe disposizioni della legge 409 del 2001, che :
– non poteva essere condivisa l’opinione del P.M., quanto ai limiti soggettivi di
operatività dello “scudo”, ed in particolare della causa di non punibilità, che esso non
fosse applicabile ai fatti commessi in qualità di amministratore di società di società di
capitali; ciò in quanto una corretta interpretazione della normativa, agevolata da
circolari della Agenzia delle Entrate, consentiva di ritenere applicabile lo scudo a colui
che agiva come “dominus” della società e cioè come azionista di maggioranza o
amministratore;
– quanto all’ambito oggettivo di operatività dello scudo, la punibilità era esclusa
limitatamente al rimpatrio ed alla regolarizzazione prevista dall’art. 13 bis della legge
102. Ebbene, dagli atti risultava che il Lanari aveva documentato il rimpatrio per la

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RITENUTO in FATTO

4. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato lamentando la
erronea applicazione della legge e la mancanza assoluta di motivazione in ordine alla
non dichiarata improcedibilità, considerato che la somma di cui al capo di imputazione
risultava scudata per l’intero, se solo si fossero calcolati gli importi delle somme
rimpatriate dagli altri soci della “Zeus s.r.l.”; se ciò fosse stato fatto, si sarebbe
accertata la congruenza degli importi scudati rispetto alla somma indicata
nell’imputazione.
CONSIDERATO in DIRITTO
5. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
5.1. Ai fini del decidere è necessario premettere brevi cenni sulla disciplina del c.d.
“Scudo fiscale” introdotta con il d.l. 78 del 2009, conv. in I. 102 del 2009.
La normativa consente il rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute,
irregolarmente, fuori dal territorio dello Stato, previo il pagamento di una imposta
calcolata in modo percentuale rispetto alla entità del patrimonio scudato.
Il rimpatrio si perfeziona con il pagamento dell’imposta e la procedura attivata non
può costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente in sede amministrativa o
giudiziaria. In particolare la regolarizzazione esclude la punibilità per i reati di cui agli
articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 74 del 2000, nonché per i reati di cui al decretolegge n. 429 del 1982, ad eccezione di quelli previsti dall’articolo 4, lettere d) e f), del
predetto decreto n. 429, relativamente alla disponibilità delle attività finanziarie
dichiarate (cfr. richiamo che la legge 102 effettua nei confronti degli artt. 14 e 15 della legge
409 del 2001).
L’art. 13 della legge disciplina le modalità per il rimpatrio dei capitali ed è articolata in
modo tale da garantire l’anonimato del soggetto che effettua lo “scudo”. Infatti
l’incarico viene affidato ad intermediari mandatari, i quali effettuano il versamento
delle somme dovute alla Banca d’Italia. Il rapporto tra il contribuente e mandatario è
documentato da carteggi detenuti esclusivamente da tali soggetti.
5.2. Ciò premesso la tesi sostenuta dal ricorrente nei motivi di impugnazione è che
difetta il “fumus commissi delicti” in quanto la somma imponibile evasa dalla “ZEUS”
s.r.l. e di cui il Lanari era amministratore, era stata scudata e, pertanto, i relativi reati
non erano punibili. A sostegno di tale tesi, il ricorrente ha disvelato la documentazione
relativa alla regolarizzazione di capitali detenuti all’estero e scudati ai sensi della legge
102 sopra richiamata.
Nel provvedimento impugnato il Tribunale ha replicato che l’indagato aveva
documentato lo scudo di C 3.870.000=, pertanto, tenuto conto che la imputazione
provvisoria riguardava la complessiva somma di C 7.000.000=, sussisteva ancora la
punibilità del delitto e, quindi, il “fumus”.
A fronte di tali argomentazioni, con i motivi di ricorso, il Lanari ha censurato che il
Riesame non aveva tenuto conto delle somme “scudate” da altri soci della s.r.l.
“Zeus”, che andavano ampiamente a colmare la differenza mancante.
5.3. Per rispondere alla doglianza di erronea applicazione della legge, va fatto un
chiarimento sulle norme che disciplinano lo “scudo” fiscale.
La possibilità di regolarizzazione delle attivita’ finanziarie e patrimoniali detenute fuori
del territorio dello Stato è stata prevista nell’art. 13 bis della legge 102 del 2009. Tale
norma, per le modalità operative dello “scudo”, al comma 5, richiama gli “articoli 11,

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complessiva somma di C 3.870.000=, a fronte di un capo di accusa che gli contestava
una dichiarazione infedele per C 7.000.000=. Pertanto la non punibilità non poteva
coprire la parte di somma che non risultava scudata.

Al rigetto del ricorso per la infondatezza dei motivi, segue, per legge, la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 19 luglio 2013
Il Consigrere estensore

Il Presidente

13, 14, 15, 16, 19 ….. dalla legge 23 novembre 2001, n. 409”, che aveva disciplinato
una precedente regolarizzazione.
In particolare l’art. 11 della legge 409, nel delineare l’ambito soggettivo, di
applicabilità dello “scudo”, dispone che per “interessati” alla regolarizzazione devono
intendersi “…le persone fisiche, gli enti non commerciali, le società semplici e le
associazioni equiparate ai sensi dell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi,
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.
La chiara dizione della norma ha indotto gli interpreti a ritenere che le società
commerciali non potessero beneficiare dello “scudo”.
Tale osservazione già basterebbe per ritenere infondate le tesi sostenute dalla difesa
del Lanari.
Va però considerato che con un circolare del 10\10\2009 (nr. 43\E) la Direzione
Centrale dell’Agenzia delle Entrate ha inteso dare una interpretazione della
disposizione precisando che “….. ai soli fini tributari, si ritiene che tale divieto valga
con riferimento non solo ai procedimenti direttamente riferibili al contribuente che ha
effettuato le operazioni di emersione, ma anche a quelli concernenti soggetti
riconducibili al contribuente stesso in qualità di dominus. Pertanto, ad esempio, le
operazioni di rimpatrio o di regolarizzazione effettuate dal dominus di una società di
capitali non possono essere utilizzate ai fini dell’avvio o nell’ambito di un’attività di
controllo fiscale nei confronti della medesima società. Allo stesso modo le operazioni di
emersione non determinano accertamenti nei confronti dei soggetti interposti
attraverso i quali il contribuente ha detenuto all’estero le attività rimpatriate o
regolarizzate ….”.
Con tale circolare l’Agenzia delle Entrate ha inteso ampliare l’applicabilità del condono
anche alle società commerciali, a condizione che la attività di emersione sia effettuata
dal suo “dominus” e cioè da colui il quale ha il concreto dominio e la gestione della
società.
Tornando al caso che ci occupa, premesso che le “circolari” non hanno una natura
normativa e non possono modificare o interpretare in modo autentico le leggi;
premesso ancora l’osservazione che l’estensione dello scudo alle società predicata
dalla Agenzia delle Entrate, è limitata “ai soli effetti tributari” (v. pg. 40 cella circolare),
anche a volere ritenere giuridicamente operante l’estensione, essa è limitata alle sole
operazioni di emersione effettuate dal “dominus” della società.
Ne consegue che correttamente il giudice di merito, nel valutare la non congruenza
delle somme emerse rispetto a quelle evase, non ha tenuto conto delle somme
scudate da soggetti non “dominus”, ma meri soci della “Zeus” s.r.l.
Peraltro, a parte la documentazione dello scudo, tali soggetti non hanno dimostrato la
imputazione del rientro di capitali alla società, nè la devoluzione delle somme, dopo il
rientro, alla società che, è bene ricordarlo, è persona giuridica distinta dai soci che ne
costituiscono la compagine.

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