Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43990 del 24/09/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 43990 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BARTOLOMEO DONATO N. IL 03/07/1965
avverso la sentenza n. 1427/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
24/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
Udito il Procuratore Gpnerale ingerson;
che ha concluso per iet ,v:petio
4:oubt,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 24/09/2013

f

Ritenuto in fatto

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Lecce ha confermato la
sentenza di primo grado con la quale Bartolomeo Donato è stato ritenuto responsabile del
delitto di cessione di sostanza stupefacente del tipo eroina nei confronti di D’AMICO
Mariella, con l’attenuante del fatto di lieve entità ex art.73, comma 5, d. P.R. 309/90
(episodio risalente al 24 maggio 2006).

da D’Amico Corrado, padre della ragazza, il quale aveva riferito che la notte del 24
maggio 2006, avendo udito dei rumori provenire dall’esterno della sua villetta, si era
affacciato ed aveva sorpreso il Bartolomeo (da lui conosciuto quale saltuario
frequentatore della figlia) sulla veranda al primo piano che immetteva nella camera da
letto della ragazza, anch’ella portatasi sulla veranda. Il teste aveva altresì dichiarato che
il Bartolomeo si era dato alla fuga e che la ragazza, all’epoca assuntrice di eroina, nella
immediatezza del fatto gli aveva dichiarato che il Bartolomeo le aveva regalato una dose
di eroina perché dichiaratosi suo innamorato
D’Amico Mariella, invece, sentita in dibattimento, pur confermando la presenza del
Bartolomeo nelle suddette circostanze di tempo e di luogo, negava di avere ricevuto la
dose di eroina, precisando che il Bartolomeo era stato da lei invitato per cederle la
sostanza stupefacente, ma che la consegna non era avvenuta a causa dell’intervento del
padre.
La Corte di merito ha confermato la sussistenza dell’aggravante della recidiva, pur
facoltativa, ritenendo il nuovo episodio delittuoso in cui era incorso il Bartolomeo
espressivo di una maggiore colpevolezza e di una sua spiccata pericolosità sociale, tenuto
conto dei plurimi, gravi e specifici precedenti penali che scandiscono la biografia
giudiziaria dell’imputato.

Bartolomeo Donato, tramite difensore, propone ricorso avverso la sentenza sopra
indicata.

Con il primo motivo si deduce che l’affermazione di responsabilità del Bartolomeo è
fondata essenzialmente sulle sole dichiarazioni ” de relato” del padre della ragazza, alle
quali erroneamente il giudicante aveva attribuito pieno valore probatorio, senza alcuna
necessità di riscontri esterni, anzichè di indizio, da valutare secondo i criteri di cui all’art.
192 c.p.p.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 99, comma 4, c.p., sul rilievo che
la Corte di appello aveva applicato l’aumento di pena per la recidiva contestata solo
tenuto conto dei plurimi, gravi e specifici precedenti penali, senza verificare se la ricaduta

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Il giudice di appello ha fondato la responsabilità del Bartolomeo sulle dichiarazioni rese

nel reato fosse concretamente sintomatica di una maggiore colpevolezza e di una
maggiore pericolosità del prevenuto

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato.

incensurabile nella presente sede siccome conforme ai canoni della logica e della non
contraddizione, ha effettuato un’accurata e convincente disamina delle dichiarazioni rese
dal padre della ragazza, alla quale l’imputato avrebbe ceduto l’eroina, avendone accertata
l’attendibilità soggettiva ed oggettiva ed avendo correttamente rilevato che il D’Amico era
teste diretto per buona parte degli accadimenti da lui riferiti, caduti sotto la sua personale
percezione (il riferimento è a quanto dallo stesso dichiarato sulla introduzione
nell’abitazione da parte del Bartolomeo e sull’incontro dello stesso con la figlia, a cui
aveva fatto seguito la precipitosa fuga dell’imputato, alla vista del padre).
In relazione alle ragioni della clandestina presenza del Bartolomeo nella casa del D’Amico
i giudici di merito hanno ritenuto non credibili le parziali ritrattazioni effettuate nel corso
del dibattimento di primo grado da parte del teste di riferimento D’Amico Mariella, la
quale ha in quella sede ritrattato quanto dichiarato nell’immediatezza dei fatti, negando di
avere ricevuto la dose di eroina e precisando che il Bartolomeo era stato da lei invitato in
casa per cederle la sostanza stupefacente ma che la consegna non era avvenuta a causa
dell’intervento del padre.
Sul punto i giudici di merito, nel privilegiare la versione del padre della ragazza, hanno
fatto corretta applicazione del principio consolidato della giurisprudenza di questa Corte,
alla stregua del quale, in caso di contrasto tra le dichiarazioni rese dai testi “de relato” e
quelle rese dal testo di riferimento, il giudice ben può ritenere attendibili e privilegiare le
prime anziché le seconde, atteso che, da un lato, l’art. 195 c.p.p. non pone alcuna
gerarchia fra le dichiarazioni rese da tali due tipi di testi; dall’altro lato una diversa
soluzione contrasterebbe con il principio del libero convincimento del giudice al quale
compete in via esclusiva la scelta critica e motivata della versione dei fatti da privilegiare
(cfr., in termini Sez. I, 7 ottobre 2010, n. 39662, Valpiani, rv.248478 ed i riferimento in
essa contenuti).
La sentenza impugnata poi, come sopra detto, ha adeguatamente valutato l’attendibilità
oggettiva delle dichiarazioni rese dal teste anzidetto, avendo ritenuto che lo stesso, il
quale aveva denunciato i fatti il giorno successivo, aveva altresì spiegato in modo
plausibile il motivo per cui non aveva avuto modo di verificare direttamente o di farsi
consegnare la dose appena ricevuta dalla figlia.

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Con riferimento al primo motivo va rilevato che la sentenza impugnata, con motivazione

La sentenza impugnata ha, altresì, evidenziato come la parziale ritrattazione della teste
Mariella D’Amico, che pure nell’immediatezza del fatto aveva presentato una denuncia, a
fronte delle puntuali contestazioni del P.M., era rimasta del tutto ingiustificata, tenuto
conto che non era emersa alcuna ragione di dubitare della veridicità di quanto dalla
stessa riferito al padre quella notte, considerato che la D’Amico era all’epoca
tossicodipendente e frequentava il Bartolomeo e che quest’ultimo non aveva inteso offrire
alcuna plausibile ed alternativa ragione della sua introduzione nottetempo nella casa di

Non è configurabile, pertanto, l’errore di diritto, denunciato con il primo motivo di ricorso,
laddove si sostiene che la Corte territoriale aveva attribuito alla deposizione del teste
indiretto pieno valore probatorio, senza la particolare verifica imposta dalla natura delle
dichiarazioni “de relato”.
Come sottolineato in più occasione da questa Corte ( v. Sezioni unite 21 ottobre 1992, n.
1653 del 21/10/1992, Marino, rv. 192467, e Sez. I, 15 luglio 2009, Borgese ed altri, rv.
2451879) il teste “de relato” non è informato dei fatti (quelli da provare) e non riferisce di
questi bensì di quanto qualcun altro gli ha raccontato di tali fatti.
Oggetto della sua testimonianza è, in altri termini, non direttamente la circostanza o la
vicenda da provare, ma il fatto che altra persona ne abbia parlato o l’abbia ricostruita in
un certo modo. La qual cosa spiega perché dette dichiarazioni vanno considerate alla
stregua di indizio (nel senso di prova indiretta sul fatto) e perché è necessario che le
dichiarazioni testimoniali “de relato ” siano oggetto di particolare verifica, la quale impone
il controllo dell’attendibilità non solo del soggetto dichiarante, ma anche di quello di
riferimento : tanto valendo, ovviamente, sia quando il teste di riferimento confermi sia (a
maggior ragione) quando smentisca le dichiarazioni a lui attribuite.
Nel caso in esame, come sopra esposto, la necessaria verifica di doppia attendibilitàcredibilità è stata sotto ogni aspetto compiuta con rigore dai giudici di merito e le
argomentazioni svolte dal ricorrente per ritenere il teste “de relato” inattendibile sono del
tutto generiche, se confrontate con la motivazione della sentenza impugnata.

Infondato è anche il secondo motivo con il quale si lamenta la conferma della contestata
recidiva, espressamente ritenuta facoltativa.
Fermo restando che la valutazione, della recidiva attiene al potere discrezionale del
giudice di merito, fatti salvi i casi di operatività obbligatoria di cui all’art. 99 c.p., comma
5, resta il fatto che tale potere va, comunque, motivato.
In pratica, nel contesto valutativo di una maggiore capacità a delinquere del colpevole, il
giudice è tenuto a stabilire se la recidiva sia espressione di effettiva “insensibilità etica e
pericolosità”, con conseguente giustificazione dei riflessi sulla entità della pena anche agli

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abitazione del D’Amico.

effetti del bilanciamento con le attenuanti eventualmente riconosciute o riconoscibili ex
art. 69 c.p..
Nel caso in esame il giudice di merito ha fornito motivata valutazione ritenendo il nuovo
episodio delittuoso concretamente significativo sotto il profilo della più accentuata
colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo, in considerazione della natura e del
tempo di commissione dei precedenti ed avuto riguardo ai parametri indicati dall’art.133

Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in data 24 settembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

c.p.

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