Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43974 del 02/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 43974 Anno 2013
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: CITTERIO CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCIUTO ANTONIO N. IL 25/02/1953
SCIUTO VINCENZO N. IL 24/11/1981
CAMERANI MAURIZIO N. IL 05/12/1954
avverso la sentenza n. 2280/2010 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 12/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CARLO CITTERIO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. )1.04 Few~u4
che ha concluso per
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cArt4″.

Udito, per la

civile, l’Avv

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MA

Data Udienza: 02/10/2013

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1

CONSIDERATO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Bologna con sentenza del 12.6-25.7.12 ha definito il
processo a carico di GIOVANNI PIPOLI (assistente capo della polizia penitenziaria in
servizio presso la Casa circondariale di Ravenna, imputato condannato per vari reati
ex artt. 81 cpv, 319, 314, 479, 476, 326.3), ANTONIO SCIUTO (detenuto presso

condotte afferenti da un lato un telefono cellulare ed una scheda telefonica, nonché
lo scambio di informazioni e notizie con il figlio VINCENZO al di fuori dei normali
colloqui, tutto procuratogli dal PIPOLI, dall’altro la messa a disposizione del PIPOLI
di autovettura usata pagata dal figlio VINCENZO), VINCENZO SCIUTO (imputato del
reato ex artt. 81 cpv, 319, 321 c.p., per condotte di corresponsione di denaro e per
l’acquisto dell’autovettura sopra indicata) e MAURIZIO CAMERANI (agente di
commercio, imputato del reato ex artt. 81 cpv, 319, 321 c.p. per aver concordato
con PIPOLI una percentuale sulla vendita nella Casa circondariale di due
determinate marche di sigarette, corrispondendogli denaro ed altri oggetti),
confermando le condanne deliberate nei loro confronti dal GIP di Ravenna il
9.3.2010, solo rimodulando il trattamento sanzionatorio di PIPOLI.

2. Hanno proposto autonomi ricorsi gli imputati ANTONIO SCIUTO, VINCENZO
SCIUTO e CAMERANI, enunciando i motivi che seguono.

RAGIONI DELLA DECISIONE
3.1 SCIUTO ANTONIO
– violazione di legge e vizi alternativi della motivazione in ordine al diniego
delle circostanze attenuanti generiche;
– illogicità della motivazione in ordine al confermato trattamento
sanzionatorio.

3.2 II ricorso va dichiarato inammissibile.
La Corte d’appello ha argomentato in modo specifico (p. 9 e 10) i due punti
afferenti il trattamento sanzionatorio che erano stati oggetto dell’impugnazione

di

merito, confermando, con autonoma rivalutazione in fatto e specifica motivazione,
immune dai soli vizi logici rilevanti in questa sede (contraddittorietà e manifesta
illogicità), l’apprezzamento di congruità della pena e di immeritevolezza delle

quella Casa circondariale, imputato del reato ex artt. 81 cpv, 319, 321 c.p., per

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attenuanti generiche. Le deduzioni del ricorso si risolvono nella sollecitazione ad un
diverso giudizio di merito, del tutto precluso in questa sede di legittimità.

4.1 SCIUTO VINCENZO
– erronea applicazione degli artt. 319 e 321 c.p., illogicità e contraddittorietà
della motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità.
Secondo il ricorrente, quanto alla gestione del fondo vincolato del detenuto

riconosciuto che manca la prova di una compartecipazione del figlio VINCENZO, le
firme apparentemente a lui riconducibili sulle ricevute per gli svincoli parziali
essendo apocrife e risultando eseguite dal PIPOLI, che tratteneva le somme
corrispondenti, tant’è che la Corte distrettuale avrebbe in definitiva argomentato la
responsabilità di VINCENZO solo per la vicenda dell’autovettura, acquistata da
PIPOLI ma dal medesimo ricorrente pagata alla venditrice. Per tale acquisto,
tuttavia, “le risultanze dei giudizi di merito” non consentirebbero di pervenire alla
conclusione della consapevolezza di VINCENZO sulla natura retributiva della
dazione, le argomentazioni d’appello risultando “non soddisfacenti” (anche perché
le ammissioni dell’imputato, richiamate in sentenza, avrebbero riguardato la
consegna del denaro alla venditrice e non la consapevole volontà corruttrice).
4.2 D ricorso va dichiarato inammissibile perché il motivo è al tempo stesso
manifestamente infondato e generico.
La Corte d’appello ha dato conto puntuale delle dichiarazioni di PIPOLI e del
ricorrente, evidenziando come l’attivazione per l’acquisto e il pagamento
dell’autovettura non sia stato un episodio/fatto isolato ma si sia inserito in una serie
di condotte, descritte puntualmente a p. 11 con specifica indicazione delle
corrispondenti fonti di prova, che nel contesto trovavano spiegazione solo nel
comune consapevole interesse di padre e figlio di intrattenere il rapporto peculiare
con PIPOLI al fine di ottenere vantaggi non dovuti (p.12).
Tale motivazione da un lato attesta la manifesta infondatezza della doglianza
difensiva afferente in realtà non solo la vicenda dell’autovettura ma l’intero
rapporto degli SCIUTO padre e figlio con PIPOLO, dall’altra non trova confronto
argomentativo critico espresso nelle deduzioni del ricorso (confronto doveroso per
l’ammissibilità dell’impugnazione, ex art. 581 c.p.p., perché la sua funzione tipica è
quella della critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso: Sez. 6,
sent. 20377 dell’11.3-14.5.2009 e Sez.6, sent. 22445 dell’8 – 28.5.2009), che si
limitano a riproporre disattese letture di merito, con ciò assegnando il motivo
appunto all’inammissibilità per difetto di specificità.

ANTONIO SCIUTO i giudici del merito avrebbero, almeno implicitamente,

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5.1 CAMERANI

– Inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 358 c.p. per aver individuato
nel PIPOLI (corrotto dal ricorrente secondo l’imputazione) la qualifica di persona
incaricata di pubblico servizio, da negarsi per l’attività specificamente e sola
considerata, quella della raccolta delle preferenze e richieste dei detenuti, da
segnalare all’ufficio ragioneria unico competente a gestire e svolgere le operazioni
materiale;
– vizi alternativi della motivazione sul medesimo punto della decisione, per
avere indiscriminatamente ricondotto nell’ambito dell’esercizio della pubblica
funzione tutte le incombenze in concreto svolte da PIPOLI, ancorché contenute in
medesimo ordine di servizio.
5.2 II ricorso va rigettato.

La Corte d’appello ha correttamente giudicato sussistente nel PIPOLI la
qualifica di incaricato di pubblico servizio anche in relazione all’attività di raccolta
delle indicazioni delle preferenze dei detenuti per le varie tipologie di sigarette,
dopo aver ricostruito il fatto evidenziando:
• che tale scelta dei detenuti era influenzata dalla volutamente erronee
informazioni fornite dall’infedele assistente capo, che pertanto aveva
espressamente e direttamente contribuito, con la propria necessaria condotta, a
determinare scelte dell’Amministrazione penitenziaria con modalità fuorvianti
rispetto alle finalità proprie di quello specifico servizio (p. 13, 15);
• che la gestione del sopravitto, come descritta dallo stesso PIPOLI e da altro
personale addetto (p. 14), comportava spazi discrezionali non riconducibili ad una
mera attività materiale di raccolta dati (p. 15).
Conclusivamente, il richiamo all’insegnamento di Cass. Sez. 1 sent. 836/1996
operato dai Giudici del merito è stato accompagnato da una lettura attenta in fatto
agli aspetti peculiari delle condizioni e del contesto della condotta attribuita al
PIPOLI, sicchè le conclusioni in diritto e la soluzione concreta della causa hanno
fatto seguito non alla mera applicazione di un principio di diritto astratto legato alla
qualifica formale soggettiva, bensì ad una penetrante ed attenta indagine della
fattispecie concreta, che ha evidenziato – con motivazione né apparente né
contraddittoria né manifestamente illogica – gli aspetti in fatto che impongono la
qualificazione pubblicistica anche della specifica condotta che coinvolge pure questo
ricorrente.

d’acquisto, quindi, in definitiva, una mera raccolta e segnalazione di un dato

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6. Consegue la condanna di tutti i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
ANTONIO e VINCENZO SCIUTO vanno altresì condannati al pagamento,
ciascuno, della somma, equa al caso, di euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende.

P.Q.M.

condanna al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di euro
1000 in favore della Cassa delle ammende.
Rigetta il ricorso di CAMERANI MAURIZIO, che condanna al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma, il 2.10.2013

Dichiara inammissibili i ricorsi di SCIUTO ANTONIO e SCIUTO VINCENZO, che

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