Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43970 del 21/10/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 43970 Anno 2015
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI MARTINO OMAR GENEROSO N. IL 23/11/1976
avverso l’ordinanza n. 1764/2015 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
09/04/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
-Lente/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 21/10/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 7 aprile 2015 il Tribunale del riesame di
Napoli ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di Di Martino Omar
Generoso, confermando l’ordinanza pronunziata dal G.i.p. presso il Tribunale di
Napoli il 5 marzo 2015, che applicava nei suoi confronti la misura della custodia
cautelare in carcere in relazione al reato di associazione per delinquere

camorristico denominato “clan dei casalesi”, nella sua fazione degli Schiavone
(capo sub 1) – ed al reato fine di cui agli artt. 110, 81 cpv. e c.p., 73 del D.P.R.
n. 309/90 [capo sub 39)), entrambi aggravati

ex art. 7 I. n. 203/91 e

rispettivamente commessi in Teverola, Carinaro ed Aversa fino al febbraio 2011
(il primo) e dall’agosto al novembre 2010 (il secondo).

2. Avverso la su indicata ordinanza ha personalmente proposto ricorso per
cassazione il Di Martino, che ha dedotto due motivi di doglianza.

2.1. Violazioni di legge e vizi motivazionali in relazione alla ritenuta
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sia del delitto associativo che del
reato-fine, non emergendo dalle intercettazioni telefonico-ambientali e dalle
dichiarazioni di un unico collaboratore di giustizia (Giustino Improda) precise
indicazioni in merito alla stabilità del ruolo e dei compiti svolti all’interno della
contestata organizzazione criminale: gli scarni elementi a carico, infatti, sono
stati travisati, essendo rimasto il ricorrente coinvolto esclusivamente in rapporti
interpersonali con il cugino – Di Martino Nicola – in assenza di ulteriori elementi
di riscontro derivanti da attività di osservazione, ovvero da operazioni di
sequestro e confisca di stupefacenti.

2.2. Violazioni di legge e vizi motivazionali in relazione alla ritenuta
sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 della I. n. 203/91, non emergendo
dagli atti elementi univocamente dimostrativi della coscienza e volontà di
agevolare, con le attività di cessione di sostanze stupefacenti, gli interessi e le
attività del contestato sodalizio criminale.

1

finalizzata al narcotraffico (capo sub 25) – collegata al sodalizio di stampo

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va rigettato per le ragioni qui di seguito esposte e
precisate.

2. La gravità del panorama indiziario evocato a sostegno della misura deve
ritenersi congruamente sostenuta dall’apparato motivazionale su cui poggia

analitica e globale degli elementi indiziari emersi a carico del ricorrente, dando
conto, in maniera logica e adeguata, delle ragioni che giustificano l’epilogo del
relativo percorso decisorio.
Entro tale prospettiva, deve rilevarsi come l’impugnata ordinanza abbia fatto
buon governo del quadro dei principii che regolano la materia in esame,
puntualmente replicando alle obiezioni difensive e linearmente evidenziando,
sulla base delle numerose emergenze investigative ivi compiutamente illustrate
(v. gli elementi indiziari ampiamente esposti nelle pagg. 18-25), il contributo
partecipativo dall’indagato offerto al sodalizio criminale in esame (capo sub 25),
inizialmente attraverso la riscossione dei proventi dell’attività di spaccio, quindi
provvedendo allo smercio di stupefacenti sul territorio di Teverola e Carinaro per
conto del cugino, Nicola Di Martino (esponente apicale dell’organizzazione), dal
quale si approvvigionava ricevendo tali sostanze a credito e pagando poi il
dovuto a seguito delle attività di rivendita svolte nelle zone di competenza.
Sulla base delle univoche risultanze indiziarie offerte dall’esito delle attività
di intercettazione delle conversazioni captate all’interno dell’abitazione di Nicola
Di Martino e Del Core Olimpia, nonché dalle dichiarazioni rese dal collaboratore
di giustizia Improda Giustino, i Giudici di merito hanno evidenziato il ruolo svolto
dall’indagato in favore dell’associazione, per conto della quale ha agito, assieme
ad altri sodali come Improda Giustino e Cavallaccio Antonio, quale componente
della rete organizzativa preposta a ricevere, detenere e smerciare al dettaglio lo
stupefacente fornitogli dal Di Martino e dai suoi diretti collaboratori, così
assicurando, per un periodo di tempo apprezzabile, un canale di rivendita stabile,
all’interno di un contesto operativo ben organizzato, che gli consentiva di
relazionarsi direttamente con il capo del sodalizio, nell’ambito di dinamiche già
concordate in vista della successiva realizzazione dei reati-fine.
Solo aspecificamente formulate, inoltre, devono ritenersi le doglianze mosse
in ordine alla gravità della base indiziaria dai Giudici di merito delineata con
riguardo al reato-fine contestato nel capo sub 39), per il quale sono state

2

l’impugnato provvedimento, che ha correttamente proceduto ad una valutazione

specificamente poste in rilievo, pur in assenza di attività di sequestro, le
univoche risultanze offerte, nel preciso contesto di riferimento territoriale preso
in esame, dalle varie conversazioni telefoniche oggetto di intercettazione e dalle
convergenti dichiarazioni rese da Gennari Raffaele, abituale acquirente di
sostanze stupefacenti dal predetto indagato.
Congruamente motivato, infine, deve ritenersi il profilo della ricorrenza
dell’aggravante di cui all’art. 7 I. n. 203/91, che i Giudici di merito hanno

dall’indagato offerto in favore delle attività proprie del sodalizio di stampo
camorristico di cui al capo sub 1), avuto riguardo alle connotazioni del contesto
ambientale in cui egli ha agito, alla rete di relazioni intessuta con altri sodali e,
soprattutto, allo stretto rapporto fiduciario ed ai frequenti contatti intercorsi con
il cugino Nicola Di Martino, le cui finalità e modalità operative – quale esponente
apicale di riferimento sia all’interno del predetto sodalizio camorristico, sia in
quello ad esso strettamente collegato e dedito al traffico di stupefacenti sul
territorio – erano al ricorrente ben note.

3. In definitiva, a fronte di un congruo ed esaustivo apprezzamento delle
emergenze procedimentali, esposto attraverso un insieme di sequenze
motivazionali chiare e prive di vizi logici, il ricorrente non ha individuato passaggi
o punti della decisione tali da inficiare la complessiva tenuta del discorso
argomentativo delineato dal Tribunale, ma ha sostanzialmente contrapposto una
lettura alternativa delle risultanze investigative, facendo leva sul diverso
apprezzamento di profili di merito già puntualmente vagliati in sede di riesame
cautelare, e la cui rivisitazione, evidentemente, non è sottoponibile al giudizio di
questa Suprema Corte.
Al riguardo v’è da osservare, peraltro, che l’ordinamento non conferisce a
questa Suprema Corte alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali
delle vicende oggetto d’indagine, nè la investe di alcun potere di riconsiderazione
delle caratteristiche soggettive degli indagati, ivi compreso l’apprezzamento delle
esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di accertamenti
rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata richiesta
l’applicazione delle misura cautelare e del tribunale chiamato a pronunciarsi sulle
connesse questioni de libertate. Il controllo di legittimità, pertanto, è circoscritto
esclusivamente alla verifica dell’atto impugnato, al fine di stabilire se il testo di
esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di carattere
negativo, la cui contestuale presenza, come avvenuto nel caso in esame, rende

3

ragionevolmente desunto dallo stabile e rilevante contributo di agevolazione

l’atto per ciò stesso insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente
significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza nel testo di illogicità
evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo
del provvedimento (da ultimo, v. Sez. F., n. 47748 del 11/08/2014, dep.
19/11/2014, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, dep. 18/11/2010,
Rv. 248698).

rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali ex art. 616 c.p.p. .
La Cancelleria provvederà all’espletamento degli incombenti di cui all’art. 94,
comma 1-ter, disp. att., c.p.p. .

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. c.p.p..

Così deciso in Roma, lì, 21 ottobre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

4. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere

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