Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43950 del 18/09/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 43950 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SILVESTRI ERMANNO N. IL 22/08/1959
avverso l’ordinanza n. 1/2013 TRIB. LIBERTA’ di RIETI, del
18/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. lek\no t
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 18/09/2013

18049/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 18 gennaio 2013 il Tribunale di Rieti ha respinto l’istanza di riesame
contro il decreto di sequestro preventivo di un manufatto emesso il 21 dicembre 2012 dal gip
dello stesso Tribunale presentata da Silvestri Ermanno, indagato ex articolo 44, lettera b),
d.p.r. 380/2001, per la costruzione di un edificio commerciale in zona annonaria sulla base di
illegittimo permesso di costruire n. 1443 del 13 gennaio 2011, rilasciato in base a nullaosta
idraulico n. 532 del 18 dicembre 2009 in contrasto con l’articolo 28 del Piano stralcio di Assetto

febbraio 2010 rilasciato da dirigente del Comune di Rieti.
2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo un unico motivo – rubricato come violazione
degli articoli 110 e 323 c.p., 44, lettera b), d.p.r. 380/2001, 125, 321 ss., 369 e 369 bis c.p.p.,
vizio motivazionale e travisamento della prova – articolato in tre doglianze. In primo luogo,
lamenta il difetto del fumus commissi delicti: il Silvestri è indagato non per il delitto di cui al
capo A (323 c.p.), bensì solo per la contravvenzione di cui all’articolo 44, lettera b), d.p.r.
380/2001 (capo B), che però concerne l’esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del
permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l’ordine di sospensione: e nel caso di
specie non esistono ordini di sospensione, mentre i lavori eseguiti sono conformi ai titoli
abilitativi. Ma anche il delitto di cui all’articolo 323 c.p., ascritto ad altri, non sussiste, poiché il
fatto contestato, secondo l’imputazione, consisterebbe nel contrasto con l’articolo 28 del PAI e
nella mancata condivisione di un mero parere propedeutico al rilascio di un permesso a
costruire. Il Silvestri comunque nulla ha a che fare con l’abuso d’ufficio – essendo
l’amministratore di SIVA Srl che ha acquistato il terreno su cui costruire l’immobile sequestrato
quando i titoli abilitativi erano già stati rilasciati – e in ogni caso il sequestro è illegittimo
perché l’immobile non è né corpo del reato né cosa ad esso pertinente, non essendo vincolato
al reato da un nesso strumentale, nel caso di specie pertinente al reato potendo essere solo il
prezzo pagato per l’acquisto. Illegittimo poi è il sequestro quando la cosa è destinata ad
attività consentite e comunque occorre uno strutturale nesso strumentale tra res e reato per
legittimare il sequestro; né può richiamarsi la nozione di profitto quando il reato, come nel
caso de quo, non si inserisce in un’attività totalmente illecita. E se il comportamento
penalmente rilevante si attua entro l’attività contrattuale non coincidendo con la stipulazione
del contratto ma riguardandone solo l’esecuzione, il profitto può non essere ricollegabile
direttamente alla condotta criminosa. Non è quindi sequestrabile ex articolo 321 c.p.p.
l’immobile di cui si tratta. In secondo luogo il ricorrente evidenzia che l’immobile sequestrato
non presenta alcun tasso di pericolosità. Il giudice del riesame ha identificato il pericolo
nell’ubicazione dell’immobile in una zona ad elevato rischio di esondazione, ma tale rischio non
esistere, per quanto già dedotto in sede di riesame, con rilievi disattesi dal Tribunale che
invece destituiscono di fondamento i contrapposti assunti accusatori immotivatamente fatti
propri dal giudice del riesame e riportati nel ricorso (pagina 7 s.). Al riguardo la motivazione è

Idrogeologico (PAI) per le piene del Velino nonché in base a un parere PE 16675 del 25

dunque apodittica. Infine, il ricorrente lamenta la mancanza della informazione di garanzia e la
mancata indicazione degli elementi di essa all’interno del decreto di sequestro, comportante la
nullità del decreto, poichè questo non menziona la facoltà di nominare un difensore di fiducia,
pur dovendo contenere tutti gli elementi ex articolo 369 c.p.p. se antecedente alla notifica
dell’informazione di garanzia. Inoltre, quando l’indagato è presente all’esecuzione del
sequestro, com’è avvenuto nel caso de quo, vi è obbligo ex articolo 365, comma 1, c.p.p. di
chiedere al prevenuto se sia assistito dal difensore di fiducia e di designarne, in difetto, uno
d’ufficio ex articolo 97, comma 3, c.p.p. Ciò non è stato rispettato con conseguente nullità

In data 13 settembre 2013 il difensore del Silvestri ha depositato memoria difensiva che
argomenta ancora le doglianze sopra esposte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
3.1 Come si è visto, l’apparentemente unico motivo è in effetti articolato in tre doglianze.
Quella che può definirsi allora, realmente, primo motivo, è la contestazione del

fumus

commissi delicti.
Se è vero che la giurisprudenza di questa Suprema Corte (oltre a Cass. sez. III, 5 maggio
2010 n. 26197, citata dal ricorrente, v. da ultimo Cass. sez. IV, 14 marzo 2012 n. 15448)
riconosce che la valutazione cautelare non si confina nella verifica di un’astratta configurabilità,
richiedendo un concreto vaglio probatorio, è altresì vero che ciò non consente di adire il giudice
di legittimità per ottenere una valutazione fattuale alternativa rispetto a quella, sussistente e
quindi non omessa, del giudice di merito. Premesso quindi che l’articolo 44, lettera b), d.p.r.
380/2001, per il quale il Silvestri è indagato, prevede una fattispecie contravvenzionale per
l’ipotesi di “esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso” (oltre che per
l’ulteriore ipotesi, qui chiaramente non ricorrente, della loro prosecuzione nonostante l’ordine
di sospensione) e che, qualora il permesso rilasciato sia illegittimo, è da intendersi che l’opera
viene costruita in assenza di permesso (sulla equiparazione tra la illegittimità e l’assenza del
titolo abilitativo cfr. Cass. sez. III, 12 febbraio 2009 n. 15921) – e nel caso di specie la
imputazione verte sulla illegittimità del permesso, in base al quale veniva costruito il
manufatto sequestrato -, deve darsi atto che l’ordinanza impugnata ha esaminato in modo
concreto e congruo il profilo del fumus. Correttamente, invero, prende le mosse dal rilievo che,
trattandosi di zona classificata in fascia A nel PAI (cioè di massima pericolosità idrogeologica)
in essa sono realizzabili solo gli interventi individuati in uno specifico elenco dall’articolo 28 del
suddetto PAI, tra cui non è contemplato il tipo di manufatto in corso di realizzazione che è
oggetto del sequestro, vale a dire un edificio commerciale in zona annonaria, il cui piano
particolareggiato, poi, osserva ancora il Tribunale, all’articolo 4 stabilisce che gli edifici ivi

degli atti successivi.

previsti siano “destinati alle attività connesse alle esigenze annonarie della città”, cioè “alla
lavorazione, trasformazione, deposito e commercio all’ingrosso di prodotti alimentari quali
mattatoio, mulini, depositi ecc.”. L’elemento, peraltro, esattamente identificato dal Tribunale
come supporto fondante della configurabilità del fumus in termini di illegittimità di titolo
abilitativo non si riscontra nel profilo annonario, bensì proprio nelle esigenze di tutela
idrogeologica. La norma transitoria del PAI, invero, cioè l’articolo 47, nel salvare i piani
attuativi e quelli di lottizzazione anteriori all’entrata in vigore del Piano, esige tuttavia il “parere
preventivo dell’autorità competente alla tutela del vincolo” idrogeologico, come chiaramente

quale n. 532 del 18 dicembre 2009 (motivazione, pagine 5 s.), da cui tra l’altro emerge che il
nullaosta idraulico era stato rilasciato ai soli fini idraulici con validità subordinata “al parere
dell’Ufficio Extradipartimentale della Protezione civile del Comune di Rieti che dovrà certificare
che l’opera è conforme alle linee di indirizzo del Piano di Protezione Civile Comunale e che tale
fabbricato è ricompreso nel Piano di Protezione Civile”: certificazione non rilasciata come
richiesto (motivazione, pagina 6), e nonostante ciò il 14 gennaio 2011 il Comune di Rieti
rilasciava il permesso di costruire n. 1443. L’evidenziazione del

fumus di illegittimità del

permesso di costruire è ulteriormente integrata, poi, dal Tribunale con susseguenti rilievi
(pagine 7-8) in ordine alle modalità di realizzazione concreta dell’opera (secondo il progetto da
erigere a una altezza di metri 388,09 sul livello del terreno, ma in concreto realizzata al livello
del terreno circostante”) e alla destinazione d’uso di cui SIVA Srl (del quale è amministratore
l’indagato Silvestri) ha chiesto il cambio senza tenere conto ancora del combinato disposto
degli articoli 28 e 47 PAI, adempiendo così anche ad abundantiam il giudice di merito all’analisi
del profilo del fumus commissi delicti contestato dal ricorrente ed esternando la sua cognizione
con una motivazione congrua e lineare, palesemente esente da qualunque travisamento.
È dunque evidente che non è configurabile alcun vizio motivazionale nei limiti che tale vizio
trae dall’articolo 325 c.p.p.: quale violazione di legge (articolo 125 c.p.p.) infatti rileva
unicamente come mancanza assoluta della motivazione o motivazione apparente (S.U. 13
febbraio 2004 n. 5876; Cass. sez.III, 15 giugno 2004 n. 26583; Cass. sez.V, 1 ottobre 2010 n.

evidenzia ancora il giudice di merito. Di qui il vaglio del primo parere rilasciato dall’ARDIS

35532) e non come illogicità o incompletezza dell’apparato motivazionale (Cass. sez.V, 28
febbraio 2007 n. 8434; Cass. sez.VI, 20 febbraio 2009 n. 7472); quel che il ricorrente adduce
riguardo alla pretesa carenza di fumus commissi delicti è da ricondursi, invece, proprio ad una
versione alternativa sul piano fattuale, come evidenzia, tra l’altro, l’insistenza sulla pretesa
estraneità all’illecito del Silvestri per avere fatto ingresso nella vicenda dopo il rilascio del titolo
contestato come illegittimo (ad abundantiam si nota che, a tacer d’altro, le ultime due
circostanze valorizzate dall’ordinanza, cioè la costruzione senza sopraelevazione e la richiesta
di cambio di destinazione d’uso, sul piano fattuale ostacolerebbero la prospettazione
dell’estraneità del Silvestri). Riguardo infine alla non sequestrabilità del manufatto, la non
pertinenza del manufatto stesso rispetto al reato di cui all’articolo 44, lettera b), d.p.r.

5

380/2001 non appare contestabile, poiché il manufatto è frutto dell’esecuzione dei lavori che
integra il reato stesso; il che priva di consistenza anche l’ulteriore argomentazione relativa alla
pretesa riconducibilità di tale costruzione alla lecita esecuzione di un contratto. Il motivo
risulta, in conclusione, infondato.
3.2 n secondo motivo censura l’ordinanza sotto il profilo del periculum, che sarebbe assente,
cosa che il Tribunale non avrebbe riconosciuto nonostante gli elementi addotti dalla difesa, al
contrario aderendo apoditticamente alla posizione del gip. Invero, dall’ordinanza emerge che la

rilievo sul requisito del periculum” (pagine 2-4). Nonostante questo, il Tribunale ha motivato
sull’esistenza del requisito del periculum, condividendo con il gip che questo consiste “nella
circostanza che le opere non sono ultimate, per cui la libera disponibilità delle stesse può
agevolare la prosecuzione dei lavori e l’aggravamento degli effetti della condotta, nonché nella
circostanza che l’immobile è situato in zona ad elevato rischio esondazione” (motivazione,
pagina 4): e la sussistenza del rischio idrogeologico viene poi ulteriormente illustrata
evidenziando, come già sopra richiamato a proposito del fumus, la qualificazione della zona dal
Piano di Assetto Idrogeologico come connotata dalla massima pericolosità (fascia A), e altresì
dal più elevato tra i rischi configurabili (rischio R4). Non è dunque ravvisabile alcun vizio
motivazionale, nei limiti di cui all’articolo 325 c.p.p., come già rilevato per la precedente
doglianza. Le argomentazioni che il ricorrente adduce per negare, poi, l’esistenza del
periculum, ancora come nella precedente doglianza tentano di conseguire un terzo grado di
cognizione fattuale, con evidente inammissibilità. Il motivo risulta pertanto infondato.
3.3 II terzo motivo introduce vizi di rito che non erano stati denunciati nella richiesta di
riesame. Nel decreto di sequestro non sarebbe stata menzionata la facoltà di nominare un
difensore di fiducia, in violazione dell’articolo 369 c.p.p. Richiama il ricorrente giurisprudenza di
questa Suprema Corte che ritiene necessario che il decreto contenga tutti gli elementi ex
articolo 369 se il sequestro preventivo viene eseguito prima della notificazione
dell’informazione di garanzia (in tal senso si vedano effettivamente Cass. sez.II, 28 ottobre
1997-18 febbraio 1998 e Cass. sez.III, 26 aprile 1996 n. 1970). Tuttavia il ricorrente non
adduce che il sequestro sia stato eseguito prima di tale notificazione, mantenendo la sua
doglianza in una conformazione di inammissibile genericità. Ma anche qualora si voglia
intendere che, facendo riferimento alla giurisprudenza, il ricorrente abbia inteso addurre che
non gli era stata citata in precedenza la informazione di garanzia, va ricordato che “l’omissione
dell’informazione di garanzia prima dell’adozione del decreto di sequestro preventivo, ovvero la
mancata indicazione degli elementi di essa nello stesso decreto, in caso di contestualità, in
tanto comportano la nullità del provvedimento per violazione dell’art. 178, comma primo, lett.
c), c.p.p.., in quanto determinino la violazione del diritto di difesa per la mancata possibilità di
partecipazione del difensore alle operazioni di esecuzione del sequestro” (così da ultimo Cass.
sez. V, ord. 3 novembre 2011-17 febbraio 2012 n. 6519). Nel caso di specie, lo stess

richiesta di riesame si fondava sulla contestazione della sussistenza del fumus, “senza alcun

ricorrente espone che all’invito, rivoltogli dalla polizia giudiziaria operante, di farsi
eventualmente assistere nell’esecuzione da altra persona o da difensore di fiducia, il Silvestri
ha dato risposta negativa, da ciò derivando che la mancata presenza del difensore alle
operazioni di esecuzione del sequestro è riconducibile alla volontà stessa dell’indagato. Quanto
poi all’ulteriore doglianza che, a fronte della sua risposta negativa, sarebbe stato violato
l’obbligo di nominare un difensore d’ufficio ex articolo 97, comma 3, c.p.p., anch’essa appare a
sua volta infondata, poiché, secondo ancora quanto espone lo stesso ricorrente, il Silvestri ha
manifestato una volontà espressamente negativa all’assistenza, come si è appena evidenziato.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 18 settembre 2013

Il Presidente

Pure questo motivo risulta pertanto infondato.

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