Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43943 del 10/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 43943 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
1) Sabatini Adolfo
2) Bellino Antonino

nato il 14.5.1961
nato il 27.1.1949

avverso la sentenza del 16.9.2011
della Corte di Appello di Messina
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P. G., dr.Gabriele Mazzotta, che ha
chiesto annullarsi, con rinvio,la sentenza impugnata e quella
di primo grado in relazione al capo a) e,senza rinvio, quanto
al reato di cui al capo b) perché estinto per prescrizione
sentiti i difensori, avv.Vincenzo Grosso e Giovanni Maggiore,
che hanno concluso per raccoglimento dei ricorsi

1

Data Udienza: 10/10/2013

1. Con sentenza del 16.9.2011 la Corte di Appello di Messina confermava la sentenza del
Tribunale di Barcellona P.G., sez. dist. di Lipari, in composizione monocratica, emessa in data
19.11.2009, con la quale Sabatini Adolfo e Bellino Antonino erano stati condannati, previo
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi 9 di reclusione per il
reato di cui all’art.181 co.1 bis D.L.vo 42/2004, così qualificata l’originaria imputazione di cui al
capo a),e per il reato di cui agli artt.110 c.p., 93, 94 e 95 DPR 380/2001 (capo b) in relazione
alla costruzione di un muro di sostegno in c.a. dello spessore di cm.54, compreso il
rivestimento in pietrame, e un’altezza di mt.4, in zona sismica e sottoposta a vincolo
paesaggistico, senza le prescritte autorizzazioni.
Rilevava la Corte territoriale che correttamente, come previsto dall’art.521 c.p.p., il primo
giudice aveva proceduto a diversa qualificazione giuridica del fatto di cui al capo a (contestato
inizialmente come contravvenzione ex art.181 co.1 D.L.vo 42/2004).
Assumeva, poi, la Corte che l’opera realizzata (la realizzazione del muro aveva comportato
anche la creazione di una superficie utile costituita dall’area soprastante) determinava un
notevole impatto ambientale e recava grave nocumento al paesaggio in una zona sottoposta a
particolare vincolo paesaggistico (quale è l’intero territorio delle Isole Eolie).
Ai sensi del combinato disposto degli artt.167 lett.a) e 146 co.4 D.L.vo 42/2004 non è prevista
autorizzazione in sanatoria, per cui quella rilasciata non aveva alcuna rilevanza ai fini penali.
2. Ricorre per cassazione Sabatini Adolfo, a mezzo del difensore, denunciando, con il primo
motivo, l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità.
Erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che la contravvenzione originariamente
contestata potesse essere qualificata come delitto, non avendo tenuto conto che l’art.604
c.p.p. impone al giudice di appello di dichiarare la nullità della sentenza quando la legge
stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato.
Con il secondo motivo denuncia l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale. In
data 16.9.2008 la Soprintendenza aveva rilasciato parere favorevole di compatibilità
paesaggistica ai sensi dell’art.167 D.L.vo 42/2004, rilevando che i lavori rientravano tra quelli
di cui alle lettere a),b) e c) del comma 4 dell’art.167 e che le opere realizzate recavano lieve
danno all’ambiente. L’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’opera determinava
l’inapplicabilità delle sanzioni penali.
Deduce, altresì, la totale mancanza di motivazione in ordine alla circostanza che il muro
edificato fosse pari al doppio di quello autorizzato (i testi escussi avevano riferito che
l’accertamento era avvenuto quando i lavori erano ancora in corso) ed alla mancata
ammissione di ispezione dei luoghi e perizia.
Infine, deduce che la Corte territoriale ha omesso di dichiarare !sa prescrizione del reato di cui
al capo b).
3. Ricorre per Cassazione anche il difensore di Bellino Antonio, denunciando, con il primo
motivo, la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all’art.181 co.1 bis D.L.vo
42/2004. La Corte territoriale, disattendendo i motivi di appello, ha ritenuto che non vi fosse
alcuna violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, trattandosi soltanto di
una diversa qualificazione giuridica del fatto.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n.18509 del 23.3.2011, ha ritenuto però violato il
principio di correlazione ove la originaria contestazione di cui all’art.181 co.1 D.L.vo 42/2004
venga mutata nella fattispecie delittuosa di cui al comma 1 bis del medesimo articolo, senza
alcuna modifica della contestazione. L’ipotesi delittuosa è invero prevista in relazione ad opere
realizzate non su qualsiasi bene paesaggistico, ma su aree e beni che, per le loro caratteristiche,
siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico, con apposito provvedimento.
Con il secondo motivo denuncia l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale,
avendo i Giudici di merito ritenuto che l’accertamento di compatibilità paesaggistica rilasciato
dalla Sovrintendenza non avesse rilevanza ai fini della estinzione del reato.
Il reato di cui al capo b) doveva infine essere dichiarato estinto per prescrizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

RITENUTO IN FATTO

2. Non c’è dubbio che, come espressamente previsto dall’art.521 co.1 c.p.p., il giudice possa
dare al fatto una qualificazione giuridica diversa sempre che non ecceda la sua competenza e
non risulti attribuito alla cognizione del Tribunale in composizione collegiale.
Tale diversa qualificazione giuridica non viola, invero, i diritti di difesa, essendo stato il fatto
nei suoli elementi costitutivi regolarmente contestato.
Sicchè la modifica della qualificazione giuridica del fatto-reato con la sentenza non determina
la nullità della stessa per mancanza di relazione con l’accusa contestata neppure se la figura
criminosa originariamente ascritta sia una contravvenzione e quella ritenuta in sentenza sia un
delitto” (cfr. Cass.sez. 2 n.9039 del 26.2.1982).
Si è anche ritenuto che l’osservanza del diritto al contraddittorio in ordine alla natura e alla
qualificazione giuridica dei fatti di cui l’imputato è chiamato a rispondere, sancito dall’art.6
CEDU, comma primo e terzo, lett.a) e b), e dall’art.111 co.3 Cost., sia assicurata anche
quando il giudice di appello provveda alla riqualificazione dei fatti direttamente in sentenza,
senza preventiva interlocuzione sul punto, in quanto l’imputato può comunque pienamente
esercitare il diritto di difesa proponendo ricorso per cassazione ai sensi dell’art.606 lett.b)
c.p.p., trattandosi di questione di diritto la cui trattazione non incontra limiti nel giudizio di
legittimità (Cass.pen. sez.2, n.32840 del 9.5.2012).
2.1. L’unico “limite” alla possibilità di una diversa qualificazione giuridica è l’identità del fatto,
come si evince dal medesimo art.521 (comma 2) che prevede la trasmissione degli atti al p.m.
se si accerta che il fatto è diverso da quello descritto nel decreto che dispone il giudizio.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte si ha violazione del principio di correlazione tra
sentenza ed accusa contestata solo quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello
contestato in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia
realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali
dell’addebito.
La verifica dell’osservanza del principio di correlazione va, invero, condotta in funzione della
salvaguardia del diritto di difesa dell’imputato cui il principio stesso è ispirato. Ne consegue che
la sua violazione è ravvisabile soltanto qualora la fattispecie concreta – che realizza l’ipotesi
astratta prevista dal legislatore e che è esposta nel capo di imputazione- venga mutata nei
suoi elementi essenziali in modo tale da determinare uno stravolgimento dell’originaria
contestazione, onde emerga dagli atti che su di essa l’imputato non ha avuto modo di
difendersi (dr. ex multis Cass.pen.sez.VI, 8.6.1998 n.67539). Sicchè “non sussiste violazione
del principio di correlazione n della sentenza all’accusa contestata quando nella contestazione,
considerata nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo del
reato ritenuto in sentenza, in quanto l’immutazione si verifica solo nel caso in cui tra i due
episodi ricorra un rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale per essersi realizzata
una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essnziali
dell’addebito nei confronti dell’imputato, posto, così, a sorpresa di fronte ad un fatto del tutto
nuovo senza aver avuto nessun possibilità d’effettiva difesa” (cfr.sez.6 n.35120 del
13.6.2003). Si ha, quindi, violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza se il
fatto contestato sia mutato nei suoi elementi essenziali in modo tanto determinante da
comportare un effettivo pregiudizio ai diritti della difesa” (cfr.Cass.sez.6 n.12156 del
5.3.2009). Deve cioè trattarsi di una trasformazione sostanziale dei contenuti dell’addebito,
tale da impedire di apprestare la difesa in ordine al fatto ritenuto in sentenza.
2.2. Tanto premesso, agli imputati era stato originariamente contestata la contravvenzione di
cui all’art.181 co.1 D.L.vo 42/2004, facendosi riferimento nella imputazione genericamente alla
realizzazione dell’opera in zona “sottoposta a vincolo paesaggistico”.
I giudici di merito hanno ritenuto che fosse, invece, configurabile l’ipotesi delittuosa prevista
dal comma 1 bis del medesimo art.181 e che l’originaria contestazione potesse essere
diversamente qualificata in tal senso, senza incorrere perciò nella violazione del principio di
correlazione.
Il delitto di cui al comma 1 bis è, però, configurabile nelle ipotesi espressamente previste,
“ricadano su immobili ed aree che, per le loro caratteristiche
quando cioè i lavori
paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento

3

1. Il primo motivo di entrambi i ricorsi è fondato.

3. La sentenza impugnata, nonché la sentenza di primo grado, vanno, pertanto, annullate con
rinvio al Tribunale di Barcellona P.G., sez. di Lipari.
Correttamente, infatti, i Giudici di merito hanno ritenuto che il reato di cui al capo a) non
potesse ritenersi estinto per effetto del rilascio “postumo” del parere di compatibilità
paesaggistica da parte della Sovrintendenza.
3.1. Era principio consolidato che il successivo rilascio dell’autorizzazione paesistica, da parte
dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, non determinasse l’estinzione del reato di cui al
D.Lgs. n.42 del 2004 art.181,(già art.163 D.Lgs. n.490/99) poiché tale effetto non era previsto
da alcuna disposizione legislativa (cfr.ex multis Cass.pen. sez.3 , 4.2.1999 ric.De Laurentis).
Anche la Corte Costituzionale aveva osservato che “la sopravvenienza dell’autorizzazione è
irrilevante ai fini della sottoposizione a sanzione penale ai sensi della L. n.431 del 1985, arti.
sexies (sentenza n.318 del 1994); infatti l’autorizzazione intervenuta dopo l’inizio dell’attività
soggetta al necessario previo controllo paesaggistico non è sufficiente per rimuovere in via
generale l’antigiuridicità penalmente rilevante dell’attività già compiuta in assenza di titolo
abilitativo” (cfr.ordinanza n.158 del 1998).
L’art.146 comma 12 D.Lgs n.42/2004 ha ribadito espressamente che “l’autorizzazione
paesaggistica…. non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione,
anche parziale, degli interventi”.
Senonchè, derogando a siffatto consolidato principio, il comma 36 dell’arti L.308/2004 ha
previsto una valutazione postuma della compatibilità paesaggistica, sia pure a limitati casi.
Tale norma stabilisce, infatti, che “ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative
pecuniarie di cui all’art.167, qualora l’autorità amministrativa competente accerti la
compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1 quater,, la disposizione di
cui al comma 1 non si applica:per il lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione
paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero
aumento di quelli legittimamente realizzati;per l’impiego di materiali in difformità
dell’autorizzazione paesaggistica; per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione
ordinaria o straordinaria ai sensi dell’art.3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno
2001 n.380″.
La Corte territoriale, con valutazione in fatto immune da vizi, ha ritenuto che l’accertamento di
compatibilità paesaggistica non potesse avere effetto estintivo del reato, stante la natura
dell’opera come descritta nel capo di imputazione.

emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori” (lett.a), oppure “ricadano su
immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’art.142 ed abbiano comportato un aumento
dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in
alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquantametrí cubi,
ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore a
mille metri cubi” (lett.b).
I Giudici di merito non hanno neppure indicato se il fatto contestato agli imputati fosse
riconducibile alla previsione della lett.a) o b).
Ove sia stato ritenuta configurabile la prima ipotesi (come sembra emergere dal riferimento a
“zona sottoposta a particolare vincolo paesaggistico”), non hanno tenuto conto che nella
contestazione non si precisava che si trattasse di immobili od aree dichiarati per le loro
caratteristiche di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca
anteriore alla realizzazione dei lavori. Né risulta che, nel corso del giudizio, gli imputati abbiano
avuto la possibilità di difendersi sul punto.
Questa Sezione, con la sentenza n.18509 del 23.3.2011, ha già affermato che sussiste
violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza qualora l’originaria contestazione
della contravvenzione paesaggistica prevista dall’art.181, comma primo, D.L.vo 22 gennaio
2004 n.42 (esecuzione senza autorizzazione, di lavori eseguiti su beni paesaggistici), sia stata
mutata nel delitto paesaggistico previsto dal comma 1 bis del medesimo articolo, che punisce
l’esecuzione senza autorizzazione di lavori eseguiti su aree o beni dichiarati di notevole
interesse pubblico.

4. Stante la fondatezza dei ricorsi in relazione alla violazione del principio di correlazione, va
dichiarata la prescrizione dei reati di cui al capo b) dell’imputazione anche se maturata dopo
l’emissione della sentenza impugnata.

4

g_

Essendo l’accertamento avvenuto in data 16.6.2007 e non risultando la prosecuzione dei lavori
in epoca successiva, il termine massimo di prescrizione di anni cinque è maturato, invero, in
data 16.6.2012.
A norma dell’art.100 DPR 380/2001, copia della sentenza va trasmessa all’Ufficio Tecnico della
Regione Siciliana.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata
limitatamente ai reati di cui al capo b)
dell’imputazione perché estinti per prescrizione e dispone trasmettersi copia della presente
sentenza all’Ufficio Tecnico della Regione siciliana.
Annulla la sentenza medesima nonché quella del Tribunale di Barcellona P.G., sez. di Lipari,
del 19.11.2009, in relazione al reato di cui al capo a), e rinvia per nuovo giudizio allo stesso
Tribunale.
Così deciso in Roma il 10.10.2013

P. Q. M.

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