Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43940 del 18/09/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 43940 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VENTRE ALBERTO N. IL 19/01/1953
avverso la sentenza n. 3107/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
08/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 9 o QeeJ.ì u-49 (1-11)
che ha concluso per e’ w- u ukLAkm tweo 9-eu,
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 18/09/2013

17486/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dell’8 ottobre 2012 la Corte d’appello di Napoli, a seguito di appello
proposto da Ventre Alberto avverso sentenza del 27 novembre 2007 con cui il Tribunale di
Napoli, sezione distaccata di Gragnano, lo aveva condannato alla pena di mesi quattro di
arresto ed euro 16.000 di ammenda per i reati di cui agli articoli 44, lettera C, d.p.r.
380/2001,64 e 71,65 e 72 d.p.r. 380/2001, 93 e 95 d.p.r. 380/2001 e 2 L.R.9/1983, e 181,
comma 1 bis, d.lgs. 42/2004, dichiarava l’estinzione dei reati contravvenzionali, e, rilevato che
il reato di cui all’articolo 181, comma 1 bis, d.lgs. 42/2004 è delitto – e non contravvenzione
come ritenuto implicitamente dal primo giudice infliggendo la pena detentiva dell’arresto -per
cui non era decorso ancora il termine prescrizionale, rideterminava la pena, non potendo
infliggere reclusione per il divieto di reformatio in peius, in euro tre mesi di arresto.
2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo violazione degli articoli 1, 23 e 25 c.p., e
181, comma 1 bis,d.lgs. 42/2004. Ha rilevato che il reato di cui all’articolo 181, comma 1 bis,
d.lgs. 42/2004 non era stato contestato in entrambi i procedimenti riuniti in primo grado, come
affermato dalla corte territoriale, bensì in uno solo di essi, quello originariamente indicato
come n. 11479/05 R.G.N.R., e in tale procedimento era stata contestata l’ipotesi
contravvenzionale di cui all’articolo 44, lettera C, d.p.r. 380/2001. Quindi il primo giudice
implicitamente non aveva ravvisato l’ipotesi delittuosa, per cui la Corte d’appello avrebbe
dovuto dichiarare l’estinzione per tutti i reati. Se poi il primo giudice non avesse implicitamente
escluso la fattispecie delittuosa ma erroneamente applicato la pena detentiva dell’arresto,
avrebbe applicato una pena illegale oppure sarebbe incorso in omessa pronuncia, ciò
comportando nullità della sentenza di primo grado, lamentata dalla difesa in appello e da
sanare da parte della corte territoriale, per il divieto di reformatio in peius, con la dichiarazione
di nullità della sentenza in relazione al capo di imputazione su cui era mancata la pronuncia e
la trasmissione degli atti al primo giudice ex articolo 604 c.p.p.

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CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
Come rilevato dalla corte territoriale, le sentenze di merito sono state emesse in ordine a
due procedimenti riuniti in primo grado, n. 11479/05 e n. 13583/05 R.G.N.R. In quest’ultimo il
reato del capo d) era contestato ex articolo 44, lettera c) d.p.r. 380/2001 in relazione
all’articolo 181 d.lgs. 42/2004 per aver l’imputato eseguito i manufatti abusivi “su bene
sottoposto a vincolo paesaggistico ambientale in assenza dell’autorizzazione prescritta dall’art.

5

146 D.Lgs. 42/04”. Nel procedimento n. 11479/05 il reato del capo d) era contestato come
relativo all’articolo 181, comma 1 bis, d.lgs. 42/2004 per aver l’imputato eseguito le opere
abusive “in area dichiarata di notevole interesse pubblico con D.M. 28. 3. 1985 in assenza
dell’autorizzazione prescritta dagli articoli 146 e ss.” dello stesso decreto legislativo.
Corrisponde dunque al reale contenuto dei due capi di imputazione quel che adduce il
ricorrente: nel procedimento n. 13583/05 era stata contestata la fattispecie contravvenzionale
di cui all’articolo 181, comma 1, d.lgs. 42/2004, mentre nel procedimento n. 11479/05 era
stata contestata la fattispecie delittuosa di cui all’articolo 181, comma 1 bis, d.lgs. 42/2004,

D.M. 28 marzo 1985. È anche vero che il giudice di primo grado non appare essersi reso conto
della suddetta differenza tra i due capi d’imputazione, limitandosi ad affermare che “sussistono
i fatti di cui al capo D) della rubrica, essendo le opere state realizzate in zona sottoposta a
vincolo paesaggistico-ambientale”, senza menzionare, quindi, la dichiarazione di notevole
interesse pubblico richiamata nel capo d) del procedimento n. 11479/05, il quale pure richiama
espressamente il comma 1 bis dell’articolo 181, come sopra si è visto. Dunque il primo giudice
– che ha determinato la pena, sulla base di vincolo di continuazione, ritenendo che il reato più
grave fosse quello contestato al capo A (e cioè, in entrambi i procedimenti, la contravvenzione
ex articolo 44 d.p.r. 380/2001), infliggendo complessivamente quattro mesi di arresto ed euro
16.000 di ammenda – ha qualificato contravvenzione entrambi i reati di cui al capo d) dei due
procedimenti riuniti, non potendosi però ritenere omessa la pronuncia avendo egli dichiarato
espressamente che “sussistono i fatti”, con ciò logicamente riferendosi a una pluralità di fatti
criminosi quale derivabile solo dalla considerazione di entrambi i capi d), cioè delle imputazioni
di ambedue i procedimenti. Essendo stata la sentenza appellata soltanto dall’imputato, il
giudice d’appello è incorso nel vincolo del divieto della reformatio in peius. Questo tuttavia non
impedisce l’attribuzione al fatto di una qualificazione giuridica più grave, che impedisca la
declaratoria della estinzione per prescrizione (Cass. sez.I, 17 dicembre 2012-8 gennaio 2013
n. 474; Cass. sez.II, 16 giugno 2011 n. 36217; Cass. sez.III, 9 maggio 2008 n. 28815) in
quanto il limite della reformatio in peius è diretto esclusivamente ad impedire la sottoposizione
del condannato ad un trattamento sanzionatorio più severo di quello inflittogli dal giudice di
primo grado (Cass. sez.III, 9 maggio 2008 n. 28815 cit.; Cass. sez.VI, 17 febbraio 1998 n.
4075). La corte territoriale nel caso in esame ha quindi correttamente esercitato il suo potere
di qualificazione giuridica del fatto, senza ledere il divieto della reformatio in peius.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

facendo riferimento alla dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area effettuata con

Così deciso in Roma il 18 settembre 2013

Il Consigliere Estensore

Il Presidente

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