Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43928 del 11/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 43928 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Rizzacasa Vincenzo, nato a Palermo il 5/4/1947
avverso l’ordinanza 31/1/2013 del Gip presso il Tribunale di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sostituto
Procuratore generale, Elisabetta Cesqui, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con ordinanza emessa in data 31/1/2013 all’esito dell’udienza

camerale ex art. 409 cod. proc. pen., il Gip presso il Tribunale di Palermo
assegnava al P.M. il termine di sei mesi per il compimento di ulteriori atti
istruttori nel procedimento a carico di Rizzacasa Vincenzo.

2.

Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagato, dolendosi di

provvedimento abnorme per aver determinato il Gip un indebito regresso del

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Data Udienza: 11/10/2013

procedimento alla fase delle indagini preliminari. Al riguardo precisa che la
prima richiesta di archiviazione e la successiva richiesta di proroga del primo
termine concesso dal Gip venne avanzata quando i termini per le indagini
preliminari ed il termine della proroga erano già scaduti.

3.

Con successiva memoria il ricorrente contesta le conclusioni del P.G. e

solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 409, IV comma cod.

848 nella parte in cui consente al giudice delle indagini preliminari di
prorogare, senza predeterminazione normativa del termine, il tempo per il
compimento delle indagini a seguito di mancato accoglimento di una
richiesta di archiviazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è inammissibile in quanto proposto avverso un

provvedimento non impugnabile, per il quale non è possibile ravvisare gli
estremi dell’abnormità.

2.

E’ ben vero che una isolata pronunzia di questa Corte aveva statuito

che è abnorme e deve essere annullato il provvedimento con il quale il
G..I.P., chiamato a decidere sulla richiesta di archiviazione del P. .M.
avanzata dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari, richiede
nuove indagini e fissa un termine per il loro espletamento (Cass. Sez. 4,
Sentenza n. 1376 del 18/04/1995 Cc. (dep. 13/05/1995 ) Rv. 201656).
Tuttavia tale orientamento risalente è stato superato da un opposto indirizzo
giurisprudenziale che esclude ogni profilo di abnormità nel provvedimento
del Gip che assegni un termine al P.M. per effettuare ulteriori indagini, dopo
la scadenza del termine per le indagini preliminari.

3.

Ha chiarito, infatti, questa Corte che i termini indicati dagli artt.405 e

407 c.p.p. (rispettivamente per l’esercizio dell’azione penale e per la durata
delle indagini preliminari) attengono soltanto al compimento delle indagini
autonomamente svolte dal pubblico ministero e non anche al compimento
delle ulteriori indagini da svolgere, ai sensi dell’art.409, comma 4, c.p.p., su
indicazione del giudice per le indagini preliminari. Questi può quindi

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proc. pen. in relazione agli artt. 3 e 111 Costituzione e 6 Legge 4/8/1955 n.

provvedere a tale indicazione pur quando i suddetti termini siano scaduti e
la scadenza abbia preceduto la stessa richiesta di archiviazione. Ciò anche
in adesione a quanto ritenuto dalla Corte costituzionale nell’ordinanza n.436
del 1991, secondo cui il decorso del termine per le indagini preliminari non
comporta la decadenza del pubblico ministero dal potere di formulare le sue
richieste, a seguito delle quali la disciplina stabilita in materia di termini
dagli artt.405,406 e 407 c.p.p.non ha più modo di operare, poiché al

preliminari viene a sostituirsi una “flessibile” delibazione giurisdizionale,
volta a calibrare il termine in funzione delle ulteriori indagini indicate come
necessarie dal giudice (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3191 del 28/04/2000 Cc.
(dep. 07/06/2000 ) Rv. 216099; in senso conforme: Sez. 5, Ordinanza n.
11085 del 17/02/2005 Cc. (dep. 22/03/2005 ) Rv. 231222; Sez. 5,
Sentenza n. 45752 del 30/10/2007 Cc. (dep. 06/12/2007 ) Rv. 238496;
Sez. 6, Sentenza n. 20742 del 27/03/2012 Cc. (dep. 29/05/2012 ) Rv.
252782).

4.

Alla luce di tale consolidato orientamento giurisprudenziale deve

escludersi che il provvedimento impugnato abbia carattere di abnormità; di
conseguenza il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

5.

Né può essere accolta la questione di costituzionalià sollevata dal

ricorrente in relazione agli artt. 3 e 111 Costituzione e 6 della CEDU nella
parte in cui consente al giudice delle indagini preliminari di prorogare, senza
predeterminazione normativa del termine, il tempo per il compimento delle
indagini a seguito di mancato accoglimento di una richiesta di archiviazione,
non essendo concepibile un obbligo costituzionale di predeterminazione
legislativa assoluta del termine di durata delle indagini preliminari, anche
alla luce dell’ordinanza della Corte Costituzionale n.436 del 1991, sopra
richiamata.

6.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.

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rigoroso meccanismo legale che predetermina la durata delle indagini

186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro
1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso, l’ 11 ottobre 2013

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