Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43926 del 11/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 43926 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Azougarh Alì, nato in Marocco il 1/1/1960
avverso la sentenza 14/12/2012 della Corte d’appello di Bari, I sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 14/12/2012, la Corte di appello di Bari,

confermava la sentenza del Tribunale di Lucera, Sezione distaccata di
Apricena, in data 25/3/2009, che aveva condannato Azougarh Ari alla pena
di anni uno, mesi otto di reclusione ed €. 2.600,00 di multa per i reati di
ricettazione di un modulo di patente in bianco e falsificazione dello stesso.

2.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

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Data Udienza: 11/10/2013

e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale
responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ed equa la pena
inflitta

3.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo

difensore di fiducia, sollevando due motivi di gravame con i quali deduce:
3.1

Violazione di norme processuali e vizio della motivazione nella

processo da parte dell’imputato per effetto dell’avvenuta elezione di
domicilio.
3.2

Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al

diniego delle circostanze attenuanti di cui all’art. 648, comma 2, e 62 n. 4
cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è infondato.

2.

Per quanto riguarda il primo motivo di ricorso le censure sono

infondate. Il ricorrente, in realtà, non ha indicato e neppure dedotto alcun
motivo di nullità della notificazione del decreto di citazione a giudizio in
primo grado, regolarmente eseguita presso il domicilio eletto (presso lo
studio legale Vaira in via dell’Immacolata, Foggia, come da dichiarazione in
data 10 maggio 2006). Il richiamo alla giurisprudenza della Corte EDU ed in
particolare alla sentenza Sejdovic, emessa dalla 1^ Sezione il 10/11/2004 e
confermata dalla Grande Chambre è inconferente, in quanto la questione
oggetto di tale giudizio riguardava l’impossibilità per l’imputato che non
avesse avuto effettiva cognizione del procedimento svoltosi in absentia di
proporre un mezzo di impugnazione per contestare la decisione assunta nei
suoi confronti.

È noto che l’art. 175 c.p.c., comma 2, in tema di

restituzione nel termine, nella formulazione introdotta con il D.L. n. 17 del
2005 conv. in L. n. 60 del 2005, è conseguenza del comando di legislazione
che la Corte Europea ha rivolto all’Italia con la sentenza Sejdovic. Nel caso
di specie al prevenuto è stato regolarmente notificato in carcere l’estratto
contumaciale ed in virtù della conoscenza del provvedimento di condanna a
suo carico, l’imputato ha proposto rituale e tempestivo appello. Deve
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parte qua della sentenza relativa alla presunzione di conoscenza del

escludersi, pertanto, che si sia verificato alcuna violazione del principio del
giusto processo di cui all’art. 6 della CEDU, così come intrepretato dalla
Corte EDU, alla luce del caso Sejdovic e dei successivi arresti.

3.

Ugualmente infondate sono le censure sollevate con il secondo

motivo in tema di diniego delle circostanze attenuanti in quanto la Corte ha
respinto le richieste dell’appellante con motivazione congrua e coerente con

ribadito che in tema di ricettazione, il valore del bene è un elemento
concorrente solo in via sussidiaria ai fini della valutazione dell’attenuante
speciale della particolare tenuità del fatto, nel senso che, se esso non è
particolarmente lieve, deve sempre escludersi la tenuità del fatto, risultando
superflua ogni ulteriore indagine; soltanto se è accertata la lieve
consistenza economica del bene ricettato, può procedersi alla verifica della
sussistenza degli ulteriori elementi, desumibili dall’art. 133 cod. pen., che
consentono di configurare l’attenuante “de qua”, e che va, al contrario,
esclusa quando emergano elementi negativi, sia sotto il profilo strettamente
obbiettivo (ad es., l’entità del profitto), sia sotto il profilo soggettivo (ad es.,
capacità a delinquere dell’agente) (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28689 del
09/07/2010 Ud. (dep. 21/07/2010 ) Rv. 248214). Le stesse considerazioni
valgono nel caso di specie per escludere l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4
cod. pen., data la natura del bene sottratto (un modulo in bianco per
patente).

4.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso, l’ 11 ottobre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

gli indirizzi giurisprudenziali di questa Corte. In proposito questa Corte ha

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