Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43925 del 11/10/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 43925 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Covone Antonio, nato a Pomigliano d’Arco il 17/9/1973
avverso la sentenza 24/10/2012 della Corte d’appello di Napoli, II sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato, l’avv. Claudio Sgambato, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 24/10/2012, la Corte di appello di Napoli,

confermava la sentenza del Tribunale di Nola, in data 5/7/2011, che aveva
condannato Covone Antonio alla pena di anni otto di reclusione ed €.
2.000,00 di multa per il reato di estorsione aggravato ex art. 7 L.203/91.

1

Data Udienza: 11/10/2013

2.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

in punto di modalità dell’esame del teste Iovane Michele e di utilizzabilità
delle dichiarazioni predibattimentali acquisite ex art. 500, IV comma cod.
proc. pen. e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo
accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato a lui
ascritti, ed equa la pena inflitta.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo

difensore di fiducia, sollevando quattro motivi di gravame.
3.1

Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio della

motivazione con riferimento agli artt. 63, comma II, 192 e 210 cod. proc.
pen. Al riguardo contesta l’utilizzabilità delle dichiarazioni rese innanzi alla
Polizia giudiziaria dalla persona offesa, Iovane Michele, e poi acquisite ai
sensi dell’art. 500, IV comma cod. proc. pen. nel corso dell’esame dello
stesso nel giudizio di primo grado, eccependo che lo Iovine doveva essere
esaminato con l’assistenza di un difensore, ex art. 210 cod. proc. pen.,
trattandosi di soggetto a carico del quale erano emersi indizi di reità in
relazione al furto dell’autovettura.
3.2

Con il secondo motivo deduce l’inutilizzabilità delle dichiarazioni

dello Iovane, acquisite agli atti ex art. 500, IV comma, cod. proc. pen.,
eccependo che nella fattispecie non ricorrono i requisiti della violenza o
della minaccia, in quanto la circostanza che, prima della deposizione lo
Iovane sia stato visto parlare con due persone, Covone Antonio, cugino
dell’imputato, e Palma Luigi, non costituisce indizio di una presunta
intimidazione operata sul testimone.
4.

Con il terzo motivo deduce mancanza e manifesta illogicità della

motivazione e travisamento della prova. Al riguardo eccepisce che i giudici
del merito abbiano dato un’interpretazione sbagliata delle telefonate
intercettate in atti e si duole che i giudici abbiano dato credito alla versione
fornita dallo Iovane alla polizia giudiziaria piuttosto che alla versione fornita
in dibattimento ed assume che le dichiarazioni dello Iovane non sono
credibili essendo il dichiarante interessato ad evitare che emergesse la sua
eventuale responsabilità per il furto o la ricettazione dell’autovettura.
5.

Con il quarto motivo si duole della mancata concessione delle

attenuanti generiche e della dosimetria della pena, avendo la Corte, senza
motivazione alcuna, irrogato una pena ben superiore al minimo edittale.

2

3.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è infondato.

2.

Quanto al primo motivo in ordine alle modalità con le quali è stata

delle Sezioni Unite di questa Corte che hanno statuito che in tema di prova
dichiarativa, allorché venga in rilievo la veste che può assumere il
dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, e
quindi al di là del riscontro di indici formali, come l’eventuale già
intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato,
l’attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le
dichiarazioni stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se
congruamente motivato, al sindacato di legittimità (Cass. Sez. U, Sentenza
n. 15208 del 25/02/2010 Ud. (dep. 21/04/2010) Rv. 246584).
Nel caso di specie la Corte territoriale, respingendo le analoghe censure
sollevate con i motivi d’appello, ha specificamente motivato sulla qualità
del dichiarante, escludendo che allo stesso potesse essere attribuita la
qualità di indagato. In particolare la Corte ha osservato che «lo Iovane
andava assunto in dibattimento quale teste sia perchè egli mai ha assunto
la qualità d’indagato sia perchè nemmeno sotto un profilo sostanziale, la cui
valutazione è rimessa al giudice di merito, emergeva nel momento in cui
egli rese dichiarazioni l’attribuibilità allo stesso della qualità d’indagato>>.
Ciò perché: «nessun dato lo individua come coinvolto nella commissione
del furto o in condotte connesse, essendo la diversa opinione degli
appellanti una mera ipotesi>>.
Di conseguenza il motivo non può essere accolto.

4.

Quanto al secondo motivo, in ordine all’utilizzabilità delle

dichiarazioni predibattimentali dello Iovone, ex art. 500, IV comma, cod.
proc. pen., le censure del ricorrente sono destituite di fondamento in quanto
la Corte territoriale ha respinto la relativa eccezione, dedotta con i motivi
d’appello, con motivazione congrua che trova piena giustificazione negli
elementi fattuali richiamati. In particolare la Corte territoriale si è
richiamata sul punto alla motivazione del Tribunale: «che ha ben chiarito

3

/(F

Z…J”■■-\

assunta la deposizione del teste Iovane, occorre richiamare l’insegnamento

come la situazione di intimidazione sia stata desunta dall’atteggiamento
emerso in dibattimento di totale ed irrazionale contrasto con il narrato della
fase preliminare (..)individuando, quale sintomo delle pressioni esercitate
sul prevenuto, il colloquio durato alcuni minuti con la moglie ed il cugino del
Covone, nonché con tale Di Palma Luigi, figlio del pregiudicato Di Palma
Vincenzo immediatamente prima della testimonianza, atteggiamento che
lungi dall’essere inverosimile, come argomenta la difesa, è palesemente

immediatamente prima della deposizione». In punto di diritto la
motivazione della sentenza impugnata è coerente con l’indirizzo
giurisprudenziale di questa Corte che ha ribadito che gli “elementi concreti”
per ritenere che il testimone sia stato sottoposto a minaccia possono essere
desunti da qualunque circostanza sintomatica dell’intimidazione, purché
connotata da obiettività e significatività, secondo uno “standard” probatorio
che non può essere rappresentato dal semplice sospetto, ma neppure da
una prova “al di là di ogni ragionevole dubbio”(Cass. Sez. 6, Sentenza n.
21699 del 19/02/2013 Ud. (dep. 21/05/2013) Rv. 255661).

5.

Per quanto riguarda le censure sollevate con il terzo motivo, occorre

premettere che i limiti del sindacato della Corte non paiono mutati neppure
a seguito della nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e),
intervenuta a seguito della L. 20 febbraio 2006, n. 46, laddove si prevede
che il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del
provvedimento impugnato deve mirare a verificare che la motivazione della
pronuncia:
a) sia “effettiva” e non meramente apparente, cioè realmente idonea a
rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione
adottata;
b) non sia “manifestamente illogica”, in quanto risulti sorretta, nei suoi
punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori
nell’applicazione delle regole della logica;
c)

non sia internamente “contraddittoria”, ovvero sia esente da

insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità
logiche tra le affermazioni in essa contenute;
d)

non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo”

(indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi del suo
ricorso per Cassazione: c.d. autosufficienza) in termini tali da risultarne

4

strumentale ad esibire il potere intimidatorio ed a condizionare il teste

vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.
Alla Corte di Cassazione, infatti, non è tuttora consentito di procedere ad
una rinnovata valutazione dei fatti magari finalizzata, nella prospettiva del
ricorrente, ad una ricostruzione dei medesimi in termini diversi da quelli
fatti propri dal giudice del merito. Così come non sembra affatto consentito
che, attraverso il richiamo agli “atti del processo”, possa esservi spazio per
una rivalutazione dell’apprezzamento del contenuto delle prove acquisite,

In altri termini, al giudice di legittimità resta tuttora preclusa – in sede di
controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati
dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di
una migliore capacità esplicativa.
Di conseguenza le censure sollevate dal ricorrente non sono ammissibili
perché le critiche svolte in chiave di illogicità, risultano, in realtà, basate su
mere deduzioni di fatto, alternative rispetto alle diverse valutazioni
plausibilmente e del tutto coerentemente compiute dal Giudice del merito
nell’ambito di scelte allo stesso riservate.
Invero il ricorrente, pur avendo formalmente denunciato il vizio di difetto di
motivazione e travisamento della prova ha, tuttavia, nella sostanza, svolto
ragioni che costituiscono una critica del logico apprezzamento delle prove
(dichiarative e gli esiti delle intercettazioni telefoniche) fatto dal giudice di
appello con la finalità di ottenere una nuova valutazione delle prove stesse;
e ciò non è consentito in questa sede. È il caso di aggiungere che la
sentenza impugnata va necessariamente integrata con quella, conforme
nella ricostruzione dei fatti, di primo grado, derivandone che i giudici di
merito hanno spiegato in maniera adeguata e logica, le risultanze confluenti
nella certezza della responsabilità dell’imputato per il reato contestato.

6.

Infine deve essere respinto anche il quarto motivo in punto di

mancata concessione delle attenuanti generiche e di dosimetria della pena.
Per quanto riguarda le generiche la Corte territoriale ha adeguatamente
motivato il diniego, in ragione delle modalità della condotta e della
pericolosità dell’agente, inserito in un contesto criminale organizzato,
elementi sicuramente rilevanti ex artt. 133 e 62-bis cod. proc. pen.
Ugualmente infondate sono le censure in merito al trattamento

5

trattandosi di apprezzamento riservato in via esclusiva al giudice del merito.

sanzionatorio in quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte,
nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti
eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo
motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, cod.pen., anche ove adoperi
espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero
si richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo (Cass. Sez. 3,
Sentenza n. 33773 del 29/05/2007 Ud. (dep. 03/09/2007 ) Rv. 237402). E’

in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o
aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga
superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere
sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”,
come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere
(Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36245 del 26/06/2009 Ud. (dep. 18/09/2009)
Rv. 245596). Nel caso di specie la pena inflitta è molto al di sotto della
misura media di quella edittale. Pertanto nessuna censura può essere
mossa, sotto questo profilo alla sentenza impugnata.

7.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso, l’ 11 ottobre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

stato, poi, ulteriormente precisato che la specifica e dettagliata motivazione

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA