Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43923 del 11/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 43923 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: GALLO DOMENICO

Data Udienza: 11/10/2013

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Mosca germi Patrizia, nata a Milano il 20/1/1984
avverso la sentenza 9/11/2012 della Corte d’appello di Milano, II sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 6/4/2011 il Gup presso il Tribunale di Milano,

applicò, ex art. 444 cod. proc. pen. a Mosca Jenni Patrizia la pena di anni
uno, mesi otto di reclusione ed €. 600,00 di multa per i reati di rapina
impropria aggravata, lesioni personali aggravate e furto aggravato in
concorso; fatti avvenuti in Opera il 13 maggio 2009.
Passata in giudicato la sentenza, il difensore della prevenuta, munito di
procura speciale, ne chiedeva la revisione proponendo quali nuovi elementi

1

,

..,—-

di prova le risultanze di due perizie psichiatriche esperite in separati
procedimenti conclusisi con sentenze emesse dal Tribunale di Milano in data
15/7/2011 e 17/7/2012, nell’ambito delle quali Mosca germi Patrizia era stata
dichiarata non imputabile per incapacità di intendere e volere al momento
del fatto, essendo affetta da un disturbo della personalità noto come
cleptomania.
2.

La Corte di appello di Milano, risolto positivamente il problema della

accertamenti e le conclusioni delle due perizie, redatte dal dr. Bianchi, non
giustificassero un giudizio di non imputabilità del soggetto per incapacità di
intendere e volere al momento del fatto.

3.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’interessata per mezzo del

suo difensore di fiducia e procuratore speciale, sollevando due motivi di
gravame.
3.1

Con il primo motivo deduce violazione di legge per inosservanza

dell’art. 220 cod. proc. pen e 85 e 88 del codice penale.
Al riguardo si duole che la Corte d’appello abbia disatteso il percorso
argomentativo e le conclusioni assunte dal Perito nella due perizie in atti,
con argomentazioni prive di valore scientifico.
3.2

Con il secondo motivo deduce la contraddittorietà della motivazione

rispetto ai motivi posti a fondamento dell’istanza di revisione. Al riguardo
eccepisce che la Corte avrebbe effettuato una lettura non corretta di alcuni
passaggi delle perizie e si duole che la motivazione sia contraddittoria
anche rispetto alle due sentenze passate in giudicato che avevano assolto
la Mosca per episodi di furto commessi in concorso con altri soggetti per
l’incapacità di intendere e di volere derivante dal suo disturbo di
cleptomania.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è infondato.

2.

Per quanto riguarda il primo motivo, la doglianza è infondata nella

parte in cui contesta la possibilità, per il giudice, di valutare una prova

2

ammissibilità della revisione, respingeva l’istanza ritenendo che gli

tecnica in modo difforme da quello suggerito dal perito: invero, è appena il
caso di ricordare che il principio di libera valutazione della prova concerne
pure la prova tecnica, sicché ben può il giudice, quale peritus peritorum,
esprimere il proprio giudizio in motivato contrario avviso rispetto a quello
dei periti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12991 del 19/02/2013 Ud. (dep.
21/03/2013 ) Rv. 255196). In particolare, secondo l’insegnamento di
questa Corte, in tema di valutazione dei dati della perizia psichiatrica, al

gli compete l’obbligo di motivare il proprio convincimento con criteri che
rispondano ai principi scientifici oltreché logici. In particolare, dato che
l'”iter” diagnostico dei periti si sviluppa attraverso due operazioni
successive, connesse ed interdipendenti in relazione al risultato finale, cioè
percezione dei dati storici e successivo giudizio diagnostico fondato sulla
prima, è su questa percezione che il giudice deve portare la sua indagine,
discostandosi dalle conclusioni raggiunte quando queste si basano su dati
fattuali dimostratisi erronei, errore che viziando l’iter logico dei periti rende
inattendibili le loro conclusioni (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2268 del
18/12/1991 Ud. (dep. 02/03/1992) Rv. 191116).

3.

Nè può essere accolta la tesi della difesa secondo cui l’art. 220 del

nuovo codice di rito, innovando significativamente rispetto alla analoga
norma contenuta nell’art. 314 del codice del 1930, abbia limitato o
cancellato la facoltà del giudice di discostarsi dalle conclusioni del perito,
poiché i criteri che governano la valutazione della prova sono quelli fissati
dall’art. 192, primo comma cod. proc. civ. che ribadiscono il principio del
libero convincimento del giudice nella valutazione delle prove.
4.

Nel caso di specie la Corte territoriale ha argomentato il proprio

convincimento in dissenso rispetto alle conclusioni del perito, prendendo in
considerazione una serie di dati fattuali (il fatto che alla prevenuta siano
state ascritte condotte di appropriazione di documenti di identità e carte di
credito altrui, seguite dalla commissione di truffe in danno di esercizi
commerciali, attuate presentendo le carte di credito rubate e simulando di
esserne la titolare grazie a documenti pure essi proventi di furto) che
denotano comportamenti caratterizzati da astuzia, incompatibili con la tesi
dell’impulso irrefrenabile a commettere furti (cleptopmania) e quindi
contraddittori con gli assunti su cui si sono fondate le conclusioni del perito.
Il percorso argomentativo del giudice della revisione giustifica le conclusioni
3

giudice è attribuita la facoltà di discostarsi dalle conclusioni del perito, ma

assunte, in dissenso rispetto alle conclusioni delle perizie effettuate
nell’ambito di altri procedimenti penali, e non fa emergere vizi di manifesta
illogicità della sentenza impugnata.
5.

Devono essere ugualmente respinte le censure avanzate con il

secondo motivo di ricorso in punto di contraddittorietà della sentenza
rispetto alle perizie psichiatriche e rispetto alle due sentenze di
proscioglimento dell’imputata per incapacità di intendere e volere. Quanto

giudice della prova tecnica di cui si è detto. Quanto al secondo aspetto, il
fatto che in alcune sentenze passate in giudicato l’imputata sia stata
dichiarata non imputabile per vizio totale di mente, non preclude la
possibilità che in separati giudizi venga riconosciuta imputabile in quanto, in
tema di revisione, il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili di
cui all’art. 630, comma primo, lett. a), cod. proc. pen., non deve essere
inteso in termini di contraddittorietà logica tra le valutazioni effettuate nelle
due decisioni, ma con riferimento ad una oggettiva incompatibilità tra i fatti
storici su cui si fondano le diverse sentenze (Cass. Sez. 2, Sentenza n.
12809 del 11/03/2011 Cc. (dep. 29/03/2011 ) Rv. 250061).

6.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

rigetta il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso, l’ 11 ottobre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

al primo aspetto, la questione attiene al principio della libera valutazione del

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