Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43847 del 26/09/2014


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Penale Ord. Sez. 4 Num. 43847 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
VENEZIA
nei confronti di:
BIANCHI MATTEO N. IL 26/07/1987
avverso la sentenza n. 1261/2013 TRIBUNALE di TREVISO, del
11/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/09/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. r Usv\–e-(z.C
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv

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Data Udienza: 26/09/2014

Ritenuto in fatto

Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Venezia ricorre
avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Treviso, in sede di opposizione a decreto
penale di condanna emesso nei confronti di BIANCHI Matteo per la contravvenzione di cui
all’articolo 186, comma 2 del codice della strada (fatto accertato in data 1 novembre

non sussiste.

Il giudicante – accogliendo l’eccezione difensiva svolta nella memoria depositata il 30
novembre 2011 (considerata quale primo atto difensivo concretamente esperibile
contestuale all’atto di nomina a difensore fiduciario)- ha fondato tale decisione sulla
ritenuta ricorrenza di una ipotesi di nullità a regime intermedio per essere stato omesso /
da parte della polizia operante, previamente all’esecuzione dell’alcoltest, l’avviso
all’indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore. Stante l’inutilizzabilità dell’atto,
il giudice ha ritenuto mancante la prova della condotta tipica, ricorrendo alla formula
assolutoria sopra richiamata.

Con l’impugnazione il ricorrente deduce violazione di legge, perché. il giudicante, pur
avendo correttamente qualificato come intermedia la nullità derivante dall’omesso avviso
all’indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore, ha ritenuto l’inutilizzabilità
dell’atto, pur essendo la stessa sanata ai sensi dell’art. 182 cod. proc. pen.. Nel caso di
specie non risultava infatti che l’eccezione fosse stata formulata nei termini indicati da un
consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale la citata nullità, avente natura
incontestabilmente intermedia, deve ritenersi sanata se non dedotta prima ovvero
immediatamente dopo il compimento dell’atto da parte dell’interessato, non ricorrendo
facoltà processuali comportanti cognizioni tecniche professionali proprie del difensore (v.
da ultimo Sezione IV, 4 giugno 2013, Proc. gen. App. Bologna in proc. Martelli, rv.
255989)

Considerato in diritto

Come è noto, in tema di guida in stato di ebbrezza, il cosiddetto alcooltest, eseguito
dall’agente accertatore, costituisce la prova “regina” a fondamento della responsabilità
del conducente, anche perché solo attraverso l’esame alcolimetrico è possibile verificare
quale delle tre ipotesi previste rispettivamente dalle lettere a), b) e c) del comma 2

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2011), pronunciava sentenza di assoluzione dell’imputato con la formula perché il fatto

dell’articolo 186 del codice della strada risulti integrata: la prima delle quali è di rilievo
solo amministrativo.

Il tema da affrontare è quello delle facoltà difensive attribuite all’interessato in occasione
della sottoposizione all’esame tecnico, con particolare riferimento all’eventuale mancato
avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, in violazione
dell’articolo 114 delle disposizioni di attuazione cod. proc. pen.

questione ( il rilievo del tasso alcol emico mediante il c.d. alcol-test) è sussumibile nella
previsione dell’art. 354 cod. proc. pen., concernente l’accertamento urgente e la
conservazione delle tracce del reato, e che, ai sensi dell’art. 356 cod. proc. pen., il
difensore dell’indagato ” ha facoltà di assistere, senza diritto di essere preventivamente
avvisato”, ai sensi, poi, dell’art. 114 disp. att. cod. proc. pen., la polizia giudiziaria, nel
compimento degli atti di cui all’art. 356 cod. proc. pen. avverte la persona sottoposta alle
indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia ; in
mancanza di questo, non è prevista per il compimento di tali atti la nomina di un
difensore di ufficio come disposto per altri atti ( tra gli altri, v. artt. 340,364 cod. proc.
pen.).

Ciò posto, per l’orientamento giurisprudenziale prevalente [ v. da ultimo, Sezione IV, 4
giugno 2013, n.36009, P.G ed altro e, da ultimo, 11 marzo 2014, Pittiani, non
massimata), il mancato avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore di
fiducia, in violazione dell’articolo 114 delle disposizioni di attuazione cod.proc. pen., dà
luogo ad un nullità a regime intermedio, soggetta pertanto alla disciplina dettata dagli
articoli 178, lettera c), 180 e 182 cod. proc. pen. Tale nullità deve, pertanto, ritenersi
sanata se non è dedotta prima del compimento dell’atto, oppure, se ciò non è possibile,
immediatamente dopo il compimento dell’atto al quale la parte ha partecipato, ai sensi
dell’articolo 182, comma 2, cod. proc. pen., anche mediante lo strumento delle memorie
o richieste, senza quindi attendere il compimento di un successivo atto del
procedimento.

Come emerge anche dall’ ultima relazione sul tema dell’Ufficio del Ruolo e del Massimario
n. 12 del 6 febbraio 2014,

la giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata

nell’inquadramento della nullità predetta

tra quelle generali a regime intermedio,

dovendosi ritenere superate le diverse opzioni interpretative, secondo le quali tale nullità
doveva essere qualificata come relativa ( v. in tal senso, tra le altre, Sezione IV,16
settembre 2003, n. 42020, P.M. in proc Della Luna, rv. 227294) e quelle decisioni che,
invece, affermavano, sia pure con riferimento a fattispecie diverse da quella in esame,

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Deve, invero, innanzitutto rilevarsi, sotto un profilo di ordine generale che l’atto in

che il ritardato deposito del verbale contenente l’accertamento strumentale dell’alcoltest
comportasse una mera irregolarità ( v. Sezione IV, 5 marzo 2008, n. 15272, Ardolino, rv.
239538; 18 dicembre 2009, n. 1855/10, Testani, n.n.), ulteriormente precisando, in
taluni casi, che il verbale contenente gli esiti del cd. alcoltest non è soggetto al deposito
ex articolo 366 c.p.p e conseguentemente ritenevano non configurabile la nullità
dell’accertamento urgente derivante dall’omesso deposito ( v. Sezione IV, 7 febbraio
2006, n. 26738, Belogi, rv. 234512 e per altri riferimenti, anche la relazione del
Massimario preliminare alla trattazione del procedimento Zedda rimesso alle Sezioni unite

esame, che non venne affrontata, in ragione dell’abnormità della sentenza impugnata).

Inquadrata, alla luce della consolidata giurisprudenza sopra richiamata, la predetta
nullità tra quelle a regime intermedio, va, invece, rilevata una diversità di interpretazioni
nell’ambito della giurisprudenza di legittimità quanto al limite temporale entro il quale è
utilmente proponibile l’eccezione di nullità.

Sulla questione sono ravvisabili due distinti orientamenti.

Il primo, più restrittivo, che parte da una interpretazione rigorosa della lettera dell’art.
182, comma 2, cod. proc. pen., ritiene che l’assistenza della parte ( nel caso di specie,
l’imputato, presente all’atto dell’accertamento del tasso alcol emico) comporti la necessità
di procedere immediatamente a sollevare l’eccezione ( ossia, prima del compimento
dell’atto) oppure, nel caso di impossibilità ( da intendersi, soggettiva, in quanto impedito
dalla mancata conoscenza della facoltà di farsi assistere dal suo difensore, proprio perché
non preventivamente avvisato dalla polizia giudiziaria in base all’art. 114 disp. att. cod.
proc. pen.) di doverla sollevare ” immediatamente dopo”, nel senso di non poter
attendere il primo atto del procedimento ma di dovervi provvedere attraverso il
meccanismo delle memorie ex art. 121 cod. proc. pen.
In conseguenza, proprio con riferimento all’esecuzione di alcoltest, è stata considerata
tardivamente proposta l’eccezione di nullità per l’omesso avviso previsto dall’art. 114 disp
att. cod. proc.pen., allorchè la parte, invece di sollevare l’eccezione immediatamente
dopo il compimento dell’atto, abbia atteso il compimento di un successivo atto del
procedimento ( v. Sezione IV, 11 ottobre 2012, n. 44840, PG in proc. Tedeschi, rv.
254959; 19 settembre 2012, n. 38003, Avventuroso, rv. 254374; 08/05/2007, n.
27736, Nania, rv. 236934).
Nello stesso senso, è stato ulteriormente precisato ( v. Sezione II, 9 febbraio 2012, n.
14873, Rispo rv. 252397; Sezione IV, 14 marzo 2008, n. 15739, Alberti, rv. 299737),

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all’udienza del 25 marzo 2010 per la stessa questione, in caso identico a quello in

sempre con riferimento alla violazione da parte della polizia giudiziaria all’obbligo di cui
all’art. 114 disp att. cod. proc. pen., avvenuta però nel corso di una perquisizione, che l’
espressione “immediatamente dopo” va intesa nel senso che la nullità deve essere
eccepita dal difensore subito dopo la sua nomina, ovvero entro il termine di cinque giorni
che l’art. 366 cod. proc. pen. concede a quest’ultimo per l’esame degli atti.

A questa tesi se ne affianca una meno rigorosa che muovendo da una lettura

proc. pen. e 114 disp. att. cod. proc. pen. giunge all’opposta conclusione di considerare
come tempestiva l’eccezione di nullità sollevata con il primo atto procedimentale utile
(che, nel caso di specie sarebbe costituito dall’opposizione al decreto penale di
condanna), non essendo pertinente il richiamo all’art. 121 cod.proc.pen., né potendosi
considerare intempestiva un’eccezione di nullità sollevata in sede di opposizione, tenuto
conto della brevità dei termini previsti dalla legge processuale per impugnare il
provvedimento emesso inaudita altera parte ( v. in tal senso, Sezione V, 9 febbraio 2012,
n. 7654, Masella, rv. 252172; Sezione III, 14 maggio 2009, n. 26588, Di Sturco, rv.
244370; Sezione III, 12 luglio 2005, n. 33517, Rubino, rv. 233164, secondo le quali la
nullità derivante dall’omesso avviso all’indagato – da parte della polizia giudiziaria che
proceda al sequestro del corpo di reato – della facoltà di farsi assistere dal difensore può
essere fatta valere anche in sede di richiesta di riesame).

Si segnala, in particolare, per l’argomentata motivazione la sentenza Rubino concentrata
su una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen.,a1 fine
di individuare la soluzione ermeneutica più conforme al dettato legislativo ed allo stesso
tempo più adeguatrice rispetto al fondamentale ed inviolabile principio del diritto di difesa
sancito dall’art. 24 Cost.
In particolare, partendo dall’interpretazione letterale dell’art. 182 cod. proc. pen. si
evidenzia come il presupposto per potersi applicare il primo periodo del secondo comma
dell’art. 182 cod. proc. pen. ( ovvero che la nullità di un atto deve essere eccepita,
quando la parte vi assista, prima del suo compimento ovvero, se ciò non sia possibile,
immediatamente dopo) è la circostanza che la parte assista al compimento dell’atto nullo.
Nell’interpretare la disposizione in esame nella parte in cui impone all’indagato di
sollevare l’eccezione ” prima del suo compimento” dell’atto, la Corte evidenzia che la
stessa presuppone anche che la parte che vi assiste sia in grado di eccepire la nullità
prima del compimento dell’atto, ossia che possa presumersi che essa sia a conoscenza o
sia comunque in grado di essere a conoscenza dell’atto che si sta per compiere, così
come presuppone che la parte stessa non decada dal diritto di eccepire la nullità dell’atto
dopo il suo compimento fino a quando non possa ritenersi provato che essa abbia avuto
conoscenza o almeno la possibilità di avere conoscenza della nullità dell’atto e sia quindi
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costituzionalmente orientata del combinato disposto degli articoli 354, 356, 366 cod.

in grado di eccepirne immediatamente la nullità. E difatti, in tanto il legislatore impone
l’obbligo alla polizia giudiziaria di avvisare l’indagato che ha facoltà di farsi assistere da
un difensore di fiducia proprio in quanto presuppone che normalmente l’indagato non sia
e non debba essere a conoscenza di questa facoltà e quindi impone alla polizia giudiziaria
di avvisarlo appunto perché egli possa esercitare il suo diritto di difesa e per evitare una
violazione dell’art. 24 Cost.
Nell’affrontare la questione dell’applicabilità della medesima disposizione nella parte in cui
impone all’indagato di eccepire la nullità immediatamente dopo il compimento dell’atto

che l’ignoranza della parte non viene meno solo perché l’atto è stato compiuto e quindi
deve logicamente presumersi che la parte continui ad ignorare la sussistenza della nullità
e non possa quindi eccepirla almen sino a quando non sia provato o possa presumersi che
essa ne sia venuta a conoscenza o almeno sia stata in grado di venirne a conoscenza, il
che generalmente avviene solo nel momento in cui si ha la prova che l’indagato abbia
contattato un difensore e possa perciò ritenersi che questi lo abbia messo a conoscenza
della nullità ed in condizione di eccepirla. La sentenza indicata, nel sottoporre a critica
l’opposto orientamento, sottolinea l’esigenza di ancorare la presunzione di conoscenza o
della nullità che inficiava l’atto ad un momento ben preciso ed alla presenza di un atto
che possa dare una qualche sicurezza sul punto, derivandone altrimenti la più assoluta
incertezza, diversità ed arbitrarietà di opinioni e di soluzioni.

E’ tematica peraltro meritevole di ulteriore approfondimento, nell’ottica di una effettiva
soddisfazione delle esigenze difensive, ove si consideri che, in assenza dell’assistenza del
difensore, è fin troppo ovvio che si determini la sanatoria della nullità per il formarsi delle
condizioni di cui sopra.

Ciò a fronte di quell’orientamento secondo cui l’eccezione può e deve essere formalizzata
dallo stesso interessato, non essendo necessario l’intervento del difensore, in quanto
non ricorrono facoltà processuali che comportino la cognizione di elementi tecnici
rientranti nelle specifiche competenze professionali del difensore (Sezione IV, 4 giugno
2013, Proc. gen. App. Bologna in proc. Martelli).

E’ necessario allora un intervento chiarificatore, ove si consideri che il richiamato
orientamento che accredita la capacità diretta dell’interessato presenta profili di dubbia
corrispondenza con i principi del diritto di difesa, trascurando di considerare a tacer
d’altro proprio le condizioni pregiudicate in cui si trova, nel contesto dell’accertamento, il
trasgressore e, in ogni caso, trascura di considerare il ruolo della difesa tecnica di cui
svaluta la portata e il significato.

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nullo e nello stabilire quando l’eccezione debba considerarsi tardiva, la Corte, sottolinea

In questa prospettiva, il tema centrale della questione ruota intorno alla tutela del diritto
alla difesa e, ad avviso del Collegio, ai fini della soluzione del quesito non può
prescindersi dalla instaurazione del rapporto tra l’indagato/imputato ed il difensore.

Appare utile richiamare in proposito alcune decisione del Giudice delle Leggi in materia.
Chiamata a verificare la legittimità costituzionale, in rapporto all’art. 24 Cost., comma 2,
dell’art. 401 codice di rito 1930 nella parte in cui faceva decorrere il termine di cinque
giorni per la deduzione delle nullità relative intercorse nell’istruzione sommaria dalla

difensore dell’avviso della data fissata per il dibattimento, la Corte costituzionale, ha
puntualizzato che “il diritto di difesa deve essere garantito in modo adeguato alle
circostanze, con modalità che a queste si adattino, esplicandosi anche come effettiva
potestà di assistenza tecnica e professionale”. Pertanto il principio costituzionale invocato
è stato ritenuto violato dalla previsione di un breve termine decorrente dalla conoscibilità
del decreto di citazione a giudizio da parte del diretto interessato piuttosto che del suo
difensore, benché la cognizione di elementi tecnici rientranti nella specifica competenza
professionale del difensore fosse indispensabile per rendersi conto delle nullità e far
rilevare i vizi invalidanti (C. cost. sent. n. 162 del 17/06/1975, n. 162).
Il principio è stato ribadito in successive pronunce, tra le quali merita di essere ricordata
in questa sede la sentenza n. 120 del 2002, con la quale il giudice delle leggi ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 458 c.p.p., comma 1, nella parte in cui
prevede che il termine entro cui l’imputato può chiedere il giudizio abbreviato decorre
dalla notificazione del decreto di giudizio immediato, anziché dall’ultima notificazione,
all’imputato o al difensore, rispettivamente del decreto ovvero dell’avviso della data
fissata per il giudizio immediato. In tale occasione la Corte ha evidenziato come il nucleo
centrale della questione di legittimità costituzionale attenesse alla violazione del diritto
alla difesa tecnica, in quanto la disciplina censurata era congegnata in maniera tale che il
termine stabilito a pena di decadenza per presentare richiesta di giudizio abbreviato
poteva scadere senza che il difensore avesse potuto illustrare al proprio assistito le
opzioni difensive rispettivamente collegate al giudizio abbreviato e alla celebrazione del
dibattimento. Tanto rilevato i giudici della Consulta hanno ribadito che il diritto di difesa,
inteso come effettiva possibilità di ricorrere all’assistenza tecnica del difensore, risulta
violato in ogni caso in cui, “ai fini dell’esercizio di facoltà processuali che comportano la
cognizione di elementi tecnici rientranti nelle specifiche competenze professionali del
difensore”, venga posto a pena di decadenza un termine decorrente dalla notificazione
all’imputato, anziché al difensore, dell’atto da cui tali facoltà conseguono (C. cost.
26/02/2002, n. 120).

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notifica all’imputato del decreto di citazione a giudizio, anziché dalla notificazione al

Alla luce delle puntualizzazioni operate dalla Consulta va, pertanto, esaminato se la
verifica del rispetto del diritto di difesa vatict condotta tenuto conto della
semplicità/complessità delle cognizioni richieste dalla proposizione dell’eccezione ( v. da
ultimo, in tal senso, la già richiamata sentenza n.36009/2013, che, proprio con
riferimento all’ipotesi dei test previsti dall’art. 186 C.d.S., commi 3 e 4, ha ritenuto che
la deduzione dell’omesso avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore non
richiede necessariamente l’intervento del difensore medesimo. Ciò perché l’avviso intende
garantire la semplice conoscenza da parte del difensore del compimento dell’atto, che

inoltre perché l’accertamento non è invasivo e non scaturisce da attività pregresse la cui
conoscenza è essenziale per l’esercizio della difesa) sicchè il termine decadenziale per la
formulazione di una eccezione di nullità intermedia prescinde dalla instaurazione del
rapporto tra l’indagato/imputato ed il difensore oppure, secondo la soluzione più
garantista, che, secondo questo Collegio, appare meglio tutelare le esigenze difensive,
tale termine abbia corso solo dopo la nomina di un difensore o, comunque,

dal compimento

di un atto difensivo (per es. l’opposizione a decreto penale).

In conclusione, per tutte le ragioni che si son sinora esposte, la

possibilità di soluzioni

interpretative in radicale contrasto, afferente il regolamento di un diritto di rilievo
costituzionale, quale il diritto alla difesa, sembra imporre l’intervento regolatore delle
Sezioni unite di questa Corte, sulla seguente questione:” se in tema di accertamento
della contravvenzione di guida sotto l’influenza dell’alcol ( art. 186 c.d.s.), nel caso di
mancato avvertimento alla persona da sottoporre al controllo alcoli metrico della facoltà
di farsi assistere da un difensore di fiducia in violazione dell’art. 114 disp.att. cod. proc.
pen., tale nullità- da ritenere a regime intermedio- possa ritenersi sanata se non eccepita
dall’interessato prima del compimento dell’atto ovvero immediatamente dopo ai sensi
dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen; nel caso in cui si ritenga verificata la decadenza
entro quale termine e con quali mezzi la nullità possa essere eccepita”.
P.Q.M.
Dispone trasmettersi gli atti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Così deciso in data 26 settembre 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

non deve essere ritardato in attesa che egli giunga, ove abbia deciso di assistervi. Ed

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