Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43830 del 04/09/2014


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Penale Sent. Sez. F Num. 43830 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

Data Udienza: 04/09/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RANDONE SALVATORE N. IL 03/04/1956
avverso l’ordinanza n. 541/2014 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
10/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott.Z
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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UdliglifensortAvv.;

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RITENUTO IN FATTO

‘ 34021/2014

1. Con ordinanza del 10 giugno 2014 il Tribunale di Bologna, a seguito di annullamento con
rinvio di precedente ordinanza dello stesso Tribunale dell’Il novembre 2013 effettuato dalla
sentenza 11 aprile-19 maggio 2014 n. 20515 della Prima Sezione Penale di questa Suprema
Corte, ha rigettato la richiesta di riesame presentata nell’interesse di Randone Salvatore indagato in concorso con altri soggetti dei reati di tentata estorsione e tentato omicidio

reati di detenzione illegale e porto in luogo pubblico di armi e di ricettazione – avverso
ordinanza di custodia cautelare in carcere del 14 ottobre 2013 emessa nei suoi confronti dal
gip dello stesso Tribunale, come successivamente modificata da successiva ordinanza del 14
gennaio 2014, concedente gli arresti domiciliari con applicazione di strumenti di controllo
elettronico a distanza.
2. Ha presentato ricorso il difensore, denunciando carenze e illogicità di motivazione quanto
al combinato disposto degli articoli 7 I. 203/1991 e 275, comma 3, c.p.p., nonchè travisamento
del fatto. Il Tribunale non avrebbe fornito un’adeguata motivazione, e anzi avrebbe disatteso i
dettami della sentenza di annullamento, sarebbe incorso nél travisamento dei fatti (in
particolare, a un incontro nella località Piano Tavola, il fratello della parte offesa, Arena
Antonino, non sarebbe stato convocato dal Randone, bensì da un nipote della parte offesa,
Timpanaro Antonio; non sarebbe stata organizzata un’aggregazione di persone così da
integrare il modus procedendi della consorteria mafiosa) e non avrebbe dato risposta alle
argomentazioni e agli interrogativi posti dalla difesa (in ispecie, al fatto che nessuno dei
partecipanti al suddetto incontro sia stato accusato o condannato per il reato di cui all’articolo
416 bis c.p., alla posizione di Nicotra Antonino e al fatto che Arena Antonino si era presentato
all’incontro con un registratore).

aggravato, anche ex articolo 7 I. 203/1991, nei confronti di Arena Salvatore, nonché di ulteriori

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
3.1 La sentenza di annullamento con rinvio della Prima Sezione Penale di questa Suprema
Corte aveva annullato l’ordinanza impugnata “limitatamente all’aggravante di cui all’art.7 legge
n. 203 del 1991 ed alle esigenze cautelari”. Invero, la sentenza suddetta, dopo avere rilevato
che il primo motivo di ricorso attinente alla sussistenza degli indizi di colpevolezza e alla loro
idoneità a supportare una misura cautelare ometteva di confrontarsi col percorso
argomentativo dell’ordinanza impugnata e tentava di costruire un terzo grado di merito,

61?

riconosceva fondato esclusivamente il secondo motivo di ricorso, relativo appunto
all’aggravante di cui all’art.7, deducendo poi che detta fondatezza conduceva anche alla
necessità di una nuova valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari “con particolare
riguardo alla presunzione relativa (Corte Cost. n. 57 del 2013) di proporzionalità della custodia
in carcere”. Correttamente, il Tribunale di Bologna ha pertanto circoscritto il

thema

decidendum alla configurabilità dell’aggravante in questione e alla sussistenza del periculum
libertatis in rapporto all’articolo 275, comma 3, c.p.p. come rimodulato dal sopra citato
intervento del giudice delle leggi che l’ha dichiarato illegittimo quanto all’omessa

concreto la sufficienza di misure cautelari diverse dalla custodia in carcere. E su tali tematiche
il giudice di merito ha svolto una motivazione puntuale, logica e adeguata, intessendo un
ragionamento unitario coordinante i vari dati fattuali esclusivamente al fine di accertare
l’esistenza di gravi indizi di una condotta riconducibile all’aggravante del metodo mafioso in
primis, e, in secundis, al fine di verificare e calibrare le conseguenti esigenze cautelari.
3.2 Come risulta dalla sintesi più sopra tracciata del motivo unico del ricorso in esame, il
ricorrente imputa al giudice di merito di non avere tenuto in conto la sentenza di annullamento
con rinvio. Ciò avrebbe fatto “muovendo da dati assolutamente incerti” e travisando quindi
“completamente i fatti posti a base della reiezione del gravame”. In particolare, non sarebbe
veritiero che fosse stato l’indagato a convocare a un incontro a Piano Tavola il fratello della
parte offesa Salvatore Arena, Antonino Arena, essendo stato invece il nipote dell’Arena Antonio
Timpanaro l’organizzatore dell’incontro; non sarebbe veritiero che fosse stata organizzata
un’aggregazione di persone in quel luogo e dunque che si fosse adottato il tipico

modus

procedendi di una consorteria mafiosa.
Così formulato il motivo, si può subito osservare che non si intravvede in quale modo il
Tribunale avrebbe, come il ricorrente adduce, “ignorata la motivazione del Supremo Collegio”.
La sentenza di annullamento, infatti, senza alcun riferimento alle suddette circostanze, accoglie
la censura attinente all’aggravante del metodo mafioso a motivo dell’assenza di motivazione in
ordine alla “concreta percepibilità da parte dell’Arena dell’inserimento della condotta estorsiva
e dell’attentato da lui subito in un simile – aggravato – contesto delinquenziale”, evocante la
potenziale appartenenza degli autori a un sodalizio di tipo mafioso. Né, d’altronde, risulta che
gli elementi fattuali di cui si è avvalso il giudice di merito per motivare in ordine alla
sussistenza di gravi indizi della pratica di un metodo mafioso da parte del Randone siano stati
oggetto di travisamento. Il Tribunale, infatti, fonda la questione su una specifica serie di
elementi (motivazione, pag.3ss.) comprovanti, a livello indiziario, che il fratello di Salvatore
Arena, Antonino Arena, fu convocato a una riunione a Piano Tavola, “ovvero nel territorio del
Randone” (cioè in una frazione del Comune di Misterbianco di cui il Randone è originario) – la
convocazione di un congiunto rientrando nella impostazione delle responsabilità collettive
“propria di determinati contesti” -, riunione nella quale Antonino Arena dovette affrontare
un’aggregazione di persone che spalleggiava il Randone (l’esistenza dell’aggregazione non

considerazione dell’ipotesi di acquisizione di elementi specifici atti a dimostrare nel caso

risulta affatto travisata, emergendo, come nota l’ordinanza impugnata, oltre alla presenza di
persone non identificate quella di due soggetti membri della consorteria Nicotra – Nicotra
Antonino e Rivilli Antonino, il primo portante il cognome della consorteria, il secondo
significativamente soprannominato nell’ambiente “Grilletto d’oro” -. In questa riunione,
evidenzia ancora l’ordinanza impugnata, ebbe un ruolo non minimo ma anzi autorevole Nicotra
Antonino, e comunque, come risulta dalla trascrizione della registrazione dell’incontro, Arena
Antonino fu, in modo obliquo ma chiaro, richiamato al rispetto di una “legge non scritta” a
favore del Randone, completandosi il trattamento con l’imposizione al fratello della parte offesa

3.3 A tali dati, con molta puntualità il Tribunale comette poi un’ulteriore serie di elementi
(dalla conoscenza dell’ambiente da parte dei fratelli Arena, attestata dalla utilizzazione del
registratore e dall’immediato resoconto che anche a rischio di salute Antonino fece al fratello
Salvatore come effettivo destinatario del meccanismo coercitivo, fino alla conversazioni
telefoniche della vittima dopo il tentato omicidio), passando quindi ad una adeguata analisi
degli argomenti difensivi, che li confuta. Sostiene il ricorrente che l’ordinanza impugnata non
avrebbe fornito alcuna risposta a vari elementi, come la mancanza di condanna o anche solo di
accusa di reato di associazione di tipo mafioso a carico dei componenti della riunione di Piano
Tavola, la posizione di Nicotra Antonino rispetto ai suoi fratelli e alla relativa consorteria,
l’avere convocato la riunione il Timpanaro e l’essersi presentato all’incontro Salvatore (rectius:
Antonino) Arena con un registratore. Non si può non ricordare che il giudice di merito non è
tenuto alla confutazione specifica di ogni elemento probatorio e/o argomento difensivo qualora
la struttura complessiva della motivazione non ne risulti inficiata, ovvero l’assorba
implicitamente (tra gli arresti più recenti, Cass. sez. I, 22 maggio 2013 n. 27825; Cass. sez.
II, 8 febbraio 2013 n.9242; Cass. sez. VI, 19 ottobre 2012 n.49970; Cass. sez.I, 19 ottobre
2011 n. 41738; Cass. sez. IV, 13 maggio 2011 n. 26660 e Cass. sez. VI, 4 maggio 2011 n.
20092; Cass. sez. VI, 2 dicembre 2010 n. 45036). L’obbligo motivazionale, infatti, attiene agli
elementi positivi o negativi che siano decisivi per pervenire a un accertamento che rispetti la
misura cognitiva (sommaria nei suoi specifici moduli o al di là di ogni ragionevole dubbio)
propria della specie di provvedimento cui la motivazione attiene. Nel caso in esame, la sintesi

di “recarsi a visionare una pistola nella disponibilità del Randone” per constatarne l’esistenza.

appena offerta del tessuto motivazionale con il quale l’ordinanza impugnata ha sorretto un
accertamento cautelare positivo nel senso della sussistenza di gravi indizi dell’aggravante del
metodo mafioso ne dimostra subito la completezza logico-strutturale. E tuttavia, come già si è
accennato, il Tribunale non si distoglie neppure da un puntuale confronto con gli elementi
addotti dalla difesa (pagine 6-7), giungendo pure ad avvalersi di alcuni di loro come ulteriori
dati corroboranti del quadro indiziario già prospettato. In particolare, oltre a sottolineare la
mancanza di necessità di accusa o condanna ex articolo 416 bis c.p. a carico dei soggetti che
partecipano a una condotta in stile mafioso se questa è conformata in modo tale da essere così
percepita dal soggetto passivo (cfr. da ultimo Cass. sez. II, 5 giugno 2013 n. 38094, per cui “la
circostanza aggravante del cosiddetto metodo mafioso è configurabile anche a carico di

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soggetto che non faccia parte di un’associazione di tipo mafioso, ma ponga in essere, nella
commissione del fatto a lui addebitato, un comportamento minaccioso tale da richiamare alla
mente ed alla sensibilità del soggetto passivo quello comunemente ritenuto proprio di chi
appartenga ad un sodalizio del genere anzidetto”; v. pure Cass. sez. VI, 16 maggio 2007 n.
23153) e la non incidenza sul ruolo del Randone di primo interessato e autentico protagonista
dell’incontro di Piano Tavola del fatto che “il Timpanaro abbia potuto fare da tramite per la
convocazione”, il Tribunale evidenzia l’importanza del ruolo di Nicotra Antonino e Rivilli

3.4 Ultima doglianza rinvenibile nell’unico motivo del ricorso è quella di un preteso
sostanziale deferimento della valutazione non effettuata dal Tribunale al giudice di merito, a
ciò aggiungendosi che “pochissimi giorni dopo il gip ha rinviato a giudizio tutti gli imputati”:
sarebbe così diminuita la possibilità probatoria a discolpa del Randone nel processo, essendo
egli privato della libertà. Anche questa argomentazione è priva di consistenza, avendo, come si
è visto, il Tribunale della libertà espletato una valutazione ampia e congrua esternata
attraverso un ineccepibile apparato motivazionale; d’altronde, qualora sussistano esigenze
cautelari – esigenze che il Tribunale nell’ordinanza impugnata ha accertato e che il ricorrente,
visto l’effettivo contenuto dell’unico motivo, non ha fatto oggetto di reale censura – è obbligo
del giudice incidere conseguentemente sulla libertà personale tanto dell’indagato quanto
dell’imputato.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile,
con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese
del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale
emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di
Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende. La Corte dispone inoltre cha
copia del presente provvedimento sia trasmesso al Direttore dell’istituto penitenziario
competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. Att. del C.P.P..

Così deciso in Roma il 4 settembre 2014

Il Consigliere Estensore

Antonino e argomenta sul significato della registrazione effettuata da Antonino Arena.

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