Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43814 del 28/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 43814 Anno 2013
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Rappa Ottavio, nato a Milano il 22/05/1959
Mello Grand Renzo, nato a Borgosesia il 30/08/1949
Bertone Bernando, nato ad Arborio il 13/09/1949
awerso la sentenza del 12/10/2011 della Corte d’appello di Milano R.G. n. 1265/2011
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Pietro Gaeta, che ha concluso per
l’inammissibilità dei ricorsi

Ritenuto in fatto
1. Agli odierni ricorrenti erano contestati i reati di associazione a delinquere diretta alla
commissione di reati di truffa e di bancarotta fraudolenta, fatti di bancarotta fraudolenta e
documentale in relazione alla società di fatto “Il Ghiottone”, vari episodi di truffa.
Con sentenza del 12/10/2011 la Corte d’appello di Milano, preso atto dell’intervenuta
prescrizione in relazione al reato associativo, tranne che per il Rappa, ritenuto capo ed
organizzatore, e ai reati di truffa, ha rilevato: a) che il ruolo di vertice assunto dal Rappa si
desumeva dagli elementi probatori attestanti che quest’ultimo reperiva le società e
organizzava l’attività, come dimostrato anche nella vicenda della società di fatto “Il
Ghiottone”, nella quale egli era stato il contatto essenziale con il ricettatore della merce e il
dominus della fondamentale operatività bancaria; b) quanto al Mello Grand, il quale si era
lamentato esclusivamente del trattamento sanzionatorio, che la pena era stata contenuta in
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Data Udienza: 28/05/2013

limiti assai vicini a quelli edittali, dai quali si era discostata, in ragione del precedente
specifico dell’imputato; c) quanto al Bertone, che non vi era ragione di rinnovare la perizia
sulla sua capacità di intendere e volere, posto che quella presente in atti si riferiva allo
stesso ambito temporale e a fatti analoghi e che il Bertone aveva nel frattempo recuperato
lo stato di salute; d) che, in senso contrario, non assumeva rilievo la ventilata, diversa
pronuncia di altro giudice di merito, fondata sul medesimo accertamento peritale; e) che
l’attiva partecipazione del Bertone, la perfetta consapevolezza delle truffe consumate, la
scaltrezza dimostrata nell’utilizzo di un nome falso erano elementi idonei a suffragare la

penale e il contributo causale fornito impedivano di giudicare prevalenti le riconosciute
attenuanti generiche sulle aggravanti contestate, relative alla pluralità dei fatti di bancarotta
e al numero delle persone coinvolte.
2. Sono stati proposti distinti ricorsi per cassazione nell’interesse del Rappa, del Mello e del
Bertone.
3. Il ricorso del Rappa è affidato ad un unico motivo, con il quale si lamenta l’illogicità della
decisione impugnata, che aveva attribuito all’imputato il ruolo di capo dell’organizzazione,
sebbene le risultanze istruttorie indicassero che egli si era occupato delle questioni
economiche, mentre gli ordini venivano impartiti da altro coimputato, Gianni Portalupi.
4. Il ricorso del Mello è affidato ad un unico motivo, con il quale si lamenta mancanza ed
illogicità della motivazione.
5. Il ricorso del Bertone è affidato a quattro motivi.
5.1. Con il primo motivo, si lamentano inosservanza o erronea applicazione della legge
penale e vizi motivazionali, in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento oggettivo e
soggettivo della partecipazione dell’imputato ai fatti di bancarotta fraudolenta contestati.
5.2. Con il secondo motivo, si lamenta violazione degli artt. 520, comma 2 e 522, cod. proc.
pen., per avere il giudice di merito condannato il Bertone, non in relazione alla distrazione
dei beni acquisiti per mezzo delle truffe, ma per questi ultimi fatti.
5.3. Con il terzo motivo, si lamentano vizi motivazionali e inosservanza o erronea
applicazione della legge penale, per non avere la Corte territoriale ritenuto la totale
incapacità di intendere e di volere del Bertone, nonostante la diversa decisione del G.i.p. del
Tribunale di Milano del 30/06/2008, e comunque per non avere disposto la chiesta
rinnovazione peritale.
5.4. Con il quarto motivo, si lamenta inosservanza o erronea applicazione dell’art. 89 e 69
cod. pen., per avere la Corte territoriale ritenuto le riconosciute circostanze attenuanti
generiche equivalenti alla contestate aggravanti, in ragione del precedente penale e del
contributo causale fornito, trascurando di considerare l’incidenza del vizio parziale di mente
sulla consapevolezza del Bertone in ordine al contributo fornito alla commissione dei fatti
contestati e alla consapevolezza della loro gravità.
Considerato in diritto

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conclusione della sua almeno parziale capacità di intendere e di volere; f) che il precedente

1. Il ricorso del Rappa è inammissibile.
La Corte d’appello di Milano ha attribuito a quest’ultimo un ruolo apicale nel sodalizio
criminoso valutando una pluralità di elementi, rappresentati dalla centralità dei compiti da lui
svolti (reperimento delle società da utilizzare come veicolo per la consumazione delle truffe,
mantenimento dei contatti con il ricettatore della merce, cura della fondamentale operatività
bancaria), quale emergente non solo dalle dichiarazioni raccolte, ma anche dalle
intercettazioni di conversazioni tra il ricorrente, l’altro capo dell’organizzazione, ossia il
Portalupi, e il commercialista Gandolfo.

dal Portalupi e che, come emergeva dalla medesima sentenza impugnata, i fornitori da
truffare erano individuati dal Bertone.
Tali considerazioni, tuttavia, non riescono a dimostrare la manifesta illogicità dell’apparato
argomentativo della decisione, in quanto, per un verso, si affidano sostanzialmente alle
dichiarazioni del Ferretti, che, essendo uno dei prestanome individuati dai sodali, era
portatore di una prospettiva conoscitiva evidentemente limitata al suo ruolo specifico e, per
altro verso, non considerano le risultanze delle intercettazioni, il cui contenuto è riportato
nelle pag. da 14 a 15 della sentenza impugnata.
Ne discende che le critiche, concentrandosi su alcuni profili fattuali non decisivi e
trascurando di confrontarsi con l’intero impianto motivazionale, sono inidonee a intaccarne la
tenuta logica.
2. Il ricorso di Renzo Mello Grand è inammissibile, per l’assoluta genericità del motivo, con il
quale si lamenta che “la decisione del giudice di merito non è stata congruamente e
logicamente giustificata sia nel sillogismo deduttivo sia nelle argomentazioni sostanziali che
hanno sorretto la ricostruzione del fatto medesimo”.
A ciò deve aggiungersi che tali considerazioni, pur nella vaghezza espressiva che le
caratterizza, investono la ricostruzione del fatto, che non aveva costituito oggetto
dell’appello, limitato alla sola determinazione del trattamento sanzionatorio.
3. Passando ad esaminare il ricorso del Bertone, la Corte osserva quanto segue.
3.1. Il primo motivo di ricorso, avente ad oggetto la partecipazione del ricorrente ai fatti di
bancarotta contestati, non è meritevole di accoglimento.
Dal complessivo apparato argomentativo della sentenza impugnata emerge: a) che il
Tribunale di Vigevano aveva dichiarato, in data 04/08/2003, il fallimento della società di fatto
“Il Ghiottone” e dei soci illimitatamente responsabili, tra i quali figura il Bertone; b) che la
società non aveva tenuto alcuna scrittura contabile; c) che lo stesso Bertone aveva ammesso
di avere contattato il 30% dei fornitori, di essersi presentato al Ferretti gof . sotto falso nome,
Carlo Botto, e di avere utilizzato tale nome di fantasia anche per effettuare gli ordinativi per
conto de “Il Ghiottone”; d) che lo stesso Bertone, con il Rappa e il Portalupi, aveva in
precedenza svolto la stessa attività illecita, utilizzando la “Frescomania”.

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Nell’unico motivo di ricorso si sottolinea che, secondo il Ferretti, gli ordini venivano impartiti

Su tali elementi riposa la conclusione, non manifestamente illogica, raggiunta dalla Corte,
per cui il Bertone deve essere ritenuto consapevole partecipe non solo delle singole truffe,
ma del complessivo disegno, che animava l’attività dell’associazione, di operare l’acquisizione
di beni senza versare il previsto corrispettivo, per poi svuotare il veicolo commerciale
adoperato dei mezzi ricavati attraverso la cessione dei beni al ricettatore, in tal modo
pregiudicando le ragioni dei creditori. In tale disegno, l’assenza delle scritture contabili
diveniva uno degli strumenti adoperati per occultare il movimento degli affari.
In definitiva, le singole truffe acquisivano concreta utilità e significato per gli imputati solo in

precedente esperienza aveva, per quanto riguarda la specifica posizione del Bertone,
dimostrato.
3.2. Il secondo motivo è infondato, in quanto il ricorrente sembra censurare il fatto che il
Tribunale abbia individuato l’elemento materiale della bancarotta in un fatto (avere
acquistato i beni a mezzo delle truffe) diverso da quello contestato, mentre la Corte
territoriale aveva correlato la condotta distrattiva alla vendita dei beni acquisiti tramite le
truffe, senza che nelle casse sociali affluisse il corrispettivo.
E, tuttavia, anche a voler accogliere siffatta ricostruzione della vicenda processuale, si deve
solo ribadire che correttamente il giudice d’appello ha proweduto a integrare la motivazione
della sentenza di primo grado.
3.3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Premesso che la decisione assunta sul punto da altro giudice non assume alcuna efficacia
vincolante, osserva la Corte che le critiche svolte in ricorso non specificano quali
accertamenti e considerazioni cliniche contenute della consulenza utilizzata dalla sentenza
impugnata dimostrino l’erroneità delle conclusioni raggiunte.
Ciò, peraltro, impedirebbe già in astratto di apprezzare la decisività della richiesta di
rinnovazione dell’accertamento peritale. Deve, comunque, ribadirsi, al riguardo, che la
perizia non rientra nella categoria della “prova decisiva” ed il relativo provvedimento di
diniego non è sanzionabile ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. d), cod. proc. pen., in
quanto costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata
motivazione, è insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 43526 del 03/10/2012, Ritorto, Rv.
253707).
3.4. Il quarto motivo è immeritevole di accoglimento, dal momento che la Corte territoriale
ha giustificato il giudizio di semplice equivalenza delle circostanze generiche e del ritenuto
vizio parziale di mente rispetto alle contestate aggravanti, valorizzando il precedente
dell’imputato e il contributo causale fornito. Al riguardo, va rilevato che la sentenza
impugnata s’è posta il problema dell’incidenza del vizio di mente sulla consapevolezza del
ruolo assunto e l’ha risolto considerando, con motivazione che non esibisce alcuna manifesta
illogicità, tra l’altro, la scaltrezza dimostrata con l’utilizzo di un nome falso.

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quanto correlate alla successiva distrazione delle risorse conseguite, come già una

4. Al rigetto del ricorso di Bernardo Bertone consegue

ex art. 616 cod. proc. pen. la

condanna di quest’ultimo al pagamento delle spese processuali. Alla pronuncia di
inammissibilità degli altri due ricorsi consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna di
ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte,
appare equo determinare in euro 1.000,00 per ciascuno di loro.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso di Bertone Bernardo, che condanna al pagamento delle spese processuali.

singolarmente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro
1000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 28/05/2013

Il Componente estensore

Il Presidente

Dichiara inammissibili i ricorsi di Rappa Ottavio e Mello Grand Renzo, che condanna

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