Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43811 del 17/09/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 43811 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
– COPPOLA FRANCESCO, n. 29/06/1961 a NAPOLI

avverso l’ordinanza del tribunale della libertà di NAPOLI in data 30/01/2014;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. F. Baldi, che ha chiesto annullarsi l’impugnata ordinanza senza
rinvio;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. G. B. Vignola, che ha chiesto
accogliersi il ricorso;

Data Udienza: 17/09/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 30/01/2014, depositata in data 12/02/2014, il tribunale del
riesame di NAPOLI rigettava l’appallo cautelare proposto nell’interesse di
COPPOLA FRANCESCO, confermando l’ordinanza emessa dal GIP presso il
medesimo tribunale in data 28/10/2013; giova premettere, per migliore
intelligibilità della decisione, che con decreto 5/06/2013, il GIP del tribunale di

equivalente nei confronti di vari indagati, tra cui il Coppola, quale legale
rappresentante della società GRICIGNANO 3 s.r.I., in relazione al reato di cui
all’art. 10ter, d. Igs. n. 74/2000, per aver omesso di versare entro il 27 dicembre
2011, VIVA dovuta in base alla dichiarazione annuale 2010, pari ad € 76.800,00.

2. Ha proposto ricorso il COPPOLA a mezzo del difensore fiduciario cassazionista,
impugnando la predetta ordinanza e deducendo due motivi, di seguito enunciati
nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod.
proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. c) c.p.p per
violazione ed erronea applicazione degli artt. 321 e 322ter c.p.p.
In sintesi, la censura investe l’impugnata ordinanza per non aver il tribunale del
riesame tenuto conto del fatto che l’intervenuta sanatoria della posizione
tributaria ed il versamento dell’imposta evasa farebbero venir meno la funzione
sanzionatoria della confisca; nel caso in esame, il debito tributario della società
sarebbe stato assolto da un terzo soggetto (la MIRABELLA SG S.p.A.) che non
avrebbe nemmeno avuto alcuna possibilità di rivalsa sulla società amministrata
dall’indagato, né sul medesimo, in virtù di una compensazione con pregressi
crediti vantati da quest’ultima.

2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. c) c.p.p per
violazione dell’art. 322ter c.p.p. con riferimento al rapporto tra l’obbligato,
l’autore del reato ed il terzo garante.
In sintesi, la censura investe l’impugnata ordinanza per aver il tribunale del
riesame operato confusione tra i diversi soggetti coinvolti nel procedimento;
orbene, osserva sul punto la difesa del ricorrente, l’illecito profitto dei reati
tributari non è mai appannaggio dell’amministratore della società, sicchè non
rileva – come invece sembrerebbe emergere dall’impugnata ordinanza – né da
dove provenga la provvista per il pagamento né se vi sia stato o meno un
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NAPOLI disponeva il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per

decremento

del

patrimonio

personale

dell’amministratore

indagato.

Diversamente, si aggiunge in ricorso, l’adempimento del debito verso l’Erario fa
venir meno lo scopo principale che si intende perseguire con la confisca, sicché la
restituzione del profitto derivante dal reato, elimina in radice lo stesso oggetto su
cui dovrebbe incidere la confisca. La circostanza che la misura
cautelare/sanzionatoria colpisca la persona dell’amministratore non sarebbe
quindi collegata all’illecito arricchimento di quest’ultimo, ma unicamente

meno con l’avvenuto pagamento; nel caso del Coppola, questo non avrebbe
fruito personalmente degli indebiti vantaggi conseguenti all’omesso versamento
IVA da parte della società da lui amministrata, né tantomeno la stessa
GRICIGNANO s.r.l. conserverebbe tale illecito profitto, avendo pagato il debito
tributario, con conseguente decremento definitivo del suo patrimonio.
Infine, si sottolinea nel ricorso, del tutto inconferente appare il richiamo agli altri
sequestri operati in danno di altre società del Gruppo Coppola, con particolare
riferimento ai provvedimenti riguardanti altre società (MIRABELLA S.p.A. e
PROGETTO INDUSTRIE s.r.I.) con cui al medesimo indagato sono stati
sequestrati tutti i beni personali in quanto ritenuto amministratore di fatto di tali
società; la circostanza che tali società non abbiano provveduto al pagamento dei
debiti erariali costituisce un dato di fatto del tutto estraneo al presente
procedimento, non comprendendosi in che modo esso possa sminuire di
significato l’avvenuto pagamento dell’imposta dovuta dalla GRICIGNANO 3 s.r.l.
In definitiva, quindi, la ricostruzione operata dall’ordinanza impugnata
porterebbe all’illogica conclusione secondo cui al pagamento dei debiti tributari
della società debba provvedere solo l’amministratore con il proprio patrimonio
personale; diversamente il pagamento dell’imposta da parte della società
debitrice grazie all’intervento dalla MIRABELLA SG S.p.A., con il relativo
decremento patrimoniale in capo alla prima, rappresenterebbe condizione
necessaria e sufficiente alla revoca del disposto sequestro a carico del Coppola.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato per le ragioni di cui si dirà oltre.

4. Deve, anzitutto, essere ricordato in questa sede che la Corte costituzionale,
con sentenza 7-8 aprile 2014, n. 80 (Gazz. Uff. 16 aprile 2014, n. 17 – Prima
serie speciale), ha dichiarato, l’illegittimità costituzionale dell’art. 10ter, d. Igs. n.
74/2000, nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17
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all’illecito arricchimento della società stessa e le ragioni della cautela verrebbero

settembre 2011, punisce l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto,
dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per
ciascun periodo di imposta, ad euro 103.291,38.
La Corte Costituzionale, chiamata a valutare la compatibilità dell’assetto
previgente alla luce del principio di uguaglianza, ha ricondotto non i livelli più alti
attinenti agli illeciti di dichiarazione infedele e di dichiarazione omessa verso il
margine di cinquantamila euro fissato per la figura delittuosa delineata nell’art.

10-ter in collegamento con l’art. 10-bis, bensì, proprio quest’ultima soglia, ai
valori scriminanti superiori e, in particolare, a quello di euro 103.291,38
(duecento milioni di lire), cristallizzato nella dimensione testuale dell’art. 4, come
anteriore alla mini-riforma del 2011. Con l’incostituzionalità parziale dell’art. 10ter, dunque, si è creata un’ampia area di impunità in tema di omesso
versamento Iva, tale da impedire l’irrogazione della pena per i mancati
pagamenti per importi compresi tra euro 50.000,00 (il limite di cui alla
disposizione) ed euro 103.291,38 (riscontrabile nell’originaria versione dell’art. 4
del D.Lgs. n. 74/2000, e preso a riferimento poiché valore più alto di quello
fissato nell’art. 5 del medesimo decreto).
Pertanto, se la decisione di condanna non è ancora divenuta res iudicata, si
determina la salvezza per quei mancati pagamenti, per importi superiori a euro
50.000,00 ma non oltre euro 103.291,38, concernenti i periodi d’imposta 2005
(per la cui attrazione al reato ex art. 10-ter, pur tra i dubbi avanzati da certa
dottrina, basti rammentare Cass. pen., SS.UU., sent. n. 37424 del 12 settembre
2013), 2006, 2007, 2008 e 2009, ma non anche il 2010 che, considerando la
scadenza riferibile al 27 dicembre 2011 (cfr. art. 6, comma 2, della L. n.
405/1990, nonché la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 28/E del 4 agosto
2006), rientra già nel nuovo regime agganciabile alla riforma del 2011 e, quindi,
alla dimensione testuale (e ormai armonizzata) della soglia di euro
cinquantamila.
Ne discende, pertanto, che, nel caso in esame, la predetta sentenza della Corte
costituzionale non esplica i propri effetti, atteso che si tratta di fatti successivi al
17 settembre 2011 (omesso versamento IVA relativo all’anno 2010, con
conseguente individuazione del termine per il pagamento in data 27 dicembre
2011) per un importo di C 76.800,00, superiore quindi alla soglia avente
rilevanza penale di C 50.000,00.

5. Può quindi procedersi all’esame dei motivi di ricorso che, attesa l’intima
connessione dei profili di doglianza mossi, possono essere esaminati
congiuntamente.
4

4

Gli stessi appaiono fondati.
Ed invero, il tribunale del riesame di NAPOLI, decidendo in sede di appello
cautelare, ha ritenuto irrilevante, ai fini della richiesta revoca del sequestro per
equivalente, la circostanza del pagamento del debito tributario della società
GRICIGNANO 3 s.r.l. da parte del terzo (la MIRABELLA SG S.p.A.), sulla base dei
seguenti rilievi:
a) la produzione documentale della difesa (consistente in una nota, priva di data,

di aver provveduto il 30/08/2013 al pagamento del debito IVA della
GRICIGNANO 3 s.r.I., con modello F24 per un importo pari all’imposta evasa,
specificandosi che tale pagamento è riferibile a crediti di natura commerciale e
va considerato in parziale deconto del maggior credito vantato dalla società
debitrice verso l’Erario) non consentirebbe di ritenere provata la riconducibilità
all’indagato del versamento della somma dovuta all’Erario da parte della società
debitrice;
b)

non sarebbe possibile vincere dagli atti la reale esistenza di rapporti

commerciali tra le due società, come la natura e l’entità di asserite posizioni
creditorie della GRICIGNANO 3 s.r.l. nei confronti della MIRABELLA SG S.p.A.;
c) il venir meno del vincolo cautelare verrebbe meno esclusivamente a seguito
del versamento integrale dell’imposta evasa, costituente l’illecito profitto, ad
opera dell’obbligato/autore del reato o del terzo garante, soddisfatto dalla
rivalsa;
d)

non sarebbe provata l’effettiva diminuzione del patrimonio personale

dell’indagato, corrispondente all’illecito profitto;
e)

infine, alla luce dell’attività investigativa svolta e in considerazione del

sequestro preventivo emesso il 5/07/2013 delle partecipazioni societarie facenti
capo al Coppola, la restituzione all’indagato delle quote sociali della GESTIONE
COPPOLA HOTELS S.p.A. e TECNOCAMPUS s.r.l. (oggetto di sequestro preventivo
nel presente procedimento per una valore complessivo di C 77.900,00), finirebbe
per eludere le esigenze preventive poste a fondamento dei sequestri preventivi
per equivalente disposti dal GIP nel separato procedimento.

6. Sul punto gli argomenti del giudice del riesame non convincono.
Anzitutto, in quanto il principio di diritto cui si richiamano i giudici campani non
appare applicabile alla fattispecie in esame. Ed infatti, se è ben vero, da un lato,
che in tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per
equivalente del profitto del reato, corrispondente all’ammontare dell’imposta
evasa, può essere legittimamente mantenuto fino a quando permane l’indebito
5

a firma dell’amministratore delegato della predetta S.p.A., in cui questi dichiara

arricchimento derivante dall’azione illecita, che cessa con l’adempimento
dell’obbligazione tributaria (Sez. 3, n. 46726 del 12/07/2012 – dep. 03/12/2012,
Lanzalone, Rv. 253851) e che, ancora, dall’altro lato, il mantenimento della
misura ablativa è giustificato fino al momento in cui si realizza il recupero delle
imposte evase a favore dell’amministrazione finanziaria con corrispondente
deminutio del patrimonio personale del contribuente (momento superato il quale
non ha più ragione di essere mantenuto in vita il sequestro preventivo), è

provveduto al pagamento del debito tributario (la MIRABELLA SG S.p.A.) ha
rilasciato una dichiarazione liberatoria (non rilevando la circostanza che la stessa
sia o meno priva di data, attesa la produzione del modello F24 attestante il
pagamento della somma corrispondente al debito tributario in data 30/08/2013),
in cui si precisava che detto pagamento veniva effettuato per conto della
GRICIGNANO 3 s.r.I., e computato in parziale deconto del maggior credito
vantato da quest’ultima società, con ciò escludendosi in radice la stessa
possibilità di esperire azione di rivalsa nei confronti di quest’ultima, atteso che la
stessa risultava ancora creditrice di ulteriori maggiori importi.
Nel caso di specie, pertanto, è documentalmente provato che vi è stato un
decremento patrimoniale per la GRICIGNANO 3 s.r.l. pari al pagamento disposto
dalla MIRABELLA SG S.p.A., sicchè il pagamento della somma dovuta all’Erario
da parte di quest’ultima società elimina l’indebito vantaggio economico
conseguito dall’azione delittuosa della s.r.I., trattandosi di pagamento del debito
tributario che, sebbene non avvenuto da parte dell’obbligato principale, non
giustificherebbe il mantenimento del sequestro non permanendo in capo
all’indagato, debitore verso l’Erario, alcun vantaggio economico (indebito
arricchimento) conseguito dall’azione delittuosa, proprio perché con il
pagamento, il terzo, dichiaratosi debitore verso l’indagato

(rectius, verso la

società debitrice), non ha semplicemente versato la somma
all’indagato/creditore, ma ha anche saldato il debito che quest’ultimo aveva nei
confronti dell’Erario. Il pagamento, in altri termini, è stato sì eseguito dal terzo,
ma all’indagato non è residuato alcun illecito vantaggio economico, in quanto
questi avrebbe dovuto percepire quella somma dal “suo” debitore (la MIRABELLA
SG S.p.A.), ma a seguito del conseguente pagamento da quest’ultimo all’Erario
ha definito il debito nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, senza che si
sia verificato alcun ingiustificato arricchimento.
Quanto, infine, all’incidenza dei fatti emersi nel separato procedimento con
riferimento alla presente vicenda cautelare (il riferimento al decreto di sequestro
preventivo del luglio 2013), la stessa non assume rilievo con riferimento
6

altrettanto vero che – come risulta nel caso in esame – il terzo che ha

all’effetto solutorio conseguito all’adempimento integrale del debito tributario da
parte della GRICIGNANO 3 s.r.I., sicché le argomentazioni espresse
nell’ordinanza impugnata esplicano più un effetto suggestivo che reale con
riferimento alla questione prospettata in sede di appello cautelare dalla difesa del
ricorrente (del resto, si noti, il sequestro delle quote delle società TECNOCAMPUS
s.r.l. e della GESTIONE COPPOLA HOTEL S.p.A., disposte nel presente
procedimento, è antecedente al sequestro del luglio 2013, sicchè l’argomento

alla salvaguardia di esigenze cautelari relative a diverso procedimento – incorre
in un evidente errore di diritto, atteso che, data la finalità ablativa-sanzionatoria,
il sequestro per equivalente non richiede specifiche esigenze cautelari, essendo
sufficiente soltanto il fumus criminis e la corrispondenza tra il valore dei beni
oggetto del sequestro e il profitto o il prezzo dell’ipotizzato reato tributario: v.,
da ultimo: sez. III, sentenza n. 19034/13, depositata il 2 maggio 2013, non
massimata).

7. Il ricorso dev’essere, pertanto, accolto, con conseguente annullamento con
rinvio dell’impugnata ordinanza al tribunale di Napoli che rivaluterà l’istanza di
dissequestro delle quote delle predette società alla luce di quanto deciso da
questa Corte, anche per quanto concerne la prova dell’effettivo pagamento
(rilascio della quietanza da parte del creditore erariale).

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di NAPOLI.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2014

Il C

iglier est.

Il Presidente

sostenuto dal tribunale del riesame in sede di appello cautelare – che si riferisce

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