Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43777 del 04/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 43777 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
ISOLDI PIERINO nato il 20/11/1957, avverso l’ordinanza del
10/05/2013 del tribunale del riesame di Bologna;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Alfredo Montagna che
ha concluso per il rigetto;
uditi i difensori avv.ti Nicola Mazzacuva e Franco Coppi che hanno
concluso per l’accoglimento del ricorso
FATTO e DIRITTO
1. Con ordinanza del 10/05/2013, il Tribunale del riesame di
Bologna confermava l’ordinanza con la quale, in data 30/04/2013, la
Corte di Appello di Bologna, all’esito del dibattimento, aveva applicato a
ISOLDI Pierino, condannato alla pena di anni dodici di reclusione per i
delitti di procurato aborto, rapina e lesioni, la misura cautelare della
custodia cautelare in carcere sotto il profilo della sussistenza del pericolo
di fuga.

Data Udienza: 04/10/2013

2. Avverso la suddetta ordinanza, l’imputato, a mezzo dei propri
difensori, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti
motivi:
2.1.

VIOLAZIONE DELL’ART.

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LETT. 13) COD. PROC. PEN.:

il ricorrente

pericolo di fuga» in quanto gli elementi valorizzati dalla Corte territoriale
indicavano una situazione del tutto contraria rispetto a quella affermata
atteso che: a) l’imputato, nel corso degli otto anni trascorsi dai fatti,
non si era mai allontanato dal suo contesto spaziale di riferimento
neppure dopo la pronuncia della sentenza di appello del 21/12/2012,
sicchè non si comprendeva per quali ragioni, a distanza di oltre quattro
mesi dalla suddetta udienza, la Corte avesse ritenuto di applicare la
misura cautelare; b) era contraddittorio ancorare il pericolo di fuga in
relazione ad un inesistente procedimento per bancarotta proprio perché,
non essendo il suddetto procedimento neppure iniziato, mancavano
quegli elementi concreti, oggettivi e reali che, secondo la giurisprudenza
di legittimità, sono necessari al fine del giudizio prognostico tanto più
che il ricorrente, contrariamente a quanto sostenuto dal P.G. non era
mai stato amministratore di fatto della Cassa di Risparmio di San
Marino, sicchè, anche sotto questo profilo, il preteso pericolo di fuga,
non avrebbe potuto essere agevolato, c) il ricorrente, anche in altri
procedimenti penali in cui era stato sottoposto a misure cautelari
personali, non vi si era mai sottratto, sicchè non si comprendeva quali
fossero i nuovi elementi che avevano indotto la Corte di Appello ad
applicare la misura cautelare a distanza da un mese dalla revoca di
quella stessa misura disposta in altro procedimento; d) la volontà del
ricorrente era solo quella di dedicarsi esclusivamente e attivamente alle
vicende legali e familiari che lo riguardavano come dichiarato dagli
informatori Avv.to Roli e dott. Montefameglio; e) l’imputato aveva
consegnato spontaneamente il proprio passaporto nel corso dell’udienza
del 10/05/2013 avanti il tribunale del riesame; f) erroneamente il
tribunale aveva ritenuto che l’Isoldi avesse la disponibilità della somma
di 13 milioni di Euro con i quali garantirsi la fuga e la latitanza, in

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sostiene che «risulta per tabulas che non sussiste il benché minimo

quanto la suddetta somma – frutto dei reati di cui all’art. 646 cod. pen.
– era stata utilizzata per il pagamento di servizi edificatori e di beni di
costruzione e ogni società da lui in passato amministrata era ora gestita
da amministratori indipendenti nominati ex art. 2409 c.c.
2.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

274

LETT. C) COD. PROC. PEN.

per avere il

reato laddove tale esigenza cautelare non era stata neppure prospettata
dalla Corte di Appello. Peraltro, il Tribunale non aveva considerato che i
reati risalivano ad otto anni prima e, quindi, si poneva in contrasto con
quanto statuito dalle SSUU (ced 244377) che aveva affermato il
principio di diritto secondo il quale il giudice ha l’obbligo di motivare in
ordine alla pericolosità in proporzione diretta al tempo trascorso.
2.3.

VIOLAZIONE DELL’ART.

275/1

BIS COD. PROC. PEN.

per avere la

Corte applicato la misura cautelare non contestualmente alla sentenza di
condanna ma dopo oltre quattro mesi dalla pronuncia ed in assenza del
benché minimo elemento sopravvenuto.
2.4. Con memoria depositata il 27/09/2013, i difensori hanno
insistito nel ricorso producendo documentazione dalla quale si desumeva
che l’imputato non era sottoposto ad alcun procedimento per
banca ratotta

3. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.
Il Tribunale del riesame ha confermato l’ordinanza della Corte
territoriale, valorizzando i seguenti elementi a carico dell’imputato:
a) «sussiste la possibilità concreta e prevedibile che la pena che
Isoldi Pierino dovrà scontare sia di entità tale da compromettere
seriamente la sua futura condizione di vita»;
b) la sua negativa personalità desunta da condanne pregresse per
calunnia ed appropriazione indebita, indice di un comportamento
subdolo e criminale nonché manipolatorio delle persone che lo avevano
affiancato negli anni;
c) la tendenza a delinquere e la natura delle imputazioni che
evidenziavano una evidente progressione criminosa nel tempo;

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tribunale ritenuto la sussistenza anche del pericolo di reiterazione del

d) una notevole capacità finanziaria grazie alla quale «potrebbe
allontanarsi e trovare un luogo ove sottrarsi all’esecuzione della pena in
procinto di divenire definitiva».
In punto di diritto, i principi applicabili sono notori e risalgono a
quelli fissati dalle SSUU le quali, con la sentenza n° 34537/2001 Rv.

sopravvenuta condanna, della custodia cautelare nei confronti di
imputato scarcerato per decorrenza dei termini, la sussistenza del
pericolo di fuga non può essere ritenuta ne’ sulla base della
presunzione, ove configurabile, di sussistenza delle esigenze cautelari
stabilita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., ne’ per la sola gravità
della pena inflitta con la sentenza, che è soltanto uno degli elementi
sintomatici per la prognosi da formulare al riguardo, la quale va
condotta non in astratto, e quindi in relazione a parametri di carattere
generale, bensì in concreto, e perciò con riferimento ad elementi e
circostanze attinenti al soggetto, idonei a definire, nel caso specifico,
non la certezza, ma la probabilità che lo stesso faccia perdere le sue
tracce (personalità, tendenza a delinquere e a sottrarsi ai rigori della
legge, pregresso comportamento, abitudini di vita, frequentazioni,
natura delle imputazioni, entità della pena presumibile o concretamente
inflitta), senza che sia necessaria l’attualità di suoi specifici
comportamenti indirizzati alla fuga o a anche solo a un tentativo iniziale
di fuga».
Il Tribunale, con l’ordinanza impugnata, ha avuto ben presente i
suddetti principi ed ha valutato e valorizzato, come si è detto, quattro
parametri negativi che spaziano dall’entità della pena inflitta, alla
negativa personalità dell’imputato, alla sua tendenza a delinquere ed
infine alla sua capacità finanziaria.
La suddetta motivazione, è amplissima, congrua ed adeguata
rispetto agli evidenziati elementi fattuali, sicchè non sono ravvisabili vizi
di natura logica o comunque altri vizi motivazionali.
Va anche osservato che il Tribunale si è fatto carico degli
argomenti difensivi ma li ha puntualmente disattesi con motivazione
congrua ed adeguata: ci si riferisce, in particolare, all’irrilevanza delle

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219600, statuirono che «ai fini del ripristino, determinato da

dichiarazioni dell’Avv.to Roli e dott. Montefameglio (pag. 6), nonché alla
dedotta circostanza che l’imputato aveva, fino ad allora, ottemperato
alle disposizioni dell’autorità giudiziaria (pag. 6), essendo sufficiente
rilevare che, in relazione alla suddetta censura, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte, non è necessaria l’attualità di specifici

di fuga (SSUU cit.).
Per il resto, lo stesso ricorrente, nel pur ampio e puntiglioso
ricorso, nulla ha potuto o saputo obiettare in ordine al giudizio negativo
sulla propria personalità e sulla tendenza a delinquere.
Il ricorrente, ha confutato, poi, di avere la disponibilità di risorse
finanziarie che possano consentirgli la fuga e la latitanza, ma si tratta di
motivi di fatto che non smentiscono quanto affermato dal tribunale sulla
base di precisi atti processuali puntualmente richiamati.
Il ricorrente, infine, ha confutato – anche con la memoria
depositata il 27/09/2013 – l’affermazione del Tribunale in ordine al fatto
che potrebbe essere imputato di bancarotta fraudolenta in quanto, allo
stato, nessun procedimento è pendente.
Al che deve replicarsi che il Tribunale non ha affatto affermato che
è pendente un procedimento penale per bancarotta: il Tribunale, sulla
base di specifici atti processuali, ha solo preso atto che il ricorrente si
trova anche implicato in una vicenda processuale che potrebbe avere
come sbocco una imputazione di bancarotta ed ha utilizzato il suddetto
argomento sotto un duplice profilo: sia per dimostrare che la posizione
processuale del ricorrente potrebbe ulteriormente aggravarsi sia per
dimostrare la sua tendenza a delinquere.
Nel suddetto ragionamento – peraltro non decisivo né assorbente,
essendo stato indicato dal tribunale chiaramente ad abundantiam contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, non è ravvisabile
alcuna violazione di legge: non bisogna, infatti, dimenticare che il
giudizio che, prima la Corte e, poi, il tribunale, hanno espresso è di
natura prognostica sul pericolo di fuga e, quindi, ogni elemento fra quelli
indicati in modo esemplificativo dalle SSUU, ove sia concreto e
riscontrato fattualmente ben può essere valorizzato dal giudice.

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comportamenti indirizzati alla fuga o a anche solo a un tentativo iniziale

In altri conclusivi termini, l’ordinanza impugnata ha correttamente
applicato il consolidato principio di diritto reiteratamente enunciato da
questa Corte di legittimità in merito ai criteri e alle condizioni necessari
per l’applicazione della misura cautelare a seguito di sentenza di
condanna, avendo indicato ed evidenziato una serie di circostanze che,

L’esaustività della motivazione addotta dal tribunale in ordine alla
sussistenza del pericolo di fuga, assorbe e rende superflua la
motivazione addotta,

ad abundantiam,

anche sul pericolo di

reiterazione.
Infine, manifestamente infondata deve ritenersi la doglianza in
ordine alla dedotta violazione dell’art. 275/1 bis cod. proc. pen.: sul
punto, è sufficiente ribadire il consolidato principio di diritto secondo il
quale la previsione dell’applicazione di misure cautelari personali
contestualmente all’emissione della sentenza di condanna in primo
grado, con la prescrizione di particolari criteri nell’apprezzamento delle
esigenze cautelari, non impone la stretta contestualità tra pronuncia
della sentenza ed intervento cautelare ma si limita a far carico al
giudice, in presenza della necessaria richiesta del P.M., di non ritardare
irragionevolmente l’applicazione della misura ad un tempo successivo
alla pronuncia di condanna e di curare comunque la verifica di tutti i
presupposti giustificativi: Cass. 18074/2012 riv 252635; Cass.
36239/2011 Rv. 251157; Cass. 35202/2002 Rv. 222327
P.Q.M.
RIGETTA
il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si provveda a norma dell’art. 94/1 ter disp. att. cod. proc. pen.
Roma 04/10/2013
IL PRESIDENTE
(Dott. Domenico Gentile)

unitariamente valutate, delineano un quadro prognostico negativo.

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