Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4376 del 11/11/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4376 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LICCIARDI ANGELO N. IL 30/05/1960
avverso l’ordinanza n. 73/2013 CORTE APPELLO di PALERMO, del
11/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
DOVERE;
lette/spite le conclusioni del PG Dott. Citova ~,t

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Data Udienza: 11/11/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Licciardi Angelo ricorre avverso l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale la
Corte di Appello di Palermo gli ha negato il diritto all’indennizzo per l’ingiusta
detenzione subita dal 14.2.2008 al 17.6.2011 in carcere in relazione ai delitti di
cui rispettivamente agli artt. 73 e 74 T.U. Stup., in relazione alla coltivazione di
piantagioni di cannabis indica, per il primo dei quali egli era stato mandato
assolto dal Tribunale di Messina in data 30.4.2010 e per il secondo dei quali era
stato mandato assolto dalla Corte di Appello di Palermo con sentenza del

2. La Corte territoriale ha ravvisato la insussistenza dei presupposti del diritto
alla riparazione di cui all’art. 314, 1° comma, cod. proc. pen., ritenendo che nel
comportamento del Licciardi fossero individuabili gli estremi della colpa grave,
preclusiva al riconoscimento dell’indennizzo richiesto. Infatti, anche la Corte di
Appello di merito aveva affermato che aveva intrattenuto rapporti di
frequentazione e di collaborazione con Sucameli Giuseppe, soggetto coinvolto nel
traffico di sostanze stupefacenti con ruolo di organizzatore; nelle conversazioni
intercettate aveva trattato con i suoi interlocutori in maniera specifica della
illecita coltivazione di piantagioni di cannibis indica; aveva programmato con il
Sucameli e con Giliberti Salvatore l’impianto delle coltivazioni.

3. Con il ricorso il Licciardi deduce violazione di legge e in relazione all’art. 314
cod. proc. pen. e vizio motivazionale, per non aver la Corte di Appello di
esplicitato in che misura i comportamenti imprudenti abbiano concorso
all’adozione e al mantenimento della misura cautelare, nonostante le proteste di
innocenza e il progressivo svuotamento dell’ipotesi accusatoria.

4. Con memoria depositata il 25.10.2014, l’Avvocatura Generale dello Stato, in
rappresentanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha chiesto la
conferma dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Il ricorso è manifestamente infondato.
5.1. Posto che nemmeno il ricorrente dubita della sussistenza di un 0449
comportamento &I—L-T995101 valevole ad integrare la colpa grave, in astratto
ostativa al riconoscimento dell’indennizzo riparatore, vertendo il ricorso sulla
efficienza sinergica della imprudente condotta dell’istante, va rammentato che il
giudice, tenuto ad accertare l’incidenza causale del dolo o della colpa grave
dell’interessato rispetto all’applicazione del provvedimento di custodia cautelare,
ovvero se queste si sono poste come fattore condizionante (anche nel concorso

2

17.6.2011 (irrevocabile il 31.10.2011).

dell’altrui errore) alla produzione dell’evento “detenzione”, ha piena ed ampia
libertà di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutwlo,
bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell’azione (di
natura civilistica), sia in senso positivo che negativo, compresa l’eventuale
sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazione (in tal senso,
espressamente, Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 – dep. 09/02/1996, Sarnataro ed
altri, Rv. 203638).
5.2. Orbene, la Corte di Appello ha individuato gli elementi di accusa valorizzati

Giliberti); ha quindi esaminato quanto di quel grumo probatorio sia rimasto
confermato nei due successivi accertamenti di merito; ed è giunta alla
conclusione che quanto aveva portato all’emissione del provvedimento cautelare
era rimasto consolidato anche all’esito del vaglio dibattimentale, ove lo standard
probatorio richiesto da una pronuncia di condanna aveva determinato le
pronunce assolutorie. Così stando le cose, non solo la Corte di Appello ha
chiaramente evidenziato il valore sinergico della condotta tenuta dal Licciardi,
ma ha anche dato conto della irrilevanza del comportamento del medesimo
successivamente all’instaurazione del vincolo, nel senso che le ragioni
dell’adozione si erano mantenute ferme sino alla definitiva pronuncia assolutoria.

6. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Segue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali, della somma di euro 1000 a favore della cassa delle
ammende nonché delle spese in favore del Ministero resistente, spese che si
liquidano in complessivi euro 1.000 1 00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000 1 00 a favore della cassa delle
ammende oltre alla rifusione delle spese in favore del Ministero resistente che
liquida in complessivi euro 1.000,00.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio de1111/11/2014.

dall’ordinanza cautelare (le conversazioni tra il Licciardi, il Sucamele ed il

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