Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43737 del 17/07/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 43737 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DELIGIA SIMONE N. IL 02/06/1983
avverso l’ordinanza n. 6125/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 27/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

Data Udienza: 17/07/2014

Considerato in fatto ed in diritto.

1. Con ordinanza in data 27.11.2013, il Tribunale di Sorveglianza di Roma
dichiarava inammissibile l’istanza di detenzione domiciliare avanzata da DELIGIA Simone,
in espiazione pena, in primis perché il figlio che il ricorrente assumeva di dover accudire
non risultava riconosciuto e poi perché risultava la preclusione di cui all’art. 58 quater c. 5
e 7 Ord. pen. estesa per cinque anni a far tempo dall’12.5.2011 ( data della revoca).
Veniva aggiunto che il tasso di pericolosità sociale del prevenuto, dichiarato delinquente

abituale, non consentiva di farlo accedere a benefici. Veniva ritenuto di non poter aderire
alle valutazioni favorevoli espresse dagli operatori penitenziari, che avevano rappresentato
come il periodo residenziale trascorso in Città della Pieve, nonostante il fallimento finale,
avesse lasciato buoni strumenti di crescita personale ed aveva valorizzato le sue capacità.

2.

Avverso tale decisione, ha proposto ricorso per cassazione l’interessato

personalmente, deducendo la mancanza dei presupposti per l’applicazione nei suoi
confronti dell’art. 58 quater c. 5 e 7 I. 354/1975.

3. Il ricorso è inammissibile, fondandosi su motivi manifestamente infondati. Il
tribunale ha dato conto che il prevenuto nel gennaio 2010 fu ammesso all’affidamento
in prova in casi particolari, ma che nel corso della misura consumò una rapina, in data
8.4.2011, per cui riportò condanna ad anni sei e mesi due di reclusione. E’ ben vero
che secondo l’orientamento di questa Corte il divieto di concessione di benefici
penitenziari al condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura
alternativa, previsto dall’art. 58 quater,, comma 2, 1. n. 354 del 1975 e successive
modifiche, non opera per l’affidamento in prova in casi particolari (art.94 D.P.R. n. 309
del 1990), -atteso che tale misura alternativa alla detenzione non è espressamente
menzionata tra quelle per cui si applica la previsione ostativa di cui al citato art. 58
quater, che, per il suo carattere restrittivo, non è suscettibile di interpretazione
analogica- , ma non può essere trascurato che il tribunale ha dato ampia ragione del
giudizio di pericolosità sociale espresso sul prevenuto che non consente di ammetterlo
ad una misura extramuraria, oltre al fatto che mancava la paternità richiesta per
accedere la beneficio. La motivazione quindi risulta assolutamente adeguata.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo
determinare in euro mille, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.

2,

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa della ammende.

Così deciso in Roma addì 17.7.2014.

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