Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43712 del 03/07/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43712 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: D’ISA CLAUDIO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NASRI MUSTAFA N. IL 02/03/1990
JARMOUNI ABDERAHIM N. IL 01/01/1990
GHEBAS SAID N. IL 01/01/1988
avverso la sentenza n. 2943/2012 GIP TRIBUNALE di LUCCA, del
06/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CLAUDIO D’ISA;
fL
Data Udienza: 03/07/2013
1. Gli imputati NASRI MUSTAFA r JARMOUNI ABDERRHAIM ncorrono per cassazione
contro la sentenza di applicazione concordata della pena in epigrafe indicata, deducendo
ognuno di essi carenza di motivazione in ordine alla determinazione della pena che
appare sproporzionata rispetto ai referenti dell’art. 133 c.p. ed alla valutazione di tutte
le risultanze processuali.
2. I ricorsi sono inammissibili, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposto per
motivi manifestamente infondati e, ex articolo 591, comma 1, lettera c), c.p.p., perché i
motivi sono privi del requisito della specificità, consistendo nella generica esposizione
della doglianza senza alcun contenuto di effettiva critica alla decisione impugnata.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27
settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione
concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve
ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver
proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo
delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali
circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della
sospensione condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa
subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di
proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo, proporre
questioni in ordine alla quantificazione della pena a meno che la stessa non risulti
essere illegale, cioè non prevista dalla legge, circostanza questa non dedotta per il caso
di specie.
La pena – come si è detto – è stata applicata nella misura richiesta e la valutazione in
ordine alla congruità della medesima risulta effettuata, con la declaratoria della
correttezza della qualificazione del fatto.
Resta, pertanto, preclusa ogni successiva doglianza al riguardo.
3. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento in
solido delle spese del procedimento e di ciascuno al pagamento a favore della Cassa
delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1500,00
(millecinquecento/00) a titolo di sanzione pecuniaria.
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento spese del
procedimento e ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di euro 1500,00 (millecinquecento/00).
Così deciso in Roma il 3 LUGLIO 2013.
osserva