Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 437 del 25/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 437 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MULLIRI GUICLA
Data Udienza: 25/10/2013
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Martina Massimiliano, nato ad Ostuni il 4.1.81
imputato artt. 4 ed 8 d.lgs 74/00
avverso sentenza della Corte d’Appello di Lecce,
del 7.2.13
Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
osserva
La sentenza della corte d’appello qui impugnata ha ribadito il giudizio di responsabilità
pronunciato dal Tribunale nei confronti del ricorrente accusato di avere evaso le imposte sui
redditi indicando elementi attivi inferiori a quelli effettivi.
Con il presente gravame, citando precedenti giurisprudenziali, si fa notare che
l’esistenza di un fatto può essere ritenuta solo in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti
e che deve ritenersi priva di motivazione quella sentenza nella quale il percorso argomentativo
presenti delle fratture logiche.
Il ricorso è inammissibile perché del tutto generico risolvendosi nella mera evocazione
di principi di diritto enunciati da questa stessa S.C. senza che, però, sia spiegato – nello
specifico – per quale ragione la sentenza qui impugnata debba essere considerata affetta dai
vizi evocati.
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Al contrario, compulsando il provvedimento della Corte d’appello, si constata come in
esso sia ben presente una spiegazione, della decisione adottata, che si sostanzia nel ricordare
che – a fronte della deduzione difensiva circa la non ascrivibilità dei fatti all’imputato – ricorra il
fatto che il Martina, all’epoca, era, sia, amministratore legale della Italcostruzioni S.r.I., sia,
amministratore effettivo (come testimoniato dal rinvenimento, presso la sua abitazione, di parte della
documentazione informale utilizzata dalla G.d.F. per la verifica fiscale).
Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.
Così deciso in Roma nell’udienza del 25 ottobre 2013
Il Presidente
P.Q.M.