Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43680 del 13/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 43680 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SOZZI SEBASTIANO N. IL 01/07/1982
avverso la sentenza n. 2788/2013 CORTE APPELLO di CATANIA, del
09/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. p-o heto
che ha concluso per A..,k
°L+ tl-terAcbcte

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

tzlé:111a. ”

Data Udienza: 13/05/2015

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con sentenza emessa in data 16 maggio 2013 il GUP del Tribunale di Catania
ha affermato la penale responsabilità di Sozzi Sebastiano in riferimento ai delitti
di detenzione e porto di un’arma comune da sparo clandestina (pistola calibro 9
x 21), ricettazione e detenzione di 13 cartucce, in concorso con Privitera Pietro
(separatamente giudicato), per fatto avvenuto il 5 novembre del 2012. La pena

l’aumento di pena per la recidiva – di anni tre e mesi quattro di reclusione ed
euro 4.000,00 di multa.
Il Sozzi risulta identificato come il conducente di uno scooter (a bordo del quale
viaggiava anche il coimputato Privitera) che alla vista di una pattuglia dei
carabinieri si era allontanato frettolosamente.
Nel corso dell’immediato inseguimento, il conducente del mezzo perdeva il
controllo del veicolo e cadeva a terra unitamente al passeggero. Veniva bloccato
il passeggero (Privitera) e recuperata l’arma mentre il conducente si dava alla
fuga a piedi.
La identificazione del Sozzi come soggetto che si trovava alla guida del veicolo
risulta operata tramite riconoscimento fotografico realizzato dai militari operanti.
Sozzi era stato, peraltro, controllato pochi giorni prima su strada mentre era in
compagnia del Privitera.
Nella decisione di primo grado si ritiene del tutto affidabile tale riconoscimento
posto che i due soggetti che viaggiavano sullo scooter erano entrambi privi di
casco e l’inseguimento (anche successivo alla caduta) aveva posto gli operanti in
condizione tale da inquadrare visivamente il volto del fuggitivo.
Peraltro, dopo il fatto Sozzi Sebastiano è risultato irreperibile. Si rievoca il
recente controllo dei due (Sozzi e Privitera) e si compie riferimento al contenuto
di captazioni ambientali di colloqui intrattenuti dal Privitera Pietro con i familiari
dopo il suo arresto.
Durante tali colloqui il Privitera Dario, rievocando le modalità del fatto insieme al
detenuto, afferma – tra l’altro –

Sebi se n’è andato.. , con riferimento ritenuto

univoco alla condotta di Sebastiano Sozzi.
La Corte di Appello di Catania in data 9 maggio 2014 ha confermato le statuizioni
prima descritte.
Nel replicare alle censure mosse, la Corte di merito ribadice la validità probatoria
del riconoscimento fotografico operato (senza ombra di dubbio), dopo
l’inseguimento, dai militari. A tale dato si uniscono le ulteriori circostanze di fatto

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inflitta in primo grado è quella – riconosciuta la continuazione ed escluso

valutate in primo grado, tra cui la irreperibilità dell’imputato subito dopo il fatto e
‘,riferimenti contenuti nelle intercettazioni ambientali.
Viene altresì respinta la richiesta di mitigazione del trattamento sanzionatorio
tramite la applicazione delle circostanze attenuanti generiche e ritenuta la
congruità della pena inflitta in rapporto alla gravità del fatto ed alla esistenza di
precedenti penali del Sozzi.

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del

Quanto al giudizio di responsabilità si deduce, al primo motivo, vizio di
motivazione della decisione impugnata.
Si afferma che l’attribuzione di fede al riconoscimento era contrastata dalle
circostanze di fatto dell’inseguimento che denotavano assenza di reale contatto
tra i militari e il fuggitivo ed impossibilità di fissare il volto di quest’ultimo.
La foto segnaletica risaliva peraltro a circa nove anni prima del fatto.
Si tratta di dubbi del tutto sottovalutati nella decisione di merito.
Il dato della irreperibilità è stato ritenuto provato pure a fronte di giustificazioni
fornite dall’imputato che, peraltro, dopo soli cinque giorni si era presentato
spontaneamente.
Con gli ulteriori motivi si deduce vizio di motivazione ed erronea applicazione di
legge in relazione alla entità del trattamento sanzionatorio ed al diniego delle
circostanze attenuanti generiche.
La motivazione con cui è stato operato il diniego delle attenuanti generiche è
correlata esclusivamente alla ritenuta gravità del fatto e non realizza il dovuto
apprezzamento della complessiva condotta dell’imputato.
La pena è stata quantificata in misura superiore al minimo edittale in violazione
dell’obbligo di commisurazione della risposta sanzionatoria alla reale gravità del
fatto secondo una adeguata proporzione.

3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi
addotti.
3.1 Al primo motivo si prospettano questioni in fatto, il cui esame è precluso in
forza della piena coerenza logica del contenuto motivazionale.
L’affermazione di penale responsabilità risulta basata sugli esiti di un
riconoscimento operato – con certezza – dagli operanti. Tale atto, anche in virtù
della scelta del rito abbreviato, era pienamente utilizzabile ed i dubbi di
attendibilità sollevati dal ricorrente concernono le modalità della operazione su
strada, adeguatamente vagliate in sentenza. I residui dati probatori – con cui
peraltro il ricorrente omette di confrontarsi, specie per quanto concerne le
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difensore – Sozzi Sebastiano, articolando distinti motivi.

captazioni ambientali – concorrono in modo convergente a sostenere gli esiti del
predetto riconoscimento.
3.2 I residui motivi sono formulati in modo del tutto generico e paiono avulsi dal
contenuto della decisione impugnata.
Le due decisioni – ed in particolare quella di primo grado, richiamata dalla Corte
territoriale – hanno motivato ampiamente circa le caratteristiche di pericolosità
soggettiva sia del Sozzi che del concorrente Privitera.
Ciò, anche in rapporto alla condotta posta in essere al momento del fatto,

operata in tema di commisurazione. In particolare, va ricordato che le
circostanze attenuanti atipiche, introdotte dal decreto legislativo luogotenenziale
n. 288 del 14.9.’44, rappresentano infatti uno strumento di individualizzazione
della risposta sanzionatoria lì dove sussistano – in positivo – elementi del fatto o
della personalità, tali da rendere necessaria la mitigazione, non previsti
espressamente da altra disposizione di legge.
L’applicazione della norma necessita – pertanto – di un substrato cognitivo e di
una adeguata motivazione, nel senso che è da escludersi l’esistenza di un
generico potere discrezionale del giudice di riduzione dei limiti legali della
sanzione, dovendo di contro apprezzarsi e valorizzarsi un «aspetto» del fatto o
della personalità risultante dagli atti del giudizio (tra le molte Sez. VI 28.5.1999
n. 8668).
Lì dove tale aspetto ‘fondante’ la proposta di attenuazione manchi non può
essere – pertanto – sindacata la scelta reiettiva, motivata in rapporto alla
obiettiva gravità del fatto.
Tale gravità – derivante da constazione dei caratteri hdella condotta – è stata
inoltre posta a fondamento della commisurazione della pena in modo non illogico
e del tutto rispondente ai dati conoscitivi esaminati.
Il ricorso, per quanto sinora affermato, va dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen.
la condanna al pagamento delle spese processuali e , in mancanza di elementi
atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la
condanna del ricorrente al versamento di una somma di denaro in favore della
cassa delle ammende che stimasi equo determinare in euro 1,000,00 .

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giustifica pienamente tanto il diniego delle attenuanti generiche che la scelta

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di euro 1.000,00 a favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 13 maggio 2015

Il Consigliere estensore

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