Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43673 del 17/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 43673 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BESSI ENZO N. IL 02/05/1936
avverso la sentenza n. 788/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
26/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

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Data Udienza: 17/06/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Milano, dichiarata 1 prescrizione del delitto di
bancarotta preferenziale e rideterminata la pena, ha confermato nel resto la sentenza emessa in
data 30 gennaio 2007 dal Tribunale di Monza, appellata da BESSI Enzo, dichiarato responsabile
del delitto di bancarotta fraudolenta, commesso il 16 gennaio 2003.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità
affermata quale amministratore di fatto.
Il ricorso è inammissibile, in quanto tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti
alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva
competenza del giudice di merito.
Nel caso in esame, la Corte di appello ha ineccepibilmente osservato che la prova della posizione
di amministratore di fatto del prevenuto nella fallita società si traeva oltre che dalla testimonianza SPAGNIUOLO e dalle comunicazioni dal medesimo rivolte al curatore, nonché dai documenti dal cui complesso emergevano i poteri affidati al BESSI, che componevano un quadro del suo
ruolo all’interno dell’amministrazione della società non meramente occasionale, ma dotato di evidente stabilità.
La tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui i poteri a lui affidati non comportavano un’ingerenza
nell’amministrazione in generale della società, è appunto una questione in fatto, che non può essere presa in considerazione, a fronte della motivazione adeguata, conforme a regole della logica
e priva di vizi giuridici, resa dai giudici di merito.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di C. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 giugno 2013.

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