Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43665 del 22/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 43665 Anno 2015
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
STELLA LUCIO N. IL 11/05/1975
avverso l’ordinanza n. 142/2015 TRIB. LIBERTA’ di CATANIA, del
04/03/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 22/05/2015

,

,

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Paola FILIPPI, ha concluso chiedendo la
declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 4 marzo 2015 il Tribunale di Catania ha rigettato l’appello proposto
nell’interesse di Lucio STELLA avverso il provvedimento con il quale il G.I.P. dello stesso
Tribunale aveva rigettato l’istanza finalizzata ad ottenere la retrodatazione della misura
cautelare in atto (custodia in carcere) al 14 gennaio 2014, data di esecuzione di altra

decorrenza dei termini di fase.

2. Con atto sottoscritto dal suo difensore viene proposto ricorso nell’interesse dello STELLA.
Con unico articolato motivo si deduce violazione di legge in relazione al divieto della c.d.
contestazione a catena.
Il ricorrente evidenzia che in data 17 gennaio 2014 era stato sottoposto ad altra misura
cautelare di custodia in carcere per il reato continuato di estorsione aggravata (fatto
commesso il 14 gennaio 2014).
Nel presente procedimento, invece, è indagato per il reato di associazione per delinquere di
stampo mafioso, con reati fine “delitti contro la persona, il patrimonio e traffico di sostanze
stupefacenti, nonché per acquisire in modo diretto o indiretto, la gestione ed il controllo di
attività economiche e per conseguire, comunque, profitti e vantaggi ingiusti”.
Rileva, quindi, il ricorrente che le condotte associative di cui alla seconda ordinanza venivano
contestate come commesse in data anteriore (in Catania fino a febbraio 2012) all’emissione
della prima ordinanza (del 14 gennaio 2014), riferendosi ad una notizia di reato risalente al
2010; ricorrendo, quindi, i presupposti di cui all’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., perché
sussisterebbe una “connessione qualificata”, il G.I.P., in accoglimento della relativa istanza,
avrebbe dovuto retrodatare l’ordinanza del 30 giugno 2014 al 14 gennaio 2014 e, per l’effetto,
dichiarare la cessazione della misura per decorrenza dei termini massimi di fase della custodia
cautelare (un anno).
Il Tribunale di Catania, secondo il ricorrente avrebbe errato nel respingere l’appello, ritenendo:
1) che tra i fatti reato oggetto delle due distinte ordinanze non vi fosse connessione
qualificata;
2) che comunque non sussistesse la conoscibilità dei fatti del secondo procedimento al
momento della emissione della prima ordinanza di custodia cautelare;
3) che, di conseguenza, non è decorso il termine di fase, dovendo il giudice frazionare la
globale durata della custodia cautelare, imputando i soli periodi relativi a fasi omogenee
e, nello specifico, solo 7 giorni relativi alla fase delle indagini preliminari.

2

ordinanza per fatti diversi, con conseguente declaratoria di inefficacia del titolo custodiale per

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.

1. In primo luogo va detto che il ricorrente non ha ben precisato quali sarebbero i presupposti
per la retrodatazione della decorrenza del termine di custodia cautelare, sebbene sia pacifico
che, in tema di contestazione a catena, è onere della parte provare la desumibilità dagli atti del
primo procedimento del fatto di reato oggetto dell’ordinanza successiva (Sez. 2, n. 6374 del

2. Per quanto desumibile dalla ordinanza impugnata comunque non vi sono i presupposti per
l’applicazione della norma invocata dal ricorrente.
Invero, ai fini della retrodatazione dei termini di decorrenza della custodia cautelare ai sensi
dell’art. 297, comma terzo, cod. proc pen., il presupposto dell’anteriorità dei fatti oggetto
della seconda ordinanza coercitiva, rispetto all’emissione della prima, non ricorre allorché il
provvedimento successivo riguardi – come nel caso in esame- un reato associativo (nella
specie mafioso) e la condotta di partecipazione alla stessa si sia protratta dopo l’emissione
della prima ordinanza (Sez. 6, n. 15821 del 03/04/2014, De Simone, Rv. 259771).

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc.
pen.
Così deciso in Roma, il 22 maggio 2015
Il consigliere estensore

Il Presidente

28/01/2015, Schillaci, Rv. 262577).

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