Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43662 del 14/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 43662 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAZZAFERRO ROCCO PIERO N. IL 04/01/1965
avverso l’ordinanza n. 1292/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 09/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 14/05/2015

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, Dott. Mario Maria Stefano Pinellí, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;
udito, per il ricorrente, l’avvocato Minniti Eugenio Bruno, che ha
insistito per raccoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Reggio Calabria, Sezione del riesame, con ordinanza
in data 9.2.2015 ha rigettato l’appello ex art. 310 c.p.p. proposto da

la quale il Tribunale di Locri aveva respinto la richiesta di sostituzione
della misura cautelare della custodia in carcere con quella meno
afflittiva degli arresti domiciliari per motivi di salute, ai sensi dell’art.
275, comma 4 bis, c.p.p..
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
Mazzaferro, a mezzo del suo difensore, lamentando con un unico
articolato motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606, primo comma,
lett. b), c) ed e) c.p.p., per manifesta illogicità della motivazione ed
omessa valutazione di una prova decisiva, nonché la violazione di
legge, in relazione all’art. 275 n. 4 bis c.p.p., atteso che l’ordinanza
impugnata non ha tenuto in alcun conto le valutazioni espresse dal
perito dr. Strati, nominato dal medesimo Tribunale, adagiandosi sulle
assicurazioni del sanitario della Casa Circondariale di Palmi, che aveva
curato il Mazzaferro, sino ad allora, solo con detergenti, creme e docce;
l’aver omesso la valutazione delle considerazioni peritali e degli
accertamenti ospedalieri comporta di fatto una carenza motivazionale,
avendo il perito posto il problema della mancanza di asetticità
dell’ambiente carcerario che avrebbe comportato, nella persona del
detenuto, la possibilità di contrarre, come in effetti ha contratto, una
serie di malattie infettive, per avere le difese immunitarie insufficienti a
seguito della malattia e della terapia; il Tribunale, infatti, non ha
espresso alcuna ragione per la quale, pur in presenza di assunzione di
farmaci biologici (per la quale il perito aveva raccomandato quanto
meno il ricovero presso un centro reumatologico, ritenendo utile e
necessaria l’applicazione anche temporanea di una misura cautelare
alternativa a quella carceraria), ha ritenuto opportuna e logica la
permanenza del detenuto in carcere; inoltre, il Tribunale ha omesso
qualsiasi valutazione in ordine a quanto affermato dal consulente
d’ufficio in ordine al rilevato stress detentivo che, secondo il C.T.U.,
qualora venisse prolungato, oltre a favorire la progressione
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Mazzaferro Rocco Piero avverso l’ordinanza del 12 novembre 2013, con

dell’artropatia e delle lesioni dermatologiche psoríasiche, potrebbe
rendere inefficace anche l’eventuale trattamento bio-farmacologico,
precisazione questa nettamente contrastante con la risposta del
sanitario del carcere di Palmi; il perito d’ufficio ha correttamente
valutato le patologie del detenuto, evidenziando che la protrazione della
detenzione, anche per le notorie manchevolezze delle annesse strutture
sanitarie, avrebbe di certo aggravato le medesime, essendo prevedibile
una evoluzione negativa del quadro clinico; in definitiva, dall’incongrua

considerazione della perizia, a cui il Tribunale sopperisce con proprie ed
incongrue deduzioni, laddove in assenza di particolari esigenze
cautelari ed in presenza di una malattia comportante una grave
deficienza immunitaria, il Tribunale avrebbe dovuto sostituire la misura
in atto con quella degli arresti domiciliari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, siccome manifestamente infondato.
1.Ed invero il provvedimento impugnato, contrariamente a quanto
dedotto dal ricorrente, non appare in alcun modo affetto dai vizi
denunciati.
1.1. Va premesso che, sulla base di quanto si evince nell’ordinanza
impugnata:
– il Tribunale del riesame, proprio al fine di valutare le “condizioni di
salute attuali” dell’indagato, disponeva all’udienza del 14 maggio 2014,
perizia medico legale, all’esito della quale risultava necessario che il
Mazzaferro si sottoponesse ad approfondimento diagnosticoreumatologico per escludere l’esistenza di una forma artropatica di
malattia psoriaca, tale da aggredire in modo irreparabile l’apparato
osteo-articolare dell’indagato, soprattutto alle mani e ai piedi, che,
invece, ove accertata richiedeva la necessaria somministrazione di
farmaci biologici (antagonisti del tumor necrosis factor) che la sanità
penitenziaria, per come indicato dal perito, dr. Strati, non risulterebbe in
grado di erogare, nemmeno in CDT;
-il Mazzaferro veniva sottoposto ad esami ematochimici (risultati nei
limiti) ed a radiografia delle mani e dei piedi (senza evidenza di lesioni
ossee, né significative alterazioni strutturali osseo focali), venendo
dimesso il 15 luglio 2014 con la diagnosi “psoriasi a placche di modesta
entità associata ad enteso artrite di lieve moderata intensità”;

-il Tribunale conferiva nuovo incarico peritale all’udienza del 10
settembre 2014, affinchè il dr. Strati si esprimesse, in ragione degli
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ed illogica motivazione dell’impugnata ordinanza emerge la mancanza di

ulteriori accertamenti medico diagnostici disposti, in relazione alla
compatibilità o meno delle condizioni di salute del Mazzaferro con

il

regime detentivo in atto ed in data 6 ottobre 2014, il perito confermava
la valutazione già effettuata con la precedente perizia, affermando che
“il recente ricovero presso il reparto di dermatologia dell’Ospedale
Papardo di Messina non ha portato ad alcun chiarimento dinicodiagnostico sulla suddetta patologia e non risulta sia stato disposto alcun
approfondimento diagnostico-reumatologico” per escludere la presenza

effettuarsi;
– all’esito della camera di consiglio del 12 novembre 2014, il Tribunale
rilevava la sussistenza delle patologie indicate e la necessità che il
Mazzaferro fosse ulteriormente sottoposto agli accertamenti diagnostici
richiesti con la perizia del 6.10.2014, in ragione della necessità di
perimetrare con esattezza la portata della patologia psorìaca in
questione e salvaguardare lo stato di salute dell’indagato;
-all’esito di ricovero, il direttore dell’U.O. di Dermatologia dell’Azienda
Ospedaliera degli Ospedali Riuniti di Papardo-Piemonte, sottoposto il
Mazzaferro agli accertamenti richiesti operava una diagnosi di “Psoriasi
diffusa con artropatie”,

prescrivendo quale terapia dermatologica la

somministrazione di vari farmaci e programmando una futura visita di
controllo ed ecografia articolare per

“valutare con precisione il

coinvolgimento delle articolazioni nella patologia in atto”;
-il Tribunale, quindi, richiedeva una relazione al personale medico
sanitario della struttura penitenziaria in cui il Mazzaferro si trovava
ristretto, affinchè, in ragione dei risultati della perizia di ufficio e degli
esiti della documentazione sanitaria in atti, per come emergenti in
particolare dalla cartella clinica e dalla lettera di dimissioni ospedaliere
con prescrizioni terapeutiche, fosse specificata la possibilità o meno di
assicurare all’indagato le necessarie cure in regime di custodia
detentiva, onde provvedere in seguito alla valutazione sulla compatibilità
o meno delle sue condizioni di salute con il regime di custodia carceraria
e in data 26 gennaio 2015 perveniva nota del dirigente sanitario, dott.
Luppino, attestante che dal rientro in istituto l’indagato aveva
regolarmente assunto la prescritta terapia medica, che poteva essere
somministrata in regime detentivo.
1.2. Alla stregua di tali emergenze, non appare in alcun modo viziata la
valutazione contenuta nel provvedimento impugnato, che, dopo aver
esaminato tutti i predetti elementi, ha escluso che le attuali condizioni

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di artropatia psoriasíca ed indicando ulteriori accertamenti diagnostici da

di salute dell’indagato, contrariamente a quanto dedotto nell’appello,
fossero incompatibili con il regime detentivo, posto che gli esami
effettuati presso il nosocomio messinese, di natura ematochimica, sono
risultati nella norma e che la radiografia delle mani e dei piedi non
hanno messo in evidenza lesioni ossee e neppure significative alterazioni
strutturali osseo focali. Inoltre la diagnosi di “psoriasi diffusa con
artropatie”, effettuata dall’Unità Operativa di Dermatologia dell’Azienda
Ospedaliera di Papardo ha condotto alla prescrizione di una terapia, che

idonea a perìmetrare il pericolo di aggravamento, oltre che a curare la
patologia riscontrata, non essendovi stata alcuna prescrizione di farmaci
biologici.
1.3. Tale valutazione, in particolare, non lascia intravedere manifeste
illogicità ovvero altri vizi motivazionali dedotti dal ricorrente, essendo
state considerate specificamente le indicazioni dello stesso perito del
Tribunale, dr. Strati, con l’elaborato del 6.10.2014, che richiedeva
ulteriori indagini diagnostiche e che risultano essere state espletate
presso l’U.O. di dermatologia degli Ospedali Riuniti di Papardo Piemonte
e che non hanno dato riscontri di condizioni “allarmanti” dell’indagato,
potendo, in relazione alla diagnosi di “psoriasi diffusa con artropatie”,
essere somministrati farmaci comuni, e non biologici, in regime
detentivo fatta salva una “futura visita di controllo ed ecografia
articolare”.
1.4. Correttamente il Tribunale, dunque, ha valutato la gravità delle
condizioni di salute del detenuto e della conseguente incompatibilità con
il regime carcerario sia in astratto, che in concreto, con riferimento alla
possibilità di effettiva somministrazione nel circuito penitenziario delle
necessarie terapie anche a prescindere dalla ritenuta compatibilità delle
condizioni sanitarie con il regime carcerario, in linea con i principi più
volte espressi da questa
Corte(Sez. 6, n. 25706 del 15/06/2011,Rv. 250509;Sez.4, n. 23713 del
26/2/2013).
1.5. Per quanto concerne, poi, il problema della mancanza di asetticità
dell’ambiente carcerario, tale da comportare la possibilità per l’indagato
di contrarre una serie di malattie infettive, non emergono dalle
acquisizioni in atti elementi che lascino deporre in tal senso e,
comunque, il dirigente sanitario del carcere ha dato atto, come detto,
della possibilità di somministrare la terapia in ambiente carcerario.
Quanto al dedotto “stress” detentivo tale da determi re un possibile
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può essere agevolmente somministrata in regime detentivo, considerata

peggioramento delle condizioni dell’indagato, neppure per tale evenienza
si colgono dagli atti elementi significativi in tal senso, deponenti per una
evoluzione negativa del quadro clinico.
2.Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, trattandosi di
causa di inammissibilità riconducibile a colpa del ricorrente, al
versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si
ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00, ai sensi dell’art.

p.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp.att.
c.p.p..
Così deciso il 14.5.2015

616 c.p.p..

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