Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4366 del 12/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4366 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
FAILLA SALVATORE N. IL 30.06.1952
Nei confronti di :
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE
Avverso la ordinanza della CORTE D’APPELLO DI PALERMO del 20 maggio 2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, lette le
conclusioni del PG in persona del dott. Aldo Policastro che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata ordinanza resa in data 20 maggio 2013 la Corte d’appello di Palermo
ha respinto la richiesta di Failla Salvatore volta ad ottenere un’equa riparazione per
l’ingiusta detenzione subita dal 29 marzo 2004 al 21 dicembre 2006 in regime di
custodia cautelare in carcere e di arresti domiciliari (nel periodo intermedio dal 29
gennaio al 24 giugno 2005) per i reati di cui agli artt. 81, 110, 319, 476 in relazione
all’art. 479 e 323 comma 2 cod. pen, tutti aggravati ai sensi dell’art. 7 del di n. 152
del 1991, poi dichiarati, previa esclusione della suddetta aggravante, estinti per
intervenuta prescrizione
2. Avverso tale decisione ricorre il Failla a mezzo del difensore di fiducia deducendo
violazione degli artt. 314 e 192 cod. proc. pen. e manifesta illogicità della
motivazione assumendo che la custodia cautelare era stata disposta esclusivamente
sulla base dell’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del 1991 erroneamente
contestata e non emergendo dagli atti la prova dell’accordo corruttivo.
3. Il Ministero, costituitosi, ha chiesto il rigetto del ricorso
4. Il Failla ha presentato motivi aggiunti insistendo nell’ accoglimento del ricorso

Data Udienza: 12/06/2014

CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Il ricorso è infondato.
Secondo il consolidato insegnamento di questa corte di legittimità (correttamente
richiamato dalla corte territoriale), in materia di riparazione per l’ingiusta detenzione,
nel caso di processo cumulativo (ossia avente a oggetto più imputazioni), se il
provvedimento restrittivo della libertà è fondato su più contestazioni, il
proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di queste, sempre che
autonomamente idonea a legittimare la compressione della libertà, impedisce il
sorgere del diritto, irrilevante risultando anche l’eventuale -ma non è questo il caso
di specie- pieno proscioglimento dalle altre imputazioni (Cass., Sez. 4, n.
27466/2009, Rv. 245108; Cass., Sez. 4, n. 18343/2007, Rv. 236411).
Non è quindi configurabile il diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione in caso di
estinzione del reato per prescrizione, a meno che la durata della custodia cautelare
sofferta risulti superiore alla misura della pena astrattamente irrogabile, o a quella in
concreto inflitta, ma solo per la parte di detenzione subita in eccedenza, ovvero
quando risulti accertata in astratto la sussistenza dei presupposti per il
riconoscimento dell’ingiustizia formale della privazione della libertà personale (Cass.,
Sez. 4, n. 34661 /2010, Rv. 248076).
Diversamente da quanto argomentato dal ricorrente, la corte d’appello palermitana
ha pertanto correttamente applicato la norma di cui all’art. 314 c.p.p., anche
secondo la formulazione risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n.
219/2008, secondo cui la riparazione per la detenzione ingiustamente sofferta deve
ritenersi estesa anche in relazione alle ipotesi di avvenuto proscioglimento per cause
non di merito, ma solo limitatamente al tempo della restrizione che eccede (non già i
termini massimi previsti dalla legge per la durata della misura della custodia
cautelare, bensì) la misura della pena astrattamente irrogabile o irrogata. È appena il
caso di rilevare come la limitazione dell’indennizzabilità ai soli periodi di detenzione
sofferti in misura superiore alla pena irrogata o astrattamente irrogabile in relazione
al reato per il quale sia intervenuta una causa di proscioglimento non di merito, vale
a conferire un’indubitabile connotazione in termini di “certezza” all’ingiustizia della
detenzione sofferta dall’istante, atteso che solo in relazione a tali periodi può ritenersi
“certo” il carattere ingiustificato (e la conseguente ingiustizia) della detenzione
sofferta (in sè, viceversa, non verificabile per il caso del superamento, solo
ipoteticamente prospettato, dei termini previsti dalla legge per la custodia cautelare);
e tanto, avuto altresì riguardo all’ulteriore rilievo (esso stesso ritenuto coerente al
discorso solidaristico cui occorre ricondurre l’ispirazione dell’istituto in esame)
secondo cui la prescrizione è sempre esprimente rinunciabile dall’imputato, con la
conseguenza che quest’uomo ha sempre la possibilità di optare per una scelta difesa
diretta a ottenere il proscioglimento nel merito ove ritenga che la detenzione
cautelare sia stata ingiustamente applicata nei suoi confronti, in tal modo
concretizzandosi il bilanciamento d’interessi fra le esigenze di tutela di chi abbia
subito una detenzione cui non corrisponde l’inflizione di una pena e quelle di non
premiare chi non abbia scelto, accettando la causa di estinzione, che venisse
accettata la sua innocenza (cfr., in termini, Cass., Sez. 4, n. 34661/2010, Rv.
248076).
Nel caso di specie, il quantum di detenzione preventiva sofferto dall’odierno
ricorrente, in relazione al titolo di reato per il quale è stata dichiarata la prescrizione,
deve ritenersi ampiamente giustificato dal riscontro della pena astrattamente
irrogabile in relazione a detto titolo di reato, come peraltro espressamente
evidenziato dalla corte territoriale, che ha escluso che nel caso di specie sia ricorsa
un’ipotesi di restrizione personale (a titolo di custodia cautelare) per una durata
superiore alla pena astrattamente irrogabile per la contestata ipotesi di truffa
aggravata, indipendentemente dalla prospettata (solo ipotetica) concedibilità del
beneficio della sospensione condizionale della pena).
6. Al riscontro dell’infondatezza dei motivi di doglianza avanzati dal ricorrente segue il
rigetto del ricorso e la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali,

nonché alla rifusione in favore del Ministero delle Finanze delle spese del presente
giudizio che liquida in complessivi C 1.000,00
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alla
rifusione delle spese in favore del Ministero resistente che liquida in complessivi euro 1.000,00
Così deciso nella camera di consiglio del 12 giugno 2014
IL PRESID TE

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

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