Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43652 del 18/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 43652 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da

Fumagalli Alberta, nata a Fara Gera d’Adda il 23/11/1944

Tacca Erminio Francesco, nato a Crema il 14/07/1969

avverso la sentenza emessa il 20/12/2013 dalla Corte di appello di Milano

visti gli atti, la sentenza impugnata ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata, per intervenuta prescrizione del reato in rubrica

RITENUTO IN FATTO

1. Con la pronuncia indicata in epigrafe, la Corte di appello di Milano
confermava la sentenza emessa dal Gup del Tribunale della stessa città, in data
05/05/2010, nei confronti di Alberta Fumagalli ed Erminio Francesco Tacca,

Data Udienza: 18/05/2015

condannati a pene ritenute di giustizia in ordine a un addebito di bancarotta
semplice, così riqualificata una originaria contestazione di bancarotta fraudolenta
documentale. Gli imputati avrebbero realizzato le condotte loro ascritte nella
veste di amministratori della City Sviluppi Imprenditoriali s.r.I., dichiarata fallita
nel 2006.
Secondo la ricostruzione operata dalla Corte territoriale, in particolare:

il Tacca era stato presidente del consiglio di amministrazione della società
fino alla data del fallimento, mentre la Fumagalli era stata non solo socia
della fallita, ma anche titolare di poteri di ordinaria e straordinaria

le condotte omissive riferibili ai prevenuti nella tenuta della contabilità
integravano il delitto di bancarotta semplice, avendo essi violato l’obbligo
di tenere correttamente ed esaustivamente le scritture de quibus sino al
fallimento;
il reato doveva essere attribuito ad entrambi essendo risultato il Tacca
amministratore sia di diritto che di fatto, e dovendosi ritenere che la
Fumagalli fosse gravata da una posizione di garanzia circa la regolare
tenuta dei libri contabili;
in favore degli imputati non potevano essere riconosciute le circostanze
attenuanti generiche, dal momento che la Fumagalli aveva costantemente
omesso i dovuti controlli sull’amministrazione della società, malgrado
ripetuti segnali di allarme sulla correttezza della gestione, ed essendo il
Tacca onerato da «pregiudizi per reati della stessa natura economica».

2. Propone ricorso il difensore della Funnagalli, che deduce due motivi.
2.1 Con il primo, la difesa sollecita la declaratoria di estinzione del reato per
sopravvenuta prescrizione, maturatasi nell’intervallo tra la lettura del dispositivo
e il deposito della motivazione della sentenza di appello: a riguardo,
nell’interesse della Fumagalli si richiama la giurisprudenza di questa Corte
secondo cui il ricorso per cassazione deve intendersi ammissibile anche quando
sia proposto unicamente per far valere la prescrizione del reato, intervenuta
prima della scadenza del termine previsto per l’impugnazione (viene citata, in
particolare la sentenza della Prima Sezione, n. 11541 del 28/10/1997, ric.
Plojer).
2.2 Con il secondo motivo, si lamentano vizi della motivazione con riguardo
alla negazione delle attenuanti generiche, che la Corte territoriale avrebbe
argomentato «esclusivamente sulla scorta di una pedissequa descrizione della
condotta punita dalla norma per la quale l’imputata è stata condannata: in ogni
caso, i giudici milanesi non avrebbero esaminato, neppure al fine di confutarne la

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amministrazione;

decisività, gli elementi esposti dalla difesa nella contraria prospettiva
(l’incensuratezza della donna, il suo regolare lavoro per oltre 35 anni, la sua
leale condotta processuale, l’impiego di risorse personali nella gestione della
società e le documentate condizioni di difficoltà familiare).

3. Propone altresì ricorso, con atto personalmente sottoscritto, Erminio
Francesco Tacca.
3.1 Con un primo motivo, l’imputato deduce mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, segnalando che

contabili – la società fallita non ebbe comunque ad operare: dovrebbe così
escludersi lo stesso elemento materiale del reato, visto che la contabilità fu
regolare sino al momento della liquidazione di fatto, e che gli organi della
procedura concorsuale furono certamente in condizione di ricavarne gli elementi
necessari alla ricostruzione del movimento degli affari.
3.2 I! Tacca censura poi la sentenza della Corte di appello, a sua volta, in
ordine all’esclusione delle attenuanti ex art. 62-bis cod. pen.; rileva in proposito
che la dicitura “reati di natura economica”, adottata dai giudici milanesi, non ha
riscontro nella sistematica del codice penale, e che in ogni caso egli risulta
gravato da un solo, modesto precedente per cui riportò decreto di condanna a
pena pecuniaria nel 1996.
3.3 Con un terzo motivo, l’imputato si duole del trattamento sanzionatorio a
lui riservato, fondato su un suo presunto e non meglio descritto “ruolo
principale” (quando l’addebito riguarda comunque un reato omissivo).
3.4 L’ultimo motivo di ricorso si riferisce alla contestata durata della pena
accessoria inflittagli ex art. 217, ultimo comma, legge fall. (pari a 2 anni), e che
invece – ai sensi della norma generale di cui all’art. 37 cod. pen. – avrebbe
dovuto essere commisurata all’entità della pena principale (8 mesi di reclusione).
Il ricorrente evidenzia parimenti l’intervenuto decorso dei termini massimi di
prescrizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Deve prendersi atto dell’intervenuta prescrizione del reato contestato agli
imputati, maturata il 22/12/2013, tenendo conto della data in cui intervenne la
dichiarazione di fallimento e della circostanza che non si rilevano cause di
sospensione dei termini di cui agli artt. 157 e segg. cod. pen.; nel contempo,

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– nel periodo interessato dalle presunte carenze nella tenuta delle scritture

non è possibile ritenere che i ricorsi oggi in esame – da esaminare comunque
agli effetti civili, ai sensi dell’art. 578 del codice di rito – siano inammissibili.

2. Quanto alla Fumagalli, la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa
Corte ha da tempo chiarito – in contrasto con l’interpretazione di cui alla
precedente pronuncia richiamata dalla ricorrente – che «è inammissibile il
ricorso per cassazione proposto unicamente per far valere la prescrizione
maturata dopo la decisione impugnata e prima della sua presentazione, privo di
qualsiasi doglianza relativa alla medesima, in quanto viola il criterio della

casi in relazione ai quali può essere proposto a norma dell’art. 606 dello stesso
codice» (Cass., Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, Cavalera, Rv 219531).
Tuttavia, nell’interesse dell’imputata viene sviluppato un secondo motivo di
ricorso che non appare manifestamente infondato: infatti, le circostanze
attenuanti generiche (sollecitate dalla difesa in favore della ricorrente sulla base
di una pluralità di elementi, alcuni dei quali affatto peculiari, non presi in
considerazione dalla Corte milanese) risultano non concesse sul presupposto che
ella avrebbe «omesso di operare i dovuti controlli sull’amministrazione della
società, nonostante i ripetuti campanelli di allarme da lei costantemente
ricevuti», nonché sull’avere ella negato di essere stata consapevole della crisi
finanziaria della società poi fallita. I due aspetti evidenziati non sembrano
dirimenti in chiave negativa, atteso che il primo – come correttamente segnalato
nel ricorso – si risolve in una mera descrizione della condotta sanzionata,
peraltro confermando, attraverso il richiamo a presunti “segnali di allarme”, che
non era comunque la Fumagalli ad occuparsi direttamente della gestione
dell’attività e della tenuta delle scritture; il secondo deriva invece dalla semplice
presa d’atto della mancata ammissione delle proprie responsabilità.

3. Il ricorso del Tacca non può trovare accoglimento quanto ai motivi
afferenti la ravvisabilità del delitto in rubrica, mentre avrebbero dovuto
considerarsi fondate le doglianze (pur assorbite dalla declaratoria di estinzione
del reato) in punto di trattamento sanzionatorio.
3.1 La bancarotta semplice per cui è intervenuta la condanna dei due
imputati non richiede infatti che le modalità di tenuta delle scritture contabili
siano state tali da non consentire la ricostruzione del movimento degli affari
(come sarebbe stato, invece, necessario dimostrare ai fini dell’originaria
contestazione di bancarotta fraudolenta documentale): né può rilevare
l’osservazione del Tacca circa la regolarità dei libri de quibus sino al momento in
cui la società era rimasta attiva e l’assoluta inoperatività della stessa in data

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specificità dei motivi enunciato nell’art. 581, lett. c) cod. proc. pen. ed esula dai

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posteriore, visto che

– come si legge nella motivazione della sentenza

impugnata – negli ultimi mesi antecedenti la dichiarazione di fallimento vi erano
stati anche «pagamenti a non meglio identificati creditori», che avrebbero
dovuto imporre un aggiornamento delle scritture.
3.2 Quanto alla pena inflitta, invece, il richiamo della Corte territoriale a
«pregiudizi per reati della stessa natura economica» quale fattore incidente in
negativo sulla concedibilità delle attenuanti generiche appare non correlato
all’esistenza di effettivi precedenti di rilievo (il Tacca parrebbe aver riportato una
sola, assai risalente condanna, a mezzo di decreto penale, per omesso
versamento di ritenute previdenziali).
Nel contempo, l’entità della pena accessoria di cui all’art. 217, ultimo
comma, legge fall. appare fissata nel massimo previsto dalla legge, ovvero in
due anni, per «le stesse ragioni poste a base della commisurazione della pena
principale»; argomentazione contraddittoria, visto che i limiti edittali previsti per
l’ipotesi di bancarotta semplice prevedono un massimo di due anni di reclusione,
e nella fattispecie concreta la pena base è stata indicata in un anno.
Inoltre, e soprattutto, la giurisprudenza di questa Corte ha più volte
affermato che «la pena accessoria dell’inabilitazione all’esercizio di una impresa
commerciale applicata con la sentenza di condanna per il reato di bancarotta
semplice documentale, siccome è dalla legge determinata solo nel massimo,
deve avere durata eguale a quella della pena principale inflitta, secondo quanto
previsto dall’art. 37 cod. pen.» (Cass., Sez. V, n. 13579 del 02/03/2010, Ografo,
Rv 246712; v. anche Cass., Sez. V, n. 23606 del 16/02/2012, Ciampini).

P. Q. M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, agli effetti penali, perché il reato è
estinto per prescrizione.
Rigetta i ricorsi agli effetti civili.

Così deciso il 18/05/2015.

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