Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4365 del 12/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 4365 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Oliva Antonio, nato a Pagani in data 11/06/1961

avverso la sentenza del 27/01/2012 della Corte d’appello di Salerno R.G. 1441/2007
visti gli atti, il prowedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Giuseppe De Marzo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Maria Giuseppina
Fodaroni, che ha concluso per il rigetto del ricorso
Ritenuto in fatto
1. Per quanto ancora rileva, con sentenza del 27/01/2012, la Corte d’appello di Salerno ha
dichiarato inammissibile l’appello proposto da Antonio Oliva avverso la sentenza del
10/11/2006, con la quale il Tribunale di Nocera Inferiore aveva condannato quest’ultimo alla
pena di mesi cinque di reclusione, in relazione al reato di cui agli artt. 110, 61, n. 2, 496,
cod. pen., per avere dichiarato un falso nome di battesimo ai carabinieri che avevano
proceduto ad un controllo dell’uomo, il quale viaggiava con il coimputato Francesco Di Lieto,
a bordo di un’autovettura che era stata sottratta al legittimo detentore.
La Corte territoriale ha ritenuto che l’impugnazione proposta difettasse, quanto alla
necessaria specificità dei motivi, dei requisiti minimi previsti dal codice di rito, per superare il
vaglio di ammissibilità. Con particolare riguardo alla determinazione della pena, la Corte
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Data Udienza: 12/12/2012

d’appello ha rilevato che la richiesta di concessione delle attenuanti generiche non era
accompagnata dall’indicazione di alcuna ragione che ne giustificasse il riconoscimento, ad
onta dei numerosi, gravi e specifici precedenti risultanti a carico dell’imputato, e che il
riferimento al comportamento serbato dall’imputato durante il processo e alla fattispecie di
reato concretamente contestata era assolutamente generico ed incomprensibile. La sentenza
impugnata, con riferimento alla richiesta di “revoca” della ritenuta circostanza aggravante di
cui all’art. 61, n. 2 cod. pen., ha aggiunto che non erano state indicate le ragioni per le quali
si riteneva erronea la decisione del primo giudice che aveva sottolineato come l’Oliva, poco

furtiva dell’auto sul quale viaggiava: ciò spiegava la ragione per cui sia l’Oliva che il Di Lieto
avevano fornito ai militari false generalità.
2. L’Oliva ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c), ed
e), cod. proc. pen., sottolineando che apparivano adeguatamente motivate almeno la
doglianza relativa alla mancata concessione delle attenuanti generiche e la richiesta di
riduzione della pena. Con l’atto di gravame, egli aveva sottolineato di avere serbato una
condotta positiva durante il processo e che comunque il reato contestato non era di
particolare gravità. Inoltre, aveva chiesto che venisse esclusa l’aggravante di cui all’art. 61,
n. 2 cod. pen., attesa la sua accertata estraneità al furto dell’autovettura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Come emerge dalla ricostruzione del contenuto della sentenza impugnata, quest’ultima ha
fornito puntuale risposta alle ragioni del gravame, sia in ordine all’adeguatezza della pena
alla gravità del fatto e alla personalità dell’imputato, sia con riferimento alla mancata
concessione delle attenuanti generiche, sia, infine, con riguardo alla sussistenza
dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 2, cod. pen.
In realtà, il requisito della specificità dei motivi dell’appello, ossia dell’indicazione specifica
delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta, richiesto
dall’art. 581, comma 1, lett. c), cod. proc. pen, impone un grado di concretezza della critica
che si modella sull’intensità dell’approfondimento motivazionale della sentenza di primo
grado.
Nella specie, la Corte territoriale ha illustrato ampiamente le ragioni per le quali le censure
dell’odierno ricorrente non aggiungevano alcun elemento fattuale o alcuna argomentazione
in grado di scardinare la correttezza delle argomentazioni della sentenza di prime cure.
2. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 30/11/2012

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prima del controllo da parte dei carabinieri, era stato messo a conoscenza della provenienza

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