Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4365 del 11/11/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4365 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOCCIA ANTONIO N. IL 22/06/1949
avverso la sentenza n. 7320/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
09/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. cd.ILD tl-k-Yu_4>es,
che ha concluso per ZS2 1103-3) P-‘–;

Udito, per

arte civile, l’Avv

Uditeifdifenson Avv. 21,-1,..p.t.A., 2;;A–»Za cI22 L

Data Udienza: 11/11/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Napoli ha
riformato quella emessa dal Tribunale del capoluogo campano nei confronti di
Varriale Salvatore e di Boccia Antonio pronunciando, sull’appello del Procuratore
generale, della parte civile e dell’imputato Varriale, dichiarazione di non doversi
procedere nei confronti di entrambi gli imputati in ordine al reato loro ascritto
per essere estinto per prescrizione ed altresì condannando il Boccia al

2. All’esito del giudizio di primo grado, il Varriale era stato condannato per le
lesioni colpose aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica e
dalla durata della malattia derivata, in relazione all’infortunio occorso il 7 aprile
2004 al lavoratore Alfonso Amalfi. Secondo l’accertamento compiuto nel grado di
merito,

l’Amalfi aveva ricevuto dal Boccia, proprietario della struttura

alberghiera ove erano già in corso lavori di ristrutturazione da parte dell’impresa
Varnale, l’incarico di eseguire ed apporre alcune pensiline sulle pareti dello
stabile. Nell’eseguire il montaggio delle pensiline l’Amalfi era salito su un
ponteggio non adeguatamente fissato e da questo era precipitato riportando
lesioni personali.
Per il primo giudice il fatto doveva ascriversi al solo Varriale, il quale aveva
realizzato, sia pure su incarico del Boccia, la grossolana impalcatura poi crollata.
Il Boccia era stato ritenuto privo di responsabilità sia perché carente di cognizioni
tecniche circa il montaggio del ponteggio, sia perché non si era ingerito
nell’opera dell’appaltatore al quale, anzi, aveva chiesto di soprassedere nel
montaggio dell’impalcatura se fossero insorte difficoltà.

3. La Corte d’appello, per contro, ha giudicato anche il Boccia responsabile
dell’infortunio subito dall’Amalfi perché in qualità di committente aveva dato al
Varriale l’incarico di individuare un fabbro per la realizzazione ed il mont4ggio
delle pensiline in ferro e nell’esecuzione del montaggio del ponteggio il Varriale si
era conformato alle precise direttive impartitegli dal Boccia, il quale aveva
espressamente richiesto che l’impalcatura non ostruisse l’ingresso al garage.
Pertanto il Boccia si era di fatto ingerito nell’attività del lavoratore forndndo
un’attrezzatura inadeguata, aveva dettato precise istruzioni al Varriale in merito
alla predisposizione del ponteggio, prescrivendo che l’impalcatura non fosse
montata con i piedi a terra a causa della necessità di mantenere aperto il
cancello per il passaggio dei clienti ed era stato in grado di accorgersi
dell’inadeguatezza della struttura, non richiedendo ciò particolari indagini.

risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile.

4. Avverso tale decisione ricorre per cassazione Boccia Antonio a mezzo del
difensore di fiducia, avv. Armando Zottola.
Con tre motivi deduce violazione di legge in relazione all’art. 129 cod. proc.
pen. e alle norme, non meglio precisate, del d.lgs. n. 626/1994, del dAgg. n.
81/2008 (del quale però si evoca l’art. 26) e del d.p.r. n. 164/1956, in quanto la
Corte di Appello non ha confermato la sentenza di assoluzione nonostante
risultasse evidente che il Boccia non aveva commesso il fatto, non avendo questi
incaricato l’Amalfi di eseguire il lavoro né fatto installare il ponteggio in parola ed

identificarsi nel datore di lavoro committente, tale essendo il Varriale e non si
ingerì nei lavori e segnatamente nella decisione relativa all’installazione *e alle
modalità di montaggio dell’impalcatura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Il ricorso è infondato.
5.1. Per la massima parte esso svolge reiterate affermazioni in ordine a
circostanze di fatto (l’essere stato il Varriale a commissionare all’Amalfi i lavori;
l’essere rimasto il Boccia estraneo alla installazione dell’impalcatura, salvo. dare
ordine di soprassiedere alla stessa), lamentando che esse non siano *state
ritenute dalla Corte di Appello, senza tuttavia neppure indicare quale sarebbe
stato il vizio che avrebbe condotto il giudice di secondo grado alla erronea
conclusione. Solo formalmente, quindi, il ricorso prospetta violazioni di legge.
Orbene, vale ricordare che compito di questa Corte non è quello di ripétere
l’esperienza conoscitiva del Giudice di merito, bensì quello di verificare se il
ricorrente sia riuscito a dimostrare, in questa sede di legittimità, l’incompiutezza
strutturale della motivazione della Corte di merito; incompiutezza che derivi dalla
presenza di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole della
logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli appartenenti
alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze tra loro
ovvero dal non aver il decidente tenuto presente fatti decisivi, di rilievo
dirompente dell’equilibrio della decisione impugnata, oppure dall’aver assunto
dati inconciliabili con “atti del processo”, specificamente indicati dal ricorrente e
che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o dimostrativa tale che la
loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto, determinando al
suo interno radicali incompatibilità cosi da vanificare o da rendere
manifestamente incongrua la motivazione (Cass. Sez. 2, n. 13994 del
23/03/2006, P.M. in proc. Napoli, Rv. 233460; Cass. Sez. 1, n. 20370 del
20/04/2006, Simonetti ed altri, Rv. 233778; Cass. Sez. 2, n. 19584 del
05/05/2006, Capri ed altri, Rv. 233775; Cass. Sez. 6, n. 38698 del 26/09/2006,
imp. Moschetti ed altri, Rv. 234989).

3

anzi avendo dato istruzione di non montare l’impalcatura. Il Boccia non è da

5.2. Calando tali premesse nel caso che occupa, si rileva che la Corte di
Appello ha affermato che il Boccia chiese al Varriale di individuare un fabbro al
quale affidare l’incarico di realizzare ed installare delle pensiline in ferro; né vi è
dubbio che al Boccia facesse capo l’interesse all’esecuzione dell’opera. Tali
circostanze di fatto non possono essere ignorate o superate da questa Corte.
Orbene, partendo da tale presupposto fattuale occorre rammentare che
nell’ambito dei cantieri temporanei o mobili, ai quali certamente accede quello

l’intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti
della sua realizzazione [così l’art. 2 d.lgs. n. 494/1996, al quale occorre fare
riferimento ratione temporis, ed ora l’art. 89 lett. b) d.lgs. n. 81/2008]. Non vi è
pertanto dubbio alcuno sul fatto che al Boccia, nell’occasione, compete la qualità
di committente, quale soggetto al quale fa capo l’interesse alla realizzazione
dell’opera, ai sensi e per gli effetti di cui al d.lgs. n. 494/1996.
Il committente è titolare “ex lege” di una posizione di garanzia che integra,
ed interagisce con, quella di altre figure di garanti legali (datori di lavoro,
dirigenti, preposti etc.) e, salva l’ipotesi di nomina di un responsabile dei lavori,
egli resta esonerato da responsabilità per l’infortunio che si sia verificato solo
quando questo non sia riconducibile alla violazione di uno degli obblighi che la
legislazione gli pone in capo (cfr. art. 90 d.lgs. n. 81/2008) e sempre che egli
non si sia ingerito nell’attività dell’appaltatore o del lavoratore autonomo: al
proposito si è affermato che il contratto d’appalto determina il trasferimento dal
committente all’appaltatore della responsabilità nell’esecuzione dei lavori, salvo
che lo stesso committente assuma una partecipazione attiva nella conduzione e
realizzazione dell’opera, nel qual caso anch’egli rimane destinatario degli obblighi
assunti dall’appaltatore (Sez. 4, n. 38824 del 17/09/2008 – dep. 14/10/2008,
Raso e altri, Rv. 241063).
Ne consegue che la motivazione resa dalla Corte di Appello, che ha fatto
discendere la responsabilità del Boccia dal suo concreto ingerirsi nella
installazione dell’impalcatura, rispetto alla quale egli diede disposizioni che
furono alla base della sua precarietà (affermazione che attiene al merito e che
non può essere quindi ribaltata da questa Corte), è del tutto in linea con i
principi appena rammentati; e si sottrae quindi a censure sollevabili in questa
sede.

6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato
al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

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nel quale si verificò l’infortunio, il committente è colui per conto del quale

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11/11/2014.

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