Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43647 del 17/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 43647 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: PALLA STEFANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SACCUCCI FALIERO N. IL 30/08/1953
avverso la sentenza n. 4937/2004 CORTE APPELLO di ROMA, del
11/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;

Data Udienza: 17/06/2013

Saccucci Faliero ricorre avverso la sentenza 11.4.12 della Corte di appello di Roma che ha
confermato quella in data 18.2.04 del G.i.p. di Cassino, emessa a seguito di giudizio abbreviato, con
la quale è stato condannato, per il reato di bancarotta fraudolenta, concesse le attenuanti ex artt.219,
u.co., 1.fall. e 62-bis c.p., alla pena di anni uno e mesi due di reclusione.
Deduce il ricorrente, con i primi due motivi, violazione dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p.

ragione del novellato art.1 della legge fallimentare, non rientrando nei parametri da detta norma
previsti per essere dichiarato fallito.
Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art.606, comma 1, lett.e) c.p.p. per mancanza di
motivazione in ordine alle questioni poste con i motivi di gravame e relative sia al controllo della
Guardia di finanza che aveva accompagnato per un lunghissimo arco di tempo l’attività della
CIDAS s.r.1., sia alla circostanza dell’incendio in cui erano andate distrutte le scritture contabili.
Con il quarto motivo si censura il mancato contenimento nel minimo della pena.
Osserva la Corte che il ricorso, meramente reiterativo delle doglianze già formulate con l’atto di
appello e puntualmente disattese, deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza,
avendo i giudici di merito compiutamente evidenziato, con una motivazione in fatto che si sottrae a
censure in questa sede perché non viziata logicamente, come l’imputato stesso abbia sostenuto che
le scritture contabili della fallita si trovavano nella sala da pranzo dell’abitazione, mentre era
rimasto accertato che l’incendio aveva interessato solo la camera da letto, per cui non poteva
considerarsi veridico l’assunto di una loro accidentale distruzione.
Manifestamente infondati sono i primi due motivi di ricorso, dal momento che il giudice penale
investito del giudizio relativo a reati di bancarotta ex artt.216 ss. 1.fall., non può, per consolidata
giurisprudenza di legittimità, sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto al presupposto
oggettivo dello stato di insolvenza dell’impresa e ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni
previste per la fallibilità dell’imprenditore (Cass., sez.V, 8 gennaio 2009, n.9279; Sez.un., 28
febbraio 2008, n.19601, Niccoli).

per non avere la Corte di merito considerato che il Saccucci non poteva essere ritenuto punibile in

Infine, del tutto generico è l’ultimo motivo, in ordine al quale peraltro la Corte romana ha
evidenziato la congruità della pena, irrogata in misura ‘modestissima’, in rapporto ai criteri indicati
nell’art.133 c.p.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 17 giugno 2013

€ 1.000,00.

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