Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43641 del 24/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 43641 Anno 2015
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SALA MYSLIM N. IL 07/10/1965
avverso la sentenza n. 32/2013 GIUDICE DI PACE di
CASTROVILLARI, del 07/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 24/04/2015

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, Dott.Ciro Angelillis, che ha concluso per il rigetto del ricorso
udito il difensore dell’imputato, avv. Pietro Di Taranto, in sostituzione
dell’avv. Mimmo Manfredi che ha concluso riportandosi al ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 7.5.2013 il Giudice di Pace di Castrovillari
condannava Sala Myslim alla pena di euro 150 di multa, per i reati di
cui agli artt. 594 e 612 c.p. in danno di Marangi Martino, perché

minacciandolo di un male ingiusto, proferendo le seguenti frasi:

“stai

attento che il prossimo mese te la faccio pagare”.
2. Avverso tale sentenza l’imputato, a mezzo del suo difensore, ha
proposto ricorso, affidato a due motivi, con i quali lamenta:
-con il primo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606, primo
comma, lett. b) ed e) c.p.p., atteso che la sentenza impugnata
presenta una motivazione fortemente lacunosa, oltre che contraddittoria
in merito alla responsabilità del ricorrente, fondandosi su una
valutazione distorta delle dichiarazioni della p.o., che, comunque, non
sono state considerate con il necessario rigore, essendo state svalutate
dalle testimonianze degli altri testi escussi; risulta dimostrata la
circostanza che la vicenda si inserisce in un contesto nel quale il Sala
da tempo si lamentava dei rumori molesti notturni perpetrati dal
Marangi e chiedeva l’intervento della P.G., ma di tale situazione non vi
è un accenno in motivazione;
-con il secondo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all’art. 606, primo
comma, lett. e) c.p.p. per contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione, con violazione del favor rei e del principio della condanna
dal di là di ogni ragionevole dubbio, risultando la motivazione della
sentenza del tutto avulsa dalle risultanze processuali; in particolare, la
testimonianza dell’ispettore di polizia Roberti ha sconfessato del tutto la
credibilità del Marangi, ma di ciò il primo giudice ha omesso ogni
valutazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per plurimi profili.
1.Va in linea generale evidenziato che il ricorrente in più punti del
ricorso denuncia travisamenti delle dichiarazioni della p.o. e del teste
l’ispettore di polizia Roberti, in evidente violazione della regola
dell’autosufficienza del ricorso. Ed invero, secondo i principi più volte
affermati dalla giurisprudenza di legittimità civile e penale, quando la

1

offendeva l’onore e il decoro del predetto, sputandolo al volto e

doglianza abbia riguardo a specifici atti processuali, la cui compiuta
valutazione si assume essere stata omessa o travisata, è onere del
ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa
trascrizione nel corpo del ricorso od allegazione ad esso degli atti
specificamente indicati, posto che anche in sede penale deve ritenersi
precluso alla Corte l’esame diretto degli atti del processo (Sez. II,
11/10/2013, n. 934).
2. In ogni caso, deve rilevarsi come in entrambi i motivi di ricorso il

valutazione del compendio probatorio da parte di questo giudice di
legittimità, su cui il Giudice di Pace si è espresso con valutazioni logiche
e pertinenti, all’esito di una completa disamina delle prove. Compito di
questa Corte non è quello di ripetere l’esperienza conoscitiva del Giudice
di merito, bensì quello di verificare se il ricorrente sia riuscito a
dimostrare, in questa sede di legittimità, l’incompiutezza strutturale
della motivazione del giudice di merito; incompiutezza che derivi dal
non aver tenuto presente

fatti decisivi, di rilievo dirompente

dell’equilibrio della decisione impugnata.
3. Nel caso di specie, il Giudice di Pace, con ragionamento logico,
immune da censure, ha fondato gli elementi di responsabilità a carico
dell’imputato innanzitutto sulla ricostruzione dei fatti fornita dalla p.o.
Marangi Martino, che è stata ritenuta puntuale, laddove ha evidenziato
che in data 31.03.13, mentre usciva dalla propria abitazione,
sovrastante quella di Sala Myslim, ebbe ad incontrare sul pianerottolo
l’imputato, il quale proferiva al suo indirizzo le frasi

trascritte in

imputazione. Tale racconto è stato ritenuto dal giudice di merito lineare
e privo di enfasi, avendo già il Marangí riferito di condotte aggressive
avute dall’imputato per assunti rumori notturni, tanto che in data
23.03.13 costui aggrediva

il proprio figlio, Marangi Giuseppe, cui

seguiva l’intervento della Polizia. Dunque, la puntualità e la precisione
delle accuse che Marangi Martino, non costituitosi parte civile, ha rivolto
all’imputato, i riscontri emersi in sede dibattimentale in ordine a
discussioni e lamentele relative agli assunti rumori molesti provenienti
dalla sua abitazione, nonché all’intervento delle forze dell’ordine (cfr.
testi Marangi Giuseppe e Roberti Cosimo) hanno indotto il G.di P. a
ritenere l’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio responsabile dei
reati ascrittigli.
4. Tale valutazione fa corretta applicazione dei principi affermati da
questa Corte, secondo cui le regole dettate dall’art. 192, comma 3,

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ricorrente sollecita inammissibilmente una nuova e più favorevole

cod. proc. pen. non trovano applicazione relativamente alle dichiarazioni
della parte offesa: queste ultime possono essere legittimamente poste
da sole a base dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato,
previa verifica, corredata da idonea motivazione, della loro credibilità
soggettiva e dell’attendibilità intrinseca del racconto (cfr. ex multis e tra
le più recenti Sez. 4, n. 44644 del 18/10/2011, F., Rv. 251661; Sez. 3,
n.28913 del 03/05/2011, C., Rv. 251075; Sez. 3, n. 1818 del 03/12/
2010, dep.2011, L. C., Rv. 249136; Sez. 6, n. 27322 del 14/04/2008,

Peraltro la

valutazione della credibilità della persona offesa

rappresenta una questione di fatto, che non può essere rivalutata in
sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste
contraddizioni (Sez. I, n. 33267 del 11.6.2013), che come detto, non si
ravvisano nella fattispecie in esame.
5. Nel caso dì specie, la sentenza impugnata appare completa nella
valutazione degli elementi a carico dell’imputato, risultando considerata
sia l’attendibilità intrinseca della p.o. -essendo credibili ed attendibili le
dichiarazioni rese, aventi ad oggetto fatti di diretta cognizione e
specifica conoscenza, non svalutati da ulteriori emergenze processuali-,
sia quella estrinseca, evidenziando il giudice di merito come la versione
dei fatti del Marangi risulti corroborata da vari elementi di riscontro (cfr.
testi Marangi Giuseppe e Roberti Cosimo).
6.Per quanto concerne, poi, le dichiarazioni dell’ispettore Roberti che
avrebbero depotenziato le dichiarazioni della p.o.- a prescindere dalla
inammissibilità della deduzione, siccome proposta in violazione della
regola dell’autosufficienza, come detto, – essa risulta del tutto generica,
non risultando evidenziato, al di là di vaghe deduzioni, in quale punto
esattamente esse avrebbero inciso sulle dichiarazioni del Marangi.
7. La sentenza impugnata, poi, contrariamente a quanto sostenuto
dal ricorrente, ha contestualizzato i fatti oggetto di giudizio, analizzando
senza illogicità l’aspetto relativo a motivi di attrito tra l’imputato e la
p.o., ritenendo che í contrasti tra i due non inficiassero l’attendibilità del
propalante, in assenza di elementi deponenti in tal senso ed, anzi, i
rapporti tesi della p.o. con il querelato all’insegna dell’inimicizia, lungi
dal dover necessariamente smascherare un intento calunnioso del
querelante, fosse idoneo a rendere maggiormente credibile il suo
racconto, potendo rappresentare proprio il movente delle offese e
minacce.

3

De Ritis, Rv.240524).

8.Per quanto concerne, infine, il mancato rispetto nella sentenza
impugnata della regola di giudizio dell’ “al di là di ogni ragionevole
dubbio” è sufficiente richiamare i principi più volte espressi da questa
Corte, secondo cui tale regola impone di pronunciare condanna quando
il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto eventualità remote, pur
astrattamente formulabili e prospettabili come possibili “in rerum
natura”, ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta,
risulti priva del benché minimo riscontro nelle emergenze processuali,

razionalità umana (Sez. 2, n. 2548 del 19/12/2014). Nel caso di specie
neppure risultano allegate o comunque emergenti dagli atti, ipotesi
alternative rispetto a quelle evincibili dalla versione dei fatti resa dalla
p.o. ritenuta del tutto attendibile.
9. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, trattandosi di
causa di inammissibilità riconducibile a colpa del ricorrente (Corte
Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, a favore
della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e
congruo determinare in Euro 1000,00, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

p.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24.4.2015

ponendosi al di fuori dell’ordine naturale delle cose e della normale

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