Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4364 del 12/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 4364 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Arcadi Pietro, nato a Messina il 14/04/1945

avverso la sentenza del 21/01/2011 del Tribunale di Messina R.G. 18/2010
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Giuseppe De Marzo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Maria Giuseppina
Fodaroni, che ha concluso per il rigetto del ricorso
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 21/01/2011, il Tribunale di Messina ha confermato la decisione del
Giudice di pace di Messina, il quale aveva affermato la responsabilità di Pietro Arcadi in
ordine al reato di cui all’art. 595 cod. pen., perché aveva offeso la reputazione di Pietro
Rosario Giordano, affiggendo in data 05/09/2007 nell’atrio del condominio “La Gardenia” un
avviso di imminente distacco della fornitura idrica ad opera dell’AMAM, a seguito della
presunta “persistenza del debito” di alcuni condomini espressamente indicati, tra i quali lo
stesso Giordano.
1.1. Il Tribunale, per un verso, ha sottolineato che era persino dubbia la fondatezza della
totale richiesta del saldo nei confronti del Giordano, il quale aveva preso in locazione
l’appartamento, quando già era maturata una parte del debito; per altro verso, ha rilevato,
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Data Udienza: 12/12/2012

richiamando la sentenza n. 716 del 2008 di questa Corte, che la condotta dell’amministratore
non poteva ritenersi scriminata ai sensi dell’art. 51 cod. pen. dal momento che egli aveva
affisso l’awiso sulla porta dell’ascensore del palazzo, in tal modo operando una
comunicazione percepibile da chiunque avesse frequentato l’immobile e che andava perciò al
di là dell’ambito di potenziale interesse della notizia.
Il Tribunale ha escluso che l’Arcadi sarebbe stato costretto a tale comportamento, per la
stringente necessità dì informare i condomini del rischio di imminente distacco
dell’erogazione idrica, nell’impossibilità di convocare l’assemblea o di inviare delle missive,

convocata l’assemblea da almeno tre anni e che l’Arcadi era a conoscenza da tempo di una
situazione debitoria nei confronti dell’AMAM.
Quanto al profilo legato all’elemento psicologico, il Tribunale, dopo avere ricordato che nel
reato di diffamazione il dolo dell’agente è generico, ha rilevato che, alla stregua
dell’oggettivo significato delle espressioni adoperate e del silenzio serbato per lungo tempo
dall’amministratore sulla richiesta del Giordano di addebitargli solo i consumi a lui
effettivamente riconducibili, era evidente l’intento di sottoporre ad una “pubblica gogna”
coloro che non avevano pagato le quote.
2. Nell’interesse dell’Arcadi viene proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., violazione degli art.
595 e 51 cod. pen., dal momento che nel condominio non esisteva una sala riunioni e che
comunque non era quella la sede più adatta per poter diffondere tra i condomini interessati
una comunicazione urgente. In definitiva, l’amministratore, avendo appreso a seguito della
comunicazione del 04/09/2007 ad opera dell’AMAM, che il fornitore del servizio idrico
intendeva procedere entro quarantotto ore all’interruzione dello stesso, aveva perseguito
non lo scopo di diffamare, ma quello di scongiurare un evento altrimenti non evitabile.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., violazione
dell’art. 42 cod. pen., per assenza di dolo, dal momento che l’amministratore non era
animato dalla volontà di utilizzare frasi offensive, ma solo dalla necessità di informare
tempestivamente i condomini dell’imminente interruzione del servizio idrico.
CONSIDERATO IN DIRMO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Va premesso che, secondo quanto già affermato da questa Corte (Sez. 5, n. 35543 del
18/09/2007, Donato, Rv. 237728), integra il delitto di diffamazione il comunicato, redatto
all’esito di un’assemblea condominiale, con il quale alcuni condomini siano indicati come
morosi nel pagamento delle quote condominiali e vengano conseguentemente esclusi dalla
fruizione di alcuni servizi, qualora esso sia affisso in un luogo accessibile – non già ai soli
condomini dell’edificio per i quali può sussistere un interesse giuridicamente apprezzabile alla
conoscenza di tali fatti – ma ad un numero indeterminato di altri soggetti.

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dal momento che era emerso dall’istruttoria espletata in primo grado che non veniva

Nella specie, il ricorso reitera le difese già disattese con puntuale motivazione dal giudice di
merito, non contestando il fondamento obiettivo della conclusione raggiunta dalla sentenza
Impugnata, secondo cui l’amministratore era da tempo a conoscenza della situazione di
morosità verso l’AMAM, con la conseguenza che ben avrebbe potuto assumere tempestive
iniziative di recupero e di risoluzione del contenzioso con il Giordano.
L’esattezza del percorso argomentativi è confermata dal rilievo che, se davvero la
prospettiva dell’amministratore fosse stata quella dell’informazione celere rispetto
all’imminente interruzione del servizio, attraverso modalità comunicative potenzialmente

dell’informazione a tale esigenza, evitando di menzionare anche l’identità dei condomini
morosi.
2. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Sez. 5, n. 7597 del
11/05/1999, Beni Riboli, Rv. 213631), in tema di delitti contro l’onore, non è richiesta la
presenza di un animus bilunandi vel diffamand4 ma appare sufficiente il dolo generico, che
può anche assumere la forma del dolo eventuale, in quanto basta che l’agente,
consapevolmente, faccia uso di parole ed espressioni socialmente interpretabili come
offensive, ossia adoperate in base al significato che esse vengono oggettivamente ad
assumere, senza un diretto riferimento alle intenzioni dell’agente.
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma il 12/12/2012

Il Componente estensore

Il Presidente

percepibili da terzi estranei al condominio, egli avrebbe dovuto calibrare il contenuto

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