Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4364 del 11/11/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4364 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POSCARINI ROBERTO N. IL 20/11/1970
avverso la sentenza n. 248/2011 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
25/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 3.5,1iC J14 nAA ■Qa
che ha concluso per c.’ft

Udito, per la pa

l’Avv

Udit • affensor Avv.

4

Data Udienza: 11/11/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Bolognp ha
confermato quella emessa dal Tribunale di Ravenna, con la quale all’esito di rito
abbreviato Poscarini Roberto era stato giudicato responsabile del delitto di cui
all’art. 589, co. 2 cod. pen. e del reato di cui all’art. 186, co., 2 lett. c) Cod. str.,
ritenuti formalmente concorrenti, e condannato, all’esito della diminuente per il
rito, alla pena di anni quattro di reclusione, previa concessione delle attenuanti
generiche e di quella del risarcimento del danno.

si era posto in stato di ebbrezza (tasso alcolemico pari a 2,63 g/l) alla guida di
un’autovettura Ford Fusion e stava percorrendo la strada provinciale 8 “Naviglio”
quando invadeva l’opposta corsia di marcia andando a collidere frontalmente con
l’autovettura Toyota Carina condotta da Babini Antonio, proveniente in senso
contrario. A causa dell’impatto il Babini riportava lesioni che ne cagionavano la
morte immediata.

2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del
difensore di fiducia, avv. Giorgio Guerra.
2.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale,
per aver la Corte di Appello confermato una pena determinata sulla base della
erronea sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 589, co. 3 cod. pen., non
contestata all’imputato né con la vocatio in ius né nel corso del procedimento. Il
giudice di secondo grado ha ritenuto che il p.m. fosse incorso in un mero errore
materiale indicando nella contestazione il secondo comma dell’art. 589 cod..pen.
ma per il ricorrente nel corpo della contestazione non si rinviene alcun
riferimento al fatto che l’imputato abbia causato la morte del Babini guidando
l’autovettura in stato di ebbrezza alcolica, essendo contestata una guida
genericamente imprudente. Ciò nonostante la pena base è stata determinata in
anni otto di reclusione, laddove per l’ipotesi di cui al secondo comma dell’art.
589 cod. pen. la pena prevista va da due a sette anni di reclusione.
L’esponente rimarca, inoltre, che l’ipotesi di cui menzionato terzo comma
risulta integrata quando la guida in stato di ebbrezza abbia svolto un ruolo
causale nella determinazione dell’evento morte; e ciò non risulta contestato.
Con un ulteriore motivo censura che la Corte di Appello abbia ritenuto
congrua l’applicazione di una pena di otto anni di reclusione in ragione di un
precedente specifico che consiste in un reato risalente a dieci anni prima, per il
quale è intervenuta estinzione ai sensi dell’art. 445 cod. proc. pen.

2

Secondo l’accertamento condotto nei gradi di merito il 6.9.2008, il Poscarini

Soltanto assertiva è poi la sentenza laddove ritiene adeguate e congrue le
limitate riduzioni di pena sull’assunto che il risarcimento del danno non evidenzia
una particolare commendevolezza dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato, nei termini di seguito precisati.
3.1. Nel replicare alla censura mossa alla sentenza di primo grado per
violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., la Corte di Appello ha affermato che la
contestazione indica che lo stato di ebbrezza ha avuto un’efficienza causale nella

indicare tra gli articoli di legge le cui prescrizioni sarebbero state violate dal
Poscarini l’art. 186, co. 2 lett. c) Cod. str. Tuttavia il fraintendimento nel quale è
caduta la Corte distrettuale non ha effetto alcuno. Infatti, va rilevato che insieme
all’omicidio colposo all’imputato era stata contestata anche la contravvenzione di
cui all’art. 186, co. 2 lett. c) Cod. str., come commessa nella medesima data e
nel medesimo luogo del concorrente reato. Non vi poteva essere quindi alcun
dubbio circa il fatto che al Poscarini fosse ascritto di aver guidato in stato di
ebbrezza nelle circostanze di tempo e di luogo in cui cagionò la morte del Babini;
e pertanto alcun pregiudizio ne è potuto venire al diritto di difesa dell’imputato
(pregiudizio, peraltro, che neppure l’esponente dettaglia).
A diversa conclusione si sarebbe pervenuti se lo stato di ebbrezza fosse
previsto dall’art. 589, co. 3 cod. pen. come fattore causale dell’evento, perché in
tal caso la contestazione non avrebbe potuto omettere il riferimento
all’antecedente causale (ferma restando la necessità di verificare, prima di
concludere per la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., se il diritto di difesa
non fosse stato comunque altrimenti garantito).
Ma la fattispecie aggravante in parola si incentra sulla commissione del fatto
“con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale”; violazione
che assume quindi chiaramente un ruolo causale. Nonché sulla particolare
condizione del soggetto attivo, che deve essere – per quel che qui rileva “soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’art. 186, comma 2 lett. c)”
Cod. str. Condizione soggettiva che non è richiesto abbia valenza eziologica
(spunti in tal senso già in Sez. 4, n. 35665 del 19/06/2007 Ud. – dep.
28/09/2007 – Rv. 237453); e che non per questo investe la previsione del
sospetto di illegittimità costituzionale – come adombra l’esponente -, stante la
non manifesta irragionevolezza della valutazione di maggiore riprorevolezza della
colpa di colui si pone in condizioni che, incidendo negativamente sulla capacità
di autodeterminazione e sul livello di attenzione, pur trattandosi di soggetto
gravato da obbligo di garanzia per la tutela degli utenti della strada, possono

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produzione dell’evento; ciò non corrisponde al vero. L’imputazione si limita ad

creare maggiori possibilità ed occasioni di incidenti (così, in motivazione, ancora
Sez. 4, n. 35665 del 19/06/2007 Ud. – dep. 28/09/2007 – Rv. 237453).

3.2. Parimenti infondati risultano i rilievi avanzati a riguardo della
motivazione resa in merito al trattamento sanzionatorio.
Del tutto legittima è la considerazione in chiave negativa di un fatto-reato
che risulti estinto ai sensi dell’art. 445 cod. proc. pen. L’estinzione incide
sull’ente reato ma non sul fatto storico, che può ben essere apprezzato ai sensi
dell’art. 133 cod. pen. (cfr., tra le altre, Sez. 5, n. 39473 del 13/06/2013 – dep.

circostanze attenuanti generiche il giudice, alla luce dei criteri di determinazione
della pena di cui all’art. 133 cod. pen., può considerare i precedenti giudiziari,
ancorché non definitivi, e, pertanto, a maggior ragione può tener conto dei reati
estinti). Peraltro la Corte di Appello ha reso sul punto congrua motivazione.
Quanto alla misura delle diminuzioni per le concesse attenuanti, al •gli là
della limitata ampiezza dell’onere motivazionale in materia, che lo rende
adempiuto anche solo in presenza di formule quali “si stima congrua…” (cfr. ex
multis, Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998 – dep. 04/08/1998, Urrata S e altri, Rv.
211583), mette conto rilevare come la Corte di Appello abbia fatto riferimento
non solo al fatto che, essendo stato risarcito il danno dalla società assicuratrice,
il dato non esprime ‘particolare commendevolezza’, ma abbia richiamato – e ciò
appare risolutivo – anche il fatto che l’imputato aveva intrapreso un percorso di
recupero dalla dipendenza da alcol soltanto dopo il tragico evento, manifestedo
in tal modo di aver diversamente deciso per il tempo anteriore: come a dire di
aver avuto la possibilità di sottrarsi alla dipendenza o alla tendenza a far uso di
sostanze alcoliche, decidendo di non attivarla.
Trattasi di motivazione che non risulta né incompiuta né manifestamente
illogica.

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato
al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11/11/2014.

24/09/2013, Paderni, Rv. 257200, per la quale, ai fini dell’applicabilità delle

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