Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43615 del 02/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 43615 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DUBOLINO PIETRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FIRPO FABIO N. IL 18/04/1973
avverso la sentenza n. 1839/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
25/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIETRO DUBOLINO;

Data Udienza: 02/05/2013

CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che il ricorso va dichiarato inammissibile per assoluto ed evidente difetto di
specificità dei motivi, consistendo gli stessi nella pura e semplice affermazione sopra
riportata, del tutto priva di qualsivoglia supporto argomentativo, a fronte, peraltro, di
una motivazione come è quella sulla quale si fonda la decisione impugnata,
caratterizzata dalla puntuale e dettagliata ricostruzione della vicenda e dalla precisa
indicazione degli elementi di prova dei reati dei quali l’imputato è stato ritenuto
responsabile, ponendosi in luce, in particolare, che le espressioni minacciose ed
ingiuriose a lui attribuite risultavano pronunciate, secondo quanto attestato nel
verbale di arresto, in presenza degli stessi carabinieri che erano intervenuti sul posto;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo
di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo
stimasi equo fissare in euro mille;
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla cassa
delle ammende.
Così decís( n • o a, il 2 maggio 2013
Il Ps d nte
L’ e sor

RILEVATO IN FATTO:
– che con l’impugnata sentenza la corte d’appello di Torino, giudicando su gravame
proposto nell’interesse di FIRPO Fabio, condannato in primo grado alla pena ritenuta
di giustizia siccome ritenuto responsabile di tentata estorsione in danno di tali
Uyiekpen Osadolor Taiye e Ehisemen Felix, riqualificò il fatto come integrativo dei
reati di minaccia grave ed ingiurie, uniti per continuazione e, per l’effetto, ridusse la
pena a mesi quattro di reclusione;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa
dell’imputato, denunciando inosservanza dell’art. 129 c.p.p., dovuta al fatto che — si
afferma — “allo stato degli atti non risultano elementi sufficienti ed idonei a
giustificare un giudizio di addebitabilità degli episodi contestati al sottoscritto”;

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