Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4361 del 21/10/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4361 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
OTTINO GIANPIERO N. IL 12/03/1955
avverso la sentenza n. 2922/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del
11/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per d ft ,t(f),
att

Udito, per la arte civile, l’Avv
Uditi difen Avv.

Data Udienza: 21/10/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Genova ha
confermato quella emessa dal Tribunale di Savona, sezione distaccata di
Albenga, con la quale Ottino Gianpiero è stato ritenuto responsabile
dell’infortunio occorso al lavoratore Oddone Matteo, che dal medesimo aveva
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una malattia guarita in un tempo supenre a quaranta giorni.
Secondo l’accertamento condotto nei gradi di merito e non controverso, il
7.8.2006 l’Oddone era stato comandato dal caporeparto Porro ad eseguire dei

Piaggio Aero Industries s.p.a., del quale l’Ottino era dirigente e responsabile
della sicurezza, quando era precipitato da un lucernaio piano ricoperto con
vetroresina, riportando la frattura-lussazione del polso sinistro, che esitava nella
malattia sopra descritta.
All’Ottino è stato ascritto di non aver posto in essere misure idonee ad
evitare la precipitazione del lavoratore dal lucernaio.

2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del
difensore di fiducia, avv. Corrado Pagano.
2.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 4
d.lgs. n. 626/1994, che la Corte di Appello non avrebbe correttamente
interpretato, giacché da tale norma si ricava che nel caso in cui si verifichi un
infortunio sul lavoro la responsabilità andrà attribuita a chi in concreto avrebbe
dovuto tenere la condotta impeditiva dell’evento e non a tutti indistintamente i
soggetti cui la legge attribuisce compiti in materia di sicurezza. Nella specie, tale
responsabilità avrebbe dovuto essere posta in capo al caporeparto Porro.
2.2.

Con un secondo motivo si lamenta violazione di legge e vizio

motivazionale in relazione all’omessa inflizione della sola pena pecuniaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. In via preliminare va rilevato che il reato per cui si procede non è estinto
per prescrizione. Commesso il 7.8.2006, il termine massimo di prescrizione
risulta decorso con lo spirare del 7.2.2014; risultano però sospensioni del
menzionato termine che lo fanno slittare al 23.10.2014.
4. Il ricorso è infondato.
Invero, appare del tutto corretta l’argomentazione della Corte di Appello
che, in replica a rilievo difensivo del tutto corrispondente a quello avanzato con il
ricorso, ha evidenziato come sull’Ottino, nella qualità di dirigente e di
responsabile della sicurezza, gravasse l’obbligo di dotare di opportuna protezione
il lucernaitio del tetto, essendo prevedibile che i lavoratori vi si potessero recare
per svolgere le loro mansioni ed essendo tali lucernari non calpestabili:

2

lavori sul tetto del reparto ‘Galvanica’ dello stabilimento di Finale Ligure della

l’adempimento di tale obbligo, infatti, presupponeva un controllo sulle strutture
che prescindeva dal vigilare sulle singole operazioni del lavoro quotidiano.
Costituisce principio del tutto consolidato che, in materia di prevenzione degli
infortuni sul lavoro, il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, ha
tanto l’obbligo di predisporre le misure antinfortunistiche che quello di
sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e
dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all’art. 2087
cod. civ., egli è costituito garante dell’incolumità fisica dei prestatori di lavoro

231370). E’ quindi irrilevante che l’imputato non fosse a conoscenza che il
7.8.2006 il Porro avesse comandato l’Oddone ad eseguire lavori sul tetto, così
come è irrilevante che anche a questi, per aver disposto i lavori, competesse di
assumere i provvedimenti necessari all’esecuzione dei lavori in sicurezza. Né in
tal modo si lascia emergere una responsabilità per fatto altrui, poiché all’Ottino
risulta ascritta la violazione di un obbligo che gli era proprio e che, ove
adempiuto, avrebbe evitato il prodursi dell’infortunio.

5. Manifestamente infondato é l’ulteriore motivo attinente alla mancata
inflizione di pena pecuniaria in luogo di quella detentiva: la Corte di Appello ha
motivato il rigetto della richiesta difensiva facendo riferimento tanto alla
insufficienza allo scopo dell’incensuratezza dell’imputato, quanto alla irrilevanza
della colpa medica che per l’appellante aveva aggravato le lesioni, rilevando
come l’omissione ascritta all’imputato avesse posto in grave pericolo la vita
stessa del lavoratore.
La scelta tra pena detentiva e pena pecuniaria, nel caso di pene
alternativamente previste, risponde comunque ai fini ai quali sono informati i
criteri di cui all’art. 133 cod. pen. Ne deriva che il giudice, nell’esercizio del
potere di scelta, ha l’obbligo di indicare le ragioni che lo inducano ad infliggere la
pena detentiva (in tal senso già Sez. 4, n. 3280 del 15/01/1979 – dep.
30/03/1979, Candito, Rv. 141654). Il sindacato di legittimità su tale motivazione
non può che essere limitato ai vizi previsti dall’art. 606, co. 1 lett. e) cod. proc.
pen.
Nel caso che occupa é da escludersi che sia manifestamente illogica la
valorizzazione del pericolo alla vita alla quale la condotta dell’imputato ha
esposto il lavoratore, tenuto conto della inerenza della circostanza alla gravità
del fatto. Non compete a questa Corte riformulare il giudizio di merito in ordine
alla pena congrua, svolgendo in altro modo la valutazione dell’incidenza di una
colpa medica che, peraltro, neppure nel ricorso si assume essere stata accertata
in sede giudiziaria o transattiva.

3

(cfr. Sez. 4, n. 20595 del 12/04/2005 – dep. 01/06/2005, Castellani ed altro, Rv.

6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato
al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21/10/2014.

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