Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43586 del 14/10/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 43586 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RENESTO PIER GIORGIO N. IL 23/11/1944
avverso la sentenza n. 9325/2014 GIP TRIBUNALE di MILANO, del
25/11/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CLAUDIO D’ISA;

Data Udienza: 14/10/2015

1. L’imputato RENESTO PIER GIORGIO ricorre per cassazione contro la sentenza
di applicazione concordata della pena in epigrafe indicata, deducendo carenza di
motivazione della medesima in ordine all’insussistenza di una delle “cause di non
punibilità” di cui all’articolo 129 c.p.p..
2. Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposto
per motivi manifestamente infondati e, ex articolo 591, comma 1, lettera c),
c.p.p., perché i motivi sono privi del requisito della specificità, consistendo nella
generica esposizione della doglianza senza alcun contenuto di effettiva critica alla
decisione impugnata.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27
settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della
medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché
succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti
(la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del
fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la
congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena
ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che
non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo
129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di
cui all’articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica
motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta
la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una
pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata.
Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il
giudice decide, invero, sulla base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a
valutare se sussistano le anzidette cause di proscioglimento soltanto se le stesse
preesistano alla richiesta e siano desumibili dagli atti medesimi.
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo,
proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’articolo 129 c.p.p.,
senza precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto
essere applicata nel momento del giudizio.
La pena – come si è detto – è stata applicata nella misura richiesta e la
valutazione in ordine alla congruità della medesima risulta effettuata, con la
declaratoria della correttezza della qualificazione del fatto.
3. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa
delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro
1500,00 (millecinquecento/00) a titolo di sanzione pecuniaria.
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle
ammende della somma di euro 1500,00 (millecinquecento/00).

Così deciso in Roma

,

osserva

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