Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4358 del 21/10/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4358 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PICCIOTTA GIUSEPPE N. IL 27/01/1964
avverso la sentenza n. 2367/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
17/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. bitx5
che ha concluso per 2,`,,,,,~i-vuto Art,” Aki_

Udito, per 1a part civile, l’Avv
Uditi dife r Avv.

Data Udienza: 21/10/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Napoli ha
confermato quella emessa dal Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in
data 02/04/2008 nei confronti di Picciotta Giuseppe, che pertanto è stato
ritenuto responsabile di detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente del
tipo cocaina, confezionata in due involucri di carta cellofanata, del peso
complessivo di 20,10 grammi e con una concentrazione di principio attivo pari al
50,5 percento per complessivi 66,5 dosi medie singole.

era stato trovato in possesso non può essere considerato correlato ad un
consumo personale dell’imputato in termini di immediatezza. Anche le particolari
modalità di occultamento, rappresentate dalla dislocazione di un piccolo
quantitativo di cocaina all’interno dell’abitacolo dell’autovettura mentre un
secondo e più consistente quantitativo era stato occultato all’interno dei bagagli,
sono state ritenute dai giudici sintomatici della destinazione illecita della
sostanza.
La Corte di appello ha altresì escluso che il fatto possa essere ricondotto al
paradigma di cui al comma quinto dell’articolo 73 T.U. Stup., in quanto le
modalità di spaccio posto in essere dall’imputato è tale da non poter qualificare
l’episodio come spaccio al dettaglio, stante l’ingente diversificato quantitativo di
droga detenuta dall’appellante, dal la quale è possibile ricavare un grande
numero di dosi ad effetto stupefacente, tale da soddisfare per lungo tempo
l’esigenza di molti tossicodipendenti.

2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione personalmente l’imputato.
2.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 192
cod. proc. pen. e vizio motivazionale. La Corte di appello di Napoli avrebbe
fornito un’apparente motivazione con riferimento alla prova della responsabilità
penale dell’imputato, sostenendo attraverso ragionamento illogico la sufficienza
del materiale probatorio ad attestare tale responsabilità.
2.2. Con un secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla
pena inflitta, che lamenta eccessiva.
La Corte di appello avrebbe elaborato una motivazione fittizia e
contraddittoria che non ha tenuto conto degli argomenti decisivi di segno
contrario portati alla sua attenzione; neppure in relazione alle attenuanti
generiche è stato soddisfatto l’obbligo di motivazione tenuto conto che i giudici
non hanno valutato criticamente tutti gli elementi disponibili, per dimostrare la
legittimità del ragionamento condotto. Si afferma che la pena inflitta all’imputato
è palesemente eccessiva, sproporzionata, tenuto conto dei criteri ai quali deve

2

Ad avviso dei giudici di merito il quantitativo di cocaina del quale l’imputato

essere informato l’esercizio del potere discrezionale nella commisurazione della
sanzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile per aspecificità.
3.1. Ai sensi dell’art. 581, co. 1 lett. c) cod. proc. pen., l’impugnazione deve
enunciare, tra gli altri, “i motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto
e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”. L’art. 591, co. 1, lett. c)
cod. proc. pen., commina la sanzione dell’inammissibilità dell’impugnazione

Come costantemente affermato da questa Corte (tra le altre, sez. 6,
30/10/2008, Arruzzoli ed altri, rv. 242129), in materia di impugnazioni,
l’indicazione di motivi generici nel ricorso, in violazione dell’art. 581 lett. c)
c.p.p., costituisce di per sè motivo di inammissibilità del proposto gravame.
3.2. Nel caso di specie, l’atto di impugnazione omette qualsivoglia
indicazione degli elementi di fatto che, sulla scorta della ricostruzione giuridica
offerta, dovrebbero rendere palest i vizi della decisione impugnata. L’intero
ricorso è una sequenza di affermazioni in diritto mutuate dalla giurisprudenza di
legittimità, senza che sia fatto alcun riferimento a profili specifici del caso in
esame. Anche quando si fa riferimento alla eccessività della pena e al diniego
delle attenuanti generiche ci si limita a formulare una lamentela senza però
indicare quale sia precisamente il vizio nel quale sarebbe incorso il giudice di
secondo grado. Proprio in riferimento alle attenuanti generiche mette conto
rimarcare che la Corte di appello ha ricordato come già il giudice di primo grado
avesse tenuto conto di tutti gli elementi favorevoli all’imputato concedendo le
circostanze attenuanti generiche ed infliggendo una pena base contenuta nei
minimi. In effetti il Picciotta è stato condannato alla pena di anni 2 mesi 8 di
reclusione ed euro 14.000 di multa, previa concessione delle attenuanti
generiche ed operata la riduzione prevista per il rito abbreviato. Sicché è palese
che la pena base è stata determinata nel minimo edittale di anni 6 di reclusione
mentre la multa è stata inflitta in misura di pochissimo superiore a tale minimo;
le attenuanti generiche sono state applicate nella massima estensione, in
particolare quanto alla pena detentiva. Il ricorso per questo secondo aspetto
quindi si appalesa anche manifestamente infondato.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in € 1.000,00, in favore
della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla
determinazione della causa di inammissibilità.

3

quando venga violato, tra gli altri, il disposto dell’art. 581 cod. proc. pen.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000,00 a favore della cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21/10/2014.

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