Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43553 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 43553 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Pupolin Cinzia, nata a Latisana il 09/12/1961
avverso la sentenza del 16/12/2013 della Corte d’appello di Trieste
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’ imputato,

Data Udienza: 02/07/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Trieste, con la sentenza in epigrafe, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Udine dell’i ottobre 2012 appellata da
Cinzia Pupolin e, in via incidentale, dal Procuratore Generale presso la Corte di
Appello di Trieste, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva,
ritenuta la continuazione tra i fatti di cui al presente procedimento e queili già
giudicati con decreto penale del G.i.p. Tribunale di Udine del 23 marzo 2012

due e giorni quindici di reclusione ed euro 650 di multa, confermando nel resto
l’impugnata decisione.
A Cinzia Pupolin si rimprovera di aver commesso il reato previsto dall’art. 2
del d.l. n. 463 del 1983 conv. in L. n. 638 del 1983 perché, nella sua qualità di
legale rappresentante dell’omonima ditta con sede in Udine, ometteva di versare
le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sue retribuzioni corrisposte ai
lavoratori dipendenti nei periodi dal luglio 2009 al gennaio 2010 per un importo
complessivo di 2.386,00 euro. Accertato in Udine il 19 maggio 2011.

2.

Per la cassazione dell’impugnata sentenza, ricorre, per mezzo del

difensore, Cinzia Pupolin, che affida il gravame a due motivi con i quali deduce:
violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. per omessa
motivazione in punto di eccepito mancato riconoscimento della continuazione tra
le condotte contestate con quelle di cui al procedimento penale conclusosi con
sentenza della Corte di appello di Trieste n. 754 del 2012 (primo motivo);
violazione di legge (art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.) per erronea
applicazione dell’art. 671 cod. proc. pen. sul rilievo che la Corte territoriale
avrebbe dovuto aumentare la pena inflitta con il decreto penale emesso dal Gip
in data 23 marzo 2012 e non rideterminare la pena inflitta in due provvedimenti
distinti e di cui uno definitivo (secondo motivo).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

I motivi di gravame, essendo tra loro connessi, possono essere

congiuntamente esaminati.
Essi sono infondati.

2. La Corte territoriale – dopo aver affermato l’impossibilità di riconoscere il
vincolo della continuazione tra i fatti di cui al presente procedimento e quelli di
cui alle sentenze della Corte d’appello di Trieste del 13 gennaio 2010 e del 14
aprile 2010, stante il lungo lasso temporale intercorso tra le violazioni,
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esecutivo il 7 luglio 2013, ha rideterminato la pena complessiva in quella di mesi

incompatibile con una programmazione unitaria contestuale – ha ritenuto
sussistente, invece, data la stretta contiguità temporale, nonché l’identità
soggettiva ed oggettiva, i presupposti di cui all’art. 81 cpv. cod. pen., per
riconoscere la esistenza del vincolo della continuazione tra fatti di cui al presente
procedimento e quelli già giudicati con Decreto Penale del G.i.p. Tribunale di
Udine del 23 marzo 2012, esecutivo il 7 luglio 2013.
La Corte distrettuale ha poi ritenuto più grave il reato concernente l’omesso
versamento dell’importo di euro 644,00 del dicembre 2009, di cui al presente

dei positivi elementi posti a fondamento della riconosciuta concessione delle
attenuanti generiche) in quella complessiva dì mesi due e giorni quindici di
reclusione ed euro 650 di multa (p.b. mesi 1 di reclusione ed euro 200 di multa
per la sopra indicata violazione più grave, aumentata di giorni 5 di reclusione ed
euro 50 di multa per ciascuna delle ulteriori sei ritenute non versate di cui al
presente procedimento nonché per ciascuna delle tre ritenute di cui al Decreto
Penale del G.i.p. presso il Tribunale Udine del 23 marzo 2012).
La ricorrente obietta che la Corte triestina, da un lato, non ha spiegato le
ragioni per le quali non ha riconosciuto il vincolo dalla continuazione con
riferimento a tutte le pregresse ed identiche violazioni commesse e, dall’altro,
insorge sostenendo che, riconosciuto il vincolo della continuazione con un altro
fatto passato in giudicato, la Corte d’appello non poteva rideterminare la pena
dovendosi limitare ad applicare l’aumento della continuazione alla pena già
irrogata con riferimento al fatto già irrevocabilmente definito.
I rilievi sono infondati.
Il disegno criminoso unitario rappresenta l’elemento costitutivo del reato
continuato e dunque non può presumersi sicché esso va accertato dal giudice di
merito con congrua e logica motivazione che deve investire il punto circa la
sussistenza o meno di un unico ed originario progetto delittuoso.
Infatti, ai fini della sussistenza del vincolo della continuazione, non è
sufficiente, come sembra presupporre la ricorrente, che i fatti siano analoghi e
neppure che essi siano stati commessi nello stesso periodo di tempo in quanto
l’omogeneità delle violazioni e la contiguità temporale di alcune di esse, seppure
indicative di una scelta delinquenziale, non consentono, da sole, di ritenere che i
reati siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un’unica deliberazione di
fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 23/01/2014, P., Rv. 259094).
La ragione di ciò risiede nel fatto che l’unicità del disegno criminoso,
richiesta per il reato continuato, sussiste solo quando le violazioni della stessa
disposizione di legge siano comprese fin dal primo momento nel quadro del
disegno, essendo necessario che, quando si commette la prima violazione, le
altre siano state già deliberate nelle linee essenziali anche se poi è richiesto, per

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procedimento, ed ha rideterminato la pena (ridimensionandola, anche alla luce

ciascuna azione od omissione, un atto volitivo distinto, tendente non già alla
deliberazione, in quanto precedentemente adottata, ma alla sola attuazione di
esse.
La Corte d’appello, con logica ed adeguata motivazione, ha ritenuto che il
lungo lasso temporale intercorso tra le violazioni fosse incompatibile con una
programmazione unitaria contestuale e la ratio decidendi non è stata peraltro
oggetto di una specifica censura sul punto, essendosi la ricorrente limitata a
sostenere l’unicità del disegno criminoso sulla sola base delle analoghe e

Va allora ricordato che, in tema di continuazione, l’accertamento del
requisito della unicità del disegno criminoso costituisce una questione di fatto
rimessa alla valutazione del giudice di merito, il cui apprezzamento è sindacabile
in sede di legittimità solo ove non sia sorretto (situazione, nella specie, non
sussistente) da adeguata motivazione (Sez. 6, n. 49969 del 21/09/2012,
Pappalardo, Rv. 254006).
Neppure fondata è la seconda doglianza, avendo questa Corte
costantemente affermato che, in tema di reato continuato, il giudice può
applicare l’art. 81, 2° comma, cod. pen. anche quando sia già stata pronunciata
sentenza irrevocabile di condanna nei confronti dell’imputato per fatto meno
grave di quello sottoposto al suo giudizio ed in tal caso deve determinare la pena
complessiva sulla base di quella da infliggersi per il reato più grave sottoposto al
giudizio ancora in corso ed applicare ad essa l’aumento per il reato meno grave
già giudicato (ex multis, Sez. 1, n. 38719 del 31/01/2013, P.M. in proc. Z., Rv.
256761).
La Corte territoriale ha pienamente osservato anche questo principio di
diritto, conseguendo da ciò il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 02/07/2014

preg resse violazioni.

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