Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4354 del 16/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 4354 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Zeiro Rosita, nato a Terricciola il 16/10/1945

avverso la sentenza del 05/05/2011 della Corte d’appello di Firenze R.G.
2073/2009
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Giuseppe De
Marzo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Sante
Spinaci, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per le parti civili, l’Avv.

Michele Leonardi, in sostituzione dell’avv.

Annarosa Francini, ia quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per l’imputata, l’Avv. Roberto Marcello Delfino, il quale ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 05/05/2011, la Corte d’appello di Firenze, in riforma della
sentenza del Tribunale di Pisa, sezione distaccata di Pontedera del 07/10/2008,
appellata dalle parti civili Irene Zeiro e Gianluca Zeiro, ha dichiarato non doversi
procedere nei confronti dell’imputata Rosita Zeiro, per intervenuta prescrizione,

1

Data Udienza: 16/11/2012

e ha condannato quest’ultima al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata
sede.
2. La Corte territoriale ha ritenuto di superare i dubbi che avevano condotto il
Tribunale ad assolvere l’imputata dall’imputazione di avere falsificato il
testamento della defunta madre Giovanna Cremoni alla stregua delle seguenti
ragioni: a) il perito nominato in fase dibattimentale aveva escluso che la scheda
testamentaria in questione fosse riconducibile alla Cremoni; b) dal confronto tra
la scheda testamentaria in verifica e la scrittura dell’imputata emergevano

pure difformità estrinsecative, le quali, tuttavia, non erano sufficienti, né
quantitativamente, né qualitativamente ad annullare il valore delle somiglianze
riscontrate; c) che anche il consulente tecnico delle parti civili, all’esito
dell’esame dei documenti in originale, era giunto a conclusioni analoghe; d) che il
consulente tecnico dell’imputata non era stato in grado di superare tali
conclusioni, essendosi limitato a insinuare il dubbio che le ravvisate compatibilità
fossero la risultante di grafie di soggetti legati da un forte vincolo familiare e di
frequentazione; e) che accanto ai rilievi tecnici occorreva considerare che
l’imputata, nonostante l’esistenza di accesi contrasti sulla divisione del
patrimonio materno e nonostante la pubblicazione di un primo testamento
recante la data del 09/06/1997, avvenuta a ridosso del decesso della Cremoni,
avesse atteso sino al 05/11/2003, per pubblicare il testamento del quale si
discute e ciò nonostante che quest’ultimo modificasse in senso migliorativo la
sua posizione e quella della sorella Maria Paola, attribuendo ai nipoti Irene e
Gianluca, figli di un fratello premorto e a lui succeduti per rappresentazione, la
sola quota di legittima; f) che le ragioni di tale comportamento non erano state
spiegate in termini ragionevoli così come non erano state adeguatamente
spiegate le circostanze in cui era avvenuto il rinvenimento della seconda scheda
testamentaria né i tempi della comunicazione del rinvenimento alla sorella Maria
Paola.
3. Nell’interesse della Zeiro è stato proposto ricorso per cassazione, affidato a tre
motivi.
3.1. Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod.
proc. pen., si lamenta travisamento delle risultanze della perizia prodotta, che
aveva concluso in termini di probabilità e non di certezza circa l’indicazione di
identità grafica, mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione; violazione dell’art. 530, comma 2, cod. proc. civ. In particolare, la
ricorrente si duole del fatto che sia stata affermata la sua responsabilità,
nonostante l’assenza di certezze e le difficoltà dell’indagine, che avevano
condotto il perito ad escludere l’attribuibilità alla de cuius persino della prima
scheda testamentaria.

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significativi elementi di rispondenza tecnica e di compatibilità scrittoria, come

3.2. Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod.
proc. pen., si lamenta travisamento delle risultanze della consulenza tecnica
prodotta dal P.M. e dalle parti civili, nonché mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione, dal momento che la Corte aveva
trascurato di considerare che il consulente del P.M. e delle parti civili aveva
ridimensionato le sue conclusioni in sede dibattimentale, esprimendosi in termini
meramente probabilistici quanto all’attribuzione del falso all’imputata e
comunque che il consulente non aveva tenuto conto del carattere apocrifo del

di comparazione.
3.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione e/o erronea applicazione dell’art.
192, comma 2, cod. proc. pen„, dal momento che gli ulteriori elementi indiziari
valorizzati dalla Corte territoriale non avevano i caratteri della gravità, della
precisione e della concordanza. In particolare, si rileva: a) che le dichiarazioni
dell’imputata erano state rese a distanza di anni e dovevano essere considerate
anche in ragione delle condizioni di emotività che le caratterizzavano; b) che tutti
i parenti avevano le chiavi della casa della Cremoni, in cui era stato rinvenuto il
testamento apocrifo; c) che quest’ultimo non comportava uno stravolgimento dei
criteri di devoluzione dell’asse ereditario; d) che, comunque, l’interesse
economico dell’imputata era condiviso dalla sorella Maria Paola, talché non
poteva giungersi ad un’univoca individuazione del responsabile.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. La motivazione della Corte non è fondata soltanto sugli esiti della disposta
perizia grafologica. A pag. 7 della sentenza impugnata, la Corte territoriale, dopo
avere ampiamente esaminato le risultanze dell’indagine tecnica, ha iniziato,
infatti, a considerare gli “ulteriori elementi emersi nel processo”, che ha valutato

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come idonei a fondare l’affermazione di responsabilità dell’imputata in termini di

kragionevole cert zz .
cy
In definitiva,

che non vengono sollevati dubbi sulla premessa per cui il

secondo testamento della Cremoni è apocrifo, il giudizio probabilistico di
attribuibilità del falso alla Zeiro non deve essere considerato atomisticamente
come l’unico elemento posto a base dell’affermazione di responsabilità, ma va
integrato con gli ulteriori profili, riassunti supra al punto 2 del Ritenuto in fatto.
Del resto, la giurisprudenza di questa Corte è nel senso che, in tema di falsità,
allo scopo di accertare la sussistenza dell’elemento oggettivo, non può ritenersi
sempre indispensabile l’espletamento della perizia grafica, la quale, per altro, ha
valore solo di indizio. Invero, per il principio della libertà della prova e del libero
convincimento del giudice, la certezza della falsità dell’atto può anche essere
desunta da altri elementi (Sez. 5, n. 10363 del 14/04/1999, Zangrilli, Rv.
214188).
3

primo testamento, oltre ad incorrere in errori nell’identificazione di una scrittura

Ne discende che la critica secondo cui le valutazioni del consulente tecnico non
giungono a conclusioni espresse in termini di certezza non coglie nel segno, dal
momento che la Corte territoriale non ha affidato il suo giudizio esclusivamente
alle risultanze della perizia.
3. Per altro aspetto, il terzo motivo del ricorso non dimostra vizi di manifesta
illogicità della motivazione. Considerando le deduzioni sopra riassunte al punto
3.3. del Ritenuto in fatto, deve osservarsi: 1) che le critiche sub a) e b) aspirano
ad una rivalutazione del materiale istruttorio, inammissibile in sede di legittimità;

desumere che il testamento apocrifo non stravolgeva i criteri di devoluzione
dell’asse ereditario; 3) che l’esistenza di altra persona portatrice del medesimo
interesse dell’imputata, ossia della sorella Maria Paola, non appare in grado di
inficiare il ragionamento della Corte territoriale, che non ruota solo attorno a
siffatto interesse, ma trae fondamento dalle condotte dell’imputata, che da
quell’interesse vengono ad essere illuminate.
4. Alla pronuncia consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle
spese processuali. Del pari, la ricorrente va condannato alla rifusione delle spese
sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità, che, in relazione all’attività
svolta, vengono liquidate in euro 2.500,00, oltre accessori di legge.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e
alla rifusione delle spese sostenute per il presente giudizio, in favore delle parti
civili, che liquida in complessivi euro 2500,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 16/11/2012

Il Componente estensore

2) che le censure sub c) non indicano il contenuto degli atti dai quali si dovrebbe

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