Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4351 del 16/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 4351 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) COLAZINGARI FRANCO N. IL 07/11/1931
2) FELIZIANI FRANCO N. IL 07/11/1931
avverso la sentenza n. 4964/2005 CORTE APPELLO di ROMA, del
07/03/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 16/11/2012

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Sante Spinaci,
ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
Per il ricorrente Colazingari è presente l’Avvocato brio Paolo, il quale
si richiama ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO

1.

Colazingari Franco e Feliziani Franco sono imputati dei reati di cui

rispettivamente quale amministratore e quale dominus della società
TULIPANO S.r.l., dichiarata fallita dal tribunale di Roma in data
10/07/1996, distraevano il complesso immobiliare sito in Terni, via Eroi
Dell’aria, in quanto ceduto alla società Terni due S.r.l. per l’importo di
circa 12.000.000.000, non incassati in quanto vendita simulata.
Tenevano inoltre le scritture contabili in modo da rendere impossibile la
ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società.
2.

Il tribunale di Roma, con sentenza del 28/01/2005, dichiarava

entrambi gli imputati responsabili del reato di bancarotta patrimoniale
per distrazione, limitatamente alla somma di lire 945.871.467, ed il
Colazingari anche del reato di bancarotta documentale; riconosciute ad
entrambi le attenuanti generiche, prevalenti per il Colazingari, li
condannava alla pena di anni due e mesi sei di reclusione. Assolveva
Feliziani dal reato di bancarotta documentale per non aver commesso il
fatto.
3.

Proposto appello, la Corte territoriale confermava integralmente la

sentenza di primo grado. Contro la sentenza di appello propongono
ricorso gli imputati per i seguenti motivi:
4.

Colazingari:
a. violazione degli articoli 504, 499 cod. proc. peri. e 111 della
costituzione con riferimento alle domande formulate ai testi
dal Pubblico Ministero; secondo il ricorrente le ordinanze con
le quali venivano rigettate le opposizioni alle continue
domande suggestive del pm devono essere annullate perché
emesse in violazione dei principi sull’assunzione della prova e
sul giusto processo;

agli articoli 216, 219 e 223 della legge fallimentare perché

b. violazione degli articoli 62 e 63 del codice di procedura penale
per aver utilizzato le dichiarazioni rese dall’imputato al
curatore.
c. Estinzione del reato per prescrizione alla data del 10/07/2011.
d. Il 4 ottobre 2012 l’imputato ha depositato memoria ex art.
611, con la quale ha eccepito il decorso della prescrizione al
10.07.2012, dovendosi applicare la vecchia disciplina della

attenuanti generiche prevalenti, con applicazione di un
termine prescrizionale di anni dieci, aumentabile per effetto
delle interruzioni sino a 15.
5.

Feliziani:
a. violazione degli articoli 216 della legge fall. e 43, 49 cod.
pen.; secondo il ricorrente la sentenza della Corte d’appello è
viziata da una palese violazione di legge e da una oggettiva
contraddittorietà nella sua motivazione. Se la Corte avesse
analizzato tutti gli atti e gli elementi probatori non avrebbe
potuto non riconoscere che nella fattispecie è stato fatto un
malgoverno dell’articolo 216 della legge fallimentare; la
somma di 945.871.467 non è stata distratta, perché era
prevista una contropartita e comunque tale somma non era
contrattualmente dovuta in quanto i debiti accollati dalla
cessionaria erano superiori a quanto indicato nel contratto.
Inoltre, l’immobile era stato pignorato prima del trasferimento
e fu quindi venduto in sede esecutiva ed il ricavato è stato
acquisito all’attivo del fallimento, per cui non solo non vi è
stato danno per i creditori (e quindi manca la idoneità
dell’azione a ledere l’interesse protetto dalla norma), ma
nemmeno si può dire che vi fosse da parte dell’amministratore
l’intenzione di sottrarre il bene ai creditori, per cui difesa
anche l’elemento soggettivo.
b. mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione in ordine alla responsabilità del Feliziani, fondata
non sul complesso delle prove emerse al dibattimento, ma
esclusivamente sulle dichiarazioni del coimputato Colazingari.
c. Con memoria depositata il 9.11.12, l’avv. Pannella per
Feliziani comunica il proprio impedimento a comparire

prescrizione, più favorevole per essere state riconosciute le

all’udienza e avanza istanza di sostituzione ex art. 97 co. IV
c.p.p., ricordando che il reato contestato al suo assistito si è
estinto per prescrizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso di Colazingari è inammissibile: il primo motivo, infatti, è
affetto da estrema genericità ed è anche palesemente infondato; la

correttamente argomentato sulla non impugnabilità dell’ordinanza che
decide sulla opposizione relativa all’esame dei testimoni, facendo
comunque presente che dopo le suddette deposizioni testimoniali
l’istruttoria era stata rinnovata e la stessa difesa aveva dato il consenso
alla lettura di tutti gli atti già formati in precedenza.
2. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile per genericità,
oltre che palesemente infondato; la Corte d’appello, alla pagina quattro
della sentenza, ha spiegato efficacemente perché ha ritenuto utilizzabili
le dichiarazioni rese dall’imputato al curatore, conformemente
all’orientamento consolidato di questa Corte ed alle indicazioni della
Corte costituzionale. Si veda tra tutte Sez. 5, n. 36593 del 18/04/2008 dep. 24/09/2008, Mangano e altri, Rv. 242020: Le dichiarazioni rese dal
fallito al curatore non sono soggette alla disciplina di cui all’art. 63,
comma secondo, cod. proc. pen., che prevede l’inutil e izzabilità delle
dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria da chi,
sin dall’inizio, avrebbe dovuto essere sentito in qualità d’imputato, in
quanto il curatore non rientra in queste categorie e la sua attività non
può farsi rientrare nella previsione di cui all’art. 220 norme di
coordinamento cod. proc. pen., che concerne le attività ispettive e di
vigilanza.
3. Per quanto riguarda l’eccepita prescrizione dei reati alla data del
10/07/2011, la stessa non è rilevabile in questa sede. L’inammissibilità
del ricorso per cassazione, infatti, non consente il formarsi di un valido
rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen.
(Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 – dep. 21/12/2000, De Luca, Rv. 217266;
nella specie si trattava proprio della prescrizione del reato, maturata
successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso).

3

Corte d’appello, alla pagina quattro della sentenza, ha innanzitutto

4. Per quanto riguarda il Feliziani, con il primo motivo di ricorso egli
non solo solleva questioni valutative della prova che sono riservate al
giudice di merito, ma soprattutto introduce per la prima volta in sede di
legittimità questioni mai dibattute in precedenza, e pertanto
inammissibili. Mancava, infatti, nell’atto di appello un motivo di doglianza
specifico sulla distrazione della somma di C 945.871.467;
nell’impugnazione contro la sentenza di primo grado, infatti, il Feliziani
lamentava genericamente la ricostruzione dei fatti con riferimento al
immobiliare, senza alcun approfondimento sulla vicenda distrattiva.
5. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile, in quanto
attraverso una lettura alternativa delle emergenze di causa l’imputato
propone una diversa ricostruzione dei fatti, non consentita in questa
sede, in presenza di adeguata motivazione.
6. Entrambi i ricorsi sono, dunque, inammissibili, e ciò determina la
impossibilità di rilevare la eventuale prescrizione nel frattempo
maturata; l’inammissibilità, infatti, non consentendo il formarsi di un
valido rapporto di impugnazione preclude la possibilità di valutare
l’eventuale decorso dei termini prescrizionali, tanto più se maturati dopo
la sentenza impugnata e la proposizione medesima del ricorso (Sez. U.,
n. 23428 del 22/03/2005, Bracale; Sez. U., n. 33542 del 27/06/2001,
Cavaliera; Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, De Luca). E ad essa consegue,
ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati
all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una
somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione
delle questioni dedotte, si stima equo determinare in C. 1.000,00.

p.q.m.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000 a favore
della cassa delle ammende.
Così deciso il 16/11/2012

ruolo dominante attribuitogli dal tribunale di Roma nella operazione

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