Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4350 del 12/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4350 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
CORONICA ANSELMO N. IL 01.11.1940
Avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI TRIESTE dell’ 8 maggio 2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, udite le
conclusioni del PG in persona del dott. Carmine Stabile che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 8 maggio 2013 la Corte d’appello di Trieste, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Trieste del 30 maggio 2011 appellata
da Coronica Anselmo ed, in via incidentale dal Procuratore Generale, revocava
il
beneficio della sospensione condizionale concesso all’imputaato,
confermando nel resto la impugnata decisione. Il Coronica era stato tratto a
giudizio e condannato alla pena di giustizia per il reato di cui all’art. 189,
commi 1
e 6 codice della strada, perché, alla guida dell’autovettura
Volkswagen Golf targata DK313DM, dopo aver provocato / a causa di
un’imprudente immissione in carreggiatala collisione tra l’autovettura Lancia Y
10 targata TS 328321
co n d otta da Tonoli Silvia (la quale a seguito dell’urto
subiva lesioni personali giudicate guaribili in giorni sei s.c.) e l’autovettura
FIAT 600 targata CE15011 i* condotta da Perosa Claudio (con a bordo Contu
Maria Antonietta la quale a seguito dell’urto subiva lesioni personali giudicate
guaribili in venti giorni s.c.), non ottemperava all’obbligo di fermarsi.
2. Avverso tale decisione ricorre a mezzo del proprio difensore il Coronica
deducendo la violazione di legge e la mancanza ed illogicità della motivazione
quanto alla ritenuta percezione da parte dell’imputato del sinistro ed
all’elemento soggettivo del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Data Udienza: 12/06/2014

3. Con il primo motivo di gravame il ricorrente deduce la inutilizzabilità nel
dibattimento ex art. 350 comma 7 cod. proc. pen. delle dichiarazioni dsallo
stesso rese spontaneamente alla polizia giudiziaria.
Il motivo è infondato: la giurisprudenza di questa Corte è attestata (cfr. ex
plurimis, Sez. 6, n. 24640 del 25/05/2010 , Rv. 248000) sul principio che il
peculiare regime di non utilizzabilità riservato alle dichiarazioni
spontaneamente rese dall’indagato senza l’assistenza di un difensore è ispirato
a finalità di tutela del diritto di difesa dell’indagato che potrebbe risultare
pregiudicato dal fatto che tali dichiarazioni vengono rese senza una previa
conoscenza dell’addebito. Il principio di garanzia che sta alla base di questa
disciplina non può però trovare applicazione quando le spontanee dichiarazioni
rese in assenza del difensore riguardino fatti che non ineriscono all’addebito
per il quale sono in corso le indagini. Tale è il caso preso in esame, essendo le
dichiarazioni in questioni state rese dal Coronica non perché indagato per il
reato oggetto del presente procedimento, ma in relazione alla violazione
dell’art. 145 C.d.S. ed alle indagini di polizia giudiziaria tese alla ricostruzione
della dinamica del sinistro.
Infondato è anche il secondo e residuo motivo avendo la Corte territoriale
adeguatamente e congruamente motivato in ordine ai profili soggettivi ed
oggettivi del reato contestato. Ed invero la Corte distrettuale non ha mancato
di richiamare espressamente gli elementi acquisiti a carico dell’imputato, con
particolare riferimento all’esito degli accertamenti eseguiti dai verbalizzanti ed
alla deposizione della parte lesa – ritenuta pienamente attendibile per avere il
teste reso dichiarazioni precise e circostanziate In punto di violazione
dell’obbligo di fermarsi, il ricorrente ha reiterato quanto aveva già lamentato
con i motivi di appello, sostenendo che non avrebbe pienamente compreso di
essere responsabile del sinistro stradale e di essersi allontanato nella
convinzione che altri si erano fermati a prestare soccorso. Quanto all’elemento
soggettivo, mette conto sottolineare al riguardo che secondo il più recente ed
ormai consolidato, nonché assolutamente condivisibile, indirizzo interpretativo
di questa Corte, “in tema di circolazione stradale, l’elemento soggettivo del
reato di cui all’art. 189 C.d.S., comma 6 (punito solo a titolo di dolo) ricorre
quando l’utente della strada, al verificarsi di un incidente – idoneo a recar
danno alle persone e riconducibile al proprio comportamento – ometta di
fermarsi per prestare eventuale soccorso, non necessario per contro essendo
che il soggetto agente abbia in concreto constatato il danno provocato alla
vittima” (in termini, “ex plurimis”, Sez. 4, Sentenza n. 7615 del 10/11/2004
Ud. – dep. 01/03/2005 – Rv. 230816, Imp, Verginella). Ai fini della
configurabilità del reato di “fuga”, quanto all’elemento psicologico, pur essendo
richiesto il dolo, “la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente ha
bisogno di soccorso può sussistere anche sotto il profilo del dolo eventuale,
che si configura normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può
attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente
rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo
comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l’esistenza” (in
termini, “ex plurimis”, Sez. 4, n. 34134 del 13/07/2007 – dep. 06/09/2007Rv. 237239, imp. Agostinone; conf.: Sez. 4 n. 21445 del 10/04/2006 – dep.
21/06/2006 – Rv. 234570, imp. Marangoni; Sez. 4, Sentenza n. 8103 del
10/01/2003 – dep. 19/02/2003- Rv. 223966, imp. Fanello). E’ stato altresì
precisato che l’accertamento dell’elemento psicologico nel reato de quo va
compiuto in relazione al momento in cui l’agente pone in essere la condotta e,
quindi, alle circostanze concretamente rappresentate e percepite a quel
momento, che siano univocamente indicative di un incidente ricollegabile al
proprio comportamento ed idoneo ad arrecare danno alle persone, dovendo
riservare ad un successivo momento il definitivo accertamento delle effettive
conseguenze del sinistro. E giova evidenziare, altresì, che il dovere di fermarsi
sul posto dell’incidente deve durare per tutto il tempo necessario

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso nella camera di consiglio del 12 giugno 2014

all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazione del
conducente stesso e del veicolo condotto, perché, ove si ritenesse che la
durata della prescritta fermata possa essere anche talmente breve da non
consentire ne’ l’identificazione del conducente, ne’ quella del veicolo, ne’ lo
svolgimento di un qualsiasi accertamento sulle modalità dell’incidente e sulle
responsabilità nella causazione del medesimo, la norma stessa sarebbe priva
di ratio e di una qualsiasi utilità pratica (cfr., “ex plurimis”, Sez. 4, n. 20235
del 25/01/2006 Ud. – dep. 14/06/2006 -Imputato: Mischiarti).
Conclusivamente, nel caso in esame, dal complesso motivazionale della
sentenza impugnata si rileva che: a) il ricorrente aveva percepito l’incidente;
b) egli era consapevole che l’incidente stesso era riconducibile al suo
comportamento e concretamente idoneo a produrre eventi lesivi. Ricorreva,
quindi, l’elemento psicologico quantomeno nella forma del dolo eventuale
attestato dal rifiuto del ricorrente, per effetto del suo allontanamento, di
accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali la condotta
costituiva reato. Il convincimento così espresso, in quanto frutto di una
valutazione delle risultanze acquisite – di cui è stato dato conto in maniera
adeguata, coerente e corretta – sfugge al sindacato di legittimità.
4. Al rigetto del ricorso consegue laa condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

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