Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4344 del 16/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 4344 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sui ricorsi proposti da
Franceschini Costantino, nato a Sant’Anatolia di Narco il 20/06/1950
Sbernardori Franco Orso, nato a Torino il 01/02/1946
Rossi Patrizia, nata a Perugia il 26/08/1968
Franceschini Maurizio, nato a Sant’Anatolia di Narco il 06/11/1951
Capo Adriano, nato a Cava de’ Tirreni il 21/07/1931

avverso la sentenza del 03/05/2011 della Corte d’appello di Perugia R.G.
907/2009
visti gli atti, il provvedimento impugnato, i ricorsi;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Giuseppe De
Marzo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Sante
Spinaci, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito, per la parte civile, l’Avv. Giuseppe Fanfani, il quale ha concluso per
l’inammissibilità dei ricorsi;
udito, per gli imputati Costantino Franceschini, Franco Orso Sbernadori, Patrizia
Rossi e Maurizio Franceschini, l’Avv. Francesco Falcinelli, il quale ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 16/11/2012

udito, per l’imputato Adriano Capo, l’Avv. Edoardo Torlini, il quale ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 03/05/2011 la Corte d’appello di Perugia ha confermato la
sentenza del 24/10/2007 del Tribunale di Perugia, che, per quanto ancora rileva,
aveva condannato gli odierni ricorrenti alla pena di giustizia, in relazione al reato
di cui al capo J di imputazione, per avere cagionato lo stato di insolvenza del
Consorzio Agrario Provinciale di Perugia (d’ora innanzi, CAP), dichiarato con

con vendite in gran parte fittizie di bestiame in favore del CAP, con relative
fittizie stabulazioni, per importi via via crescenti, al fine di far fronte ai pagamenti
a termine relativi ai precedenti riacquisti del medesimo bestiame, solo in minima
parte esistente.
2. Avverso tale sentenza sono stati proposti distinti ricorsi per cessazione
nell’interesse rispettivamente di Costantino Franceschini, Franco Orso
Sbernadori, Patrizia Rossi e Maurizio Franceschini, da un lato, e di Adriano Capo,
dall’altro.
3. Il primo ricorso è affidato a sei motivi.
3.1. Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano violazione ed erronea
applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 110, 117 e 223 I. fall. e
vizi di motivazione. In particolare, essi sottolineano: a) l’inesistenza in capo ai
ricorrenti della necessaria qualifica soggettiva richiesta dall’art. 223, comma
primo, I. fall.; b) l’inesistenza della condotta di distrazione patrimoniale – colta
dalla Corte territoriale nell’inesistenza, totale o parziale, dei bovini, nonostante le
contrarie risultanze dell’incidente probatorio e della prova dichiarativa; c)
l’inesistenza di un pregiudizio per il CAP, prima (1985 – 1988), e per la Fedit poi;
d) comunque l’insussistenza dell’elemento soggettivo.
3.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano violazione ed erronea
applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 40, 41 cod. pen. e 223 I.
fall., e vizi di motivazione, sottolineando il difetto di nesso eziologico tra la
condotta dei ricorrenti e il dissesto del CAP, manifestatosi a distanza di anni.
3.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione
dell’art. 267 cod. proc. pen., in vista della conseguente inutilizzabilità dei risultati
delle disposte intercettazioni telefoniche ed ambientali. In particolare,
sottolineano che le motivazioni dei decreti autorizzativi delle intercettazioni
telefoniche e delle successive proroghe non davano conto delle ragioni
giustificative.
3.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano violazione ed errata applicazione
dell’art. 268, comma 3, cod. proc. pen. in vista della conseguente inutilizzabilità
dei risultati delle disposte intercettazioni telefoniche ed ambientali. In particolare

sentenza n. 1/96 del Tribunale di Perugia, con varie operazioni e, in particolare,

essi rilevano l’assenza di motivazione legittimanti l’utilizzo di impianti diversi da
quelli installati presso la Procura della Repubblica.
3.5. Con il quinto motivo, i ricorrenti lamentano violazione ed errata applicazione
degli artt. 538, 539 cod. proc. pen., per non avere la Corte fornito alcuna
concreta motivazione in ordine all’entità del danno che l’aveva condotta a
liquidare una provvisionale di euro 500.000,00.
3.6. Con il sesto motivo, i ricorrenti sottolineano che in data 25/06/2013. il reato si
è estinto per prescrizione.

4.1. Con il primo motivo, il Capo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c)
cod. proc. pen., violazione degli artt. 516, 517, 518, 522 cod. proc. pen. e del
principio di correlazione tra contestazione e condanna, e, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. c) cod. proc. pen., violazione degli artt. 125, comma 3, 546,
comma 1, lett. e) per carente, illogica e contraddittoria motivazione.
In particolare, il ricorrente si duole che sia stata affermata la sua responsabilità
in un reato proprio (art. 223 I. fall., in relazione all’art. 216 I. fall.), senza che nel
capo di imputazione sia stato indicato il comportamento che sarebbe stato da lui
posto in essere in concorso con il soggetto qualificato, né il nesso tra l’attività di
soggetti estranei alla società e quella di coloro che della società dichiarata
insolvente abbiano responsabilità di gestione.
4.2. Con il secondo motivo, il Capo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett.
b) cod. proc. pen., violazione degli artt. 110, 117, cod. pen., 223 I. fall. e,
comunque, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione, dal momento che tutti i soggetti
indicati come concorrenti nel capo di imputazione non possedevano la qualifica
soggettiva richiesta dall’art. 223 I. fall. Inoltre, l’unico brano della motivazione
nel quale si menziona la posizione del Capo si rinviene a pag. 59 della sentenza
impugnata in cui si valorizza il fatto che egli era componente del consiglio di
amministrazione della società CASO, senza indicare alcun atto gestionale o di
esercizio della delega a lui conferita.
Inoltre, come precisato dal consulente di parte, rag. Biagiotti, e come emergeva
dalle conclusioni della perizia disposta dal G.i.p., il CAP di Perugia non aveva
sofferto alcun pregiudizio, sicché arbitrariamente i giudici avevano concluso per
l’esistenza di atti distrattivi smentiti dalle attestazioni del citato rag. Biagiotti,
che dovevano essere qualificate come quietanze liberatorie. In definitiva,
secondo le risultanze della perizia contabile disposta in sede di incidente
probatorio, il Capo aveva sottoscritto nel 1988 degli effetti cambiari a favore del
CAP di Perugia, effetti che erano stati onorati, talché non era dato intendere
come tale attività potesse aver contribuito al dissesto del CAP medesimo.
Infine, non era stata fornita alcuna adeguata motivazione in ordine all’elemento
soggettivo.
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4. Il ricorso dell’imputato Capo è affidato a sei motivi.

4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1,
lett. e) cod. proc. pen., mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione, dal momento che la Corte non aveva dimostrato il presupposto
dell’inesistenza, totale o parziale, del bestiame, né aveva spiegato le modalità di
esecuzione né le ragioni che avrebbero condotto i concorrenti a realizzare le
operazioni di fittizio trasferimento degli animali, né come potessero ricavarne un
utile.
4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1,

cod. pen, e 223 I.fall. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione,
quanto al nesso causale tra la condotta ascritta all’imputato e l’evento,
sottolineando che l’inattendibilità dei bilanci 1985 – 1989, valorizzata dalla Corte
territoriale, non aveva impedito il risanamento dei conti al 31/12/1992, talché
non poteva ritenersi che i comportamenti attribuiti al Capo potessero avere
avuto incidenza causale a distanza di quattro anni (la dichiarazione di insolvenza
è datata 21/10/1996).
4.5. Con il quinto motivo, formulato ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed
e) cod. proc. pen., si lamenta violazione degli art. 133 e 69 cod. pen, e carenza,
insufficienza e illogicità della motivazione, per l’eccessività della pena e il
mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche.
4.6. Con il sesto motivo, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), ed e) cod. proc.
pen., si lamentano violazione ed errata applicazione degli artt. 538, 539, 540
cod. pen., e carenze motivazionali in ordine alla liquidazione del danno, per avere
la Corte territoriale liquidato, a titolo di provvisionale, la somma di euro
500.000,00, a fronte di una richiesta della parte civile di euro 15.000,00, in tal
modo pronunciando ultra petita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In assenza di evidenti cause di inammissibilità del ricorso, va preso atto
dell’estinzione del reato per effetto della prescrizione intervenuta in data
25/06/2011. Agli effetti penali, la sentenza va, pertanto, annullata senza rinvio, ai
sensi dell’art. 620, comma 1, lett. a), cod. proc. pen.
2. Ciò posto, attesa la presenza della parte civile, occorre scrutinare i vizi
lamentati dai ricorrenti.
Ora, appare assorbente l’esame del primo motivo di entrambi i ricorsi, A fronte di
un capo di imputazione che, in relazione ad un reato proprio, non indica la figura
dell’intraneus,

né descrive le condotte poste in essere da quest’ultimo, la Corte

territoriale avrebbe dovuto con stringenti argomentazioni illustrare tali profili,
che invece vengono affidati ad una motivazione, per un verso, laconica (pag. 49,
nella quale si fa riferimento alla doppia veste assunta dal Franceschini
all’insaputa del Consorzio “ad eccezione del direttore Sartori e del responsabile
dell’ufficio crediti del Cap Natalini”, ciò che, all’evidenza, non descrive
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lett. b), ed e) cod. proc. pen., violazione e falsa applicazione degli artt. 40, 41

chiaramente una fattispecie concorsuale e non consente neanche di appurare i
profili distintivi rispetto ad una truffa; pag. 53, nella quale si fa riferimento ancora
in modo non specifico all’attività svolta dal Sartori), e, per altro verso, generica,
giacché, nell’affrontare il puntuale motivo di gravame proposto dai ricorrenti, la
Corte si limita alla considerazione, esatta, ma sganciata da ogni concreto
riferimento fattuale, che anche l’extraneus può concorrere nel reato proprio.
Ne discende che la sentenza, agli effetti civili, va annullata con rinvio al giudice

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perché il reato si è
estinto per intervenuta prescrizione. Annulla la stessa sentenza agli effetti civili
con rinvio al giudice civile competente in appello per valore.
Così deciso in Roma il 16/11/2012

Il Componente estensore

Il

si

n

civile competente in appello per valore.

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