Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43422 del 19/09/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 43422 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

ha pronunciato la seguente se-A-urr-À-{I

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sul ricorso proposto da:
DUMA DEIVI N. IL 05/09/1989
DUMA EDUARD N. IL 28/06/1960
KUME PETRIT N. IL 24/09/1974
avverso la sentenza n. 4042/2013 GIP TRIBUNALE di LIVORNO, del
30/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CLAUDIO D’ISA;

Data Udienza: 19/09/2014

osserva
1. KUME PETRIT, DUMA DEIVI e DUMA EDUARD ricorrono per
cassazione avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Livorno ex art. 444
c.p.p., indicata in epigrafe, con cui è stata applicata la pena concordata in
ordine a più delitti di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90 (detenzione a fine di spaccio
di sostanza stupefacente nella specie cocaina) con il riconoscimento al solo
KUME Petrit dell’attenuante speciale di cui al V comma dell’art. 73 d.P.R.
309/90.
2. Per quanto riguarda la posizione del PETRIT, il ricorso dovrebbe essere
dichiarato inammissibile per la carenza di specificità del motivo, ma questa Corte
non può non tener conto dello ius superveniens di cui al comma 24 ter dell’ad 1
del D.L. 36/2014 convertito in L. 79/2014 con cui è stato modificato il comma V
dell’art. 73 d.P.R. 309/90 attribuendo all’ipotesi ivi prevista la configurazione di
figura autonoma di reato anziché di circostanza attenuante speciale.
2.1 La nuova formulazione del V comma richiamato riguarda tutti i tipi di
sostanza stupefacente, senza alcuna distinzione tra droghe pesanti e droghe
leggere, e prevede la pena della reclusione da mesi sei ad anni quattro e la
multa da € 1.032 ad € 10.329, inferiore a quella prevista dal precedente d.l.
146 del 2013 convertito in L. 10/2014 ( che già aveva configurato l’ipotesi di
cui al comma V art. 73 come fattispecie autonoma di reato, senza distinzioni tra
tipi di droga, con una pena detentiva da uno a cinque anni), ed ancora più mite
rispetto alla pena prevista dallo stesso articolo nella formulazione (Legge
Fini/Giovanardi) in vigore al momento del fatto.
Inoltre è stato inserito il comma V bis dell’art. 73 in base al quale
“nell’ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al presente articolo
commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti
o psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena
su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, su
richiesta dell’imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non debba
concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare,
anziché le pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità di cui
all’art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi
previste.”
2.2 Va anche ricordato che, ancor prima dell’entrata in vigore della L79/2014 e successivamente all’entrata in vigore del D.L. 146/2013, convertito in
L. 10/2014, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 32 del 2014, depositata
il 25.02.2014, che, per quanto qui rileva, ha dichiarato la illegittimità
costituzionale dell’art. 4 bis della L. 21.02.2006 n. 49, cioè del testo dell’art. 73
d.P.R. 309/90 nella formulazione di cui alla predetta legge c.d. “Fini-Giovanardi”,
determinando, come dalla Corte Costituzionale espressamente affermato,
l’applicazione dell’art. 73 del predetto d.P.R. 309/90 e relative tabelle nella
formulazione originaria (Legge c.d. “Iervolino-Vassalli”).
2.3 Sul piano intertemporale, il problema dell’individuazione della legge più
favorevole va risolto, secondo quanto costantemente affermato dalla
giurisprudenza di questa Corte, privilegiando la disposizione in concreto
complessivamente più favorevole (e non attraverso una combinazione di parti di
disposizioni diverse), e distinguendo:
a)i fatti commessi prima dell’entrata in vigore della “Fini – Giovanardi”, da
giudicare scegliendo la legge più favorevole tra quella in vigore al momento del
fatto (ovvero tra l’originario comma 5 dell’art. 73, circostanza attenuante ad
effetto speciale articolata in distinte previsioni sanzionatorie a seconda della
tipologia “pesante” o “leggera” della sostanza trattata) ed il reato autonomo
introdotto dal d.l. 146 del 2013: senza alcuna possibilità di fare applicazione anche se in ipotesi più favorevole – della lex intermedia dichiarata
incostituzionale, dal momento che “il principio di retroattività della norma penale
più favorevole in tanto è destinato a trovare applicazione, in quanto la norma

Per questi motivi
La Corte annulla la sentenza senza invio limitatamente alla posizione
processuale del KUME Petrit e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di
Livorno.

3

sopravvenuta sia, di per sé, costituzionalmente legittima” (Corte cost., sent. n.
394 del 23 novembre 2006);
b)i fatti commessi durante la vigenza della “Fini – Giovanardi”, in relazione ai
quali dovrà invece tenersi conto, nell’individuazione della legge più favorevole,
anche delle norme dichiarate incostituzionali, “per il valore assoluto del principio
di irretroattività della norma meno favorevole” 2 .
E’ in tale contesto che si colloca l’ulteriore modifica, apportata all’art. 73
comma 5 del testo unico, dalla legge n. 79: modifica, come già evidenziato,
consistita esclusivamente nella mitigazione della risposta sanzionatoria
(reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da euro 1.032 a euro 10.329, in
luogo della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 3.000 a euro
26.000), senza alcun intervento volto a ripristinare la distinzione tra “droghe
leggere” e “droghe pesanti”, che – come già più volte accennato – è ormai
tornata in vigore per i fatti non lievi e che, nell’originaria formulazione dell’art.
73 del testo unico, connotava anche il trattamento sanzionatorio per i fatti di
lieve entità.
In ragione di quanto esposto e dovendo trovare applicazione la
disposizione di cui all’art. 2, comma 4 codice penale, si impone l’annullamento
della sentenza senza rinvio essendo venuta meno la validità del patto con
trasmissione degli atti al Tribunale di Livorno previo stralcio.
3. Diversamente, per quanto riguarda le posizioni processuali del DUMA
Devi e del DUMA Eduard, non avendo la nuova legge inciso sul trattamento
sanzionatorio dei delitti ad essi contestati in ragione della natura (cocaina) della
sostanza stupefacente di cui trattasi, i ricorsi vanno dichiarati inammissibili per
carenza di specificità e comunque per la loro manifesta infondatezza.
L’istituto di cui all’art. 444 c.p.p. trova, dunque, il proprio fondamento
primario nella convergente richiesta di pubblico ministero e imputato sul merito
dell’imputazione (responsabilità e pena conseguente), dal momento che chi
chiede la pena pattuita rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa.
Ne consegue, come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che
l’imputato non può prospettare con il ricorso per cassazione censure che
coinvolgono il patto dal medesimo accettato.
Si è già evidenziato che non può incidere relativamente alla quantificazione
della pena, la sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014, depositata il
25.02.2014, per quanto qui rileva, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale
dell’art. 4 bis della L. 21.02.2006 n. 49, cioè del testo dell’art. 73 d.P.R. 309/90
nella formulazione di cui alla predetta legge c.d. “Fini-Giovanardi”,
determinando, come dalla Corte Costituzionale espressamente affermato,
l’applicazione dell’art. 73 del predetto d.P.R. 309/90 e relative tabelle nella
formulazione originaria (Legge c.d. “Iervolino-Vassalli”), in quanto la pena
edittale, con riferimento alla detenzione di droga pesante (nella specie cocaina)
prevista dallA L. Fini-Giovanardi è più favorevole rispetto a quella della legge
Iervolino Vassalli.
4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti DUMA
Derivi e DUMA Eduard al pagamento delle spese del procedimento ed al
pagamento per ciascuno di essi a favore della Cassa delle Ammende, non
emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1500,00
(millecinquecento/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

Dichiara inammissibili i ricorsi di DUMA Derivi e DUMA Eduard e condanna i
ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e ciascuno al pagamento in
favore della Cassa delle ammende della somma di euro 1500,00
(millecinquecento/00).
Così deciso in Roma all’udienza camerale del 19 settembre 2014.

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