Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43420 del 07/09/2016

Penale Sent. Sez. 2 Num. 43420 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: AIELLI LUCIA

A.A.
avverso la sentenza n. 402/2015 della Corte d’Appello di Palermo del 28/1/2015;
visti gli atti , la sentenza ed il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione del consigliere dott. Lucia Aielli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto procuratore generale dott. Roberto Aniello
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per la parte civile l’avv. Angela De Michele in sostituzione dell’avv. Giampiero Santoro
che ha depositato conclusioni scritte e nota spese;
udito per il ricorrente raw. Alberto Raffaele che ha chiesto raccoglimento del ricorso.

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 28/1/2015 la Corte d’Appello di Palermo, in parziale riforma della
sentenza del giudice monocratico del Tribunale di Palermo del 13/3/2013, che aveva
condannato A.A. per il delitto di appropriazione indebita, modificava le
statuizioni civili conseguenti alla pronuncia di condanna penale, che confermava.
2. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione A.A., personalmente, il
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Data Udienza: 07/09/2016

quale deduce il vizio di violazione di legge e carenza di motivazione in ordine alla
mancata esclusione della parte civile Ancione Antonio, già costituito in sede civile,
avendo i giudici d’appello riconosciuto il danno, nonostante l’identità del petitum e della
causa petendi, rispetto al giudizio civile.
3. Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce la violazione di legge (art. 646 c.p.) e
la contraddittorietà della motivazione, avuto riguardo alla affermazione della penale
responsabilità del A.A., tenuto conto che questi non conseguì mai il possesso della
somma di denaro di cui all’imputazione, che era stata versata dalla Futuro Compass

solo la parte amministrativa della pratica di finanziamento e di consolidamento dei
debiti dell’Ancione e non la parte economica, non essendo peraltro nemmeno
procuratore della Fin Prime alla quale, solo, l’Ancione aveva rilasciato la procura per la
concessione dei vari finanziamenti e per mediare il debito con la Cofactor.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
2.

Preliminarmente la Corte d’appello si concentra sulla ammissibilità della domanda

risarcitoria della parte civile che, essendosi costituita anche davanti al giudice civile, ad avviso
della difesa, non avrebbe potuto vantare pretese in sede penale.
L’argomento speso dalla Corte per ritenere ammissibile la domanda ovvero la non compiuta
identità del petitum, vale a differenziare la domanda che non si pone come duplicazione della
richiesta risarcitoria, già avanzata in sede civile, ma come voce di danno ulteriore ( danno
morale), autonomamente risarcibile, in quanto direttamente correlata all’accertamento del
reato ex art. 185 c.p.p.
Questa Corte ha affermato che l’effetto preclusivo sancito dall’art. 75 c.p.p., comma 1, in base
al quale il trasferimento dell’azione civile nel processo penale comporta l’automatica rinuncia
agli atti del giudizio civile che, di conseguenza, deve essere dichiarato estinto, opera nel caso
in cui sia stata pronunciata sentenza di merito, anche non definitiva, nel giudizio civile; e
allorché tra l’azione promossa in sede civile e quella esercitata con la costituzione di parte
civile nel processo penale sussista identità di soggetti e di causa petendi (Cass. Sez. 4,
Sentenza n. 35604 del 28/05/2003, dep. 16/09/2003, Rv. 226370).
Si aggiunga che la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente osservato che la diversa
ipotesi della revoca tacita della costituzione di parte civile, di cui all’art. 82 c.p.p., comma 2,
opera nel caso in cui l’azione risarcitoria venga promossa “anche” davanti al giudice civile, da
parte del soggetto danneggiato, già costituito parte civile; e che detto meccanismo trova
applicazione solo quando sussiste una compiuta coincidenza fra le due domande, trattandosi di
disposizione finalizzata ad escludere la duplicazione dei giudizi (Cass. Sez. 5, Sentenza n.
28753 del 08/06/2005, dep. 29/07/2005, Rv. 232298; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 21588 del

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alla società Fin prime e della quale lo stesso A.A., non dispose, avendo egli curato

23/03/2007, dep. 01/06/2007, Rv. 236722; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 62 del 16/12/2009,
dep. 05/01/2010, Rv. 246266; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 3454 del 19/12/2014, dep.
26/01/2015, Rv. 261950). E tale duplicazione non sussiste quando un medesimo fatto illecito
produca diversi tipi di danno e il danneggiato possa pretendere il risarcimento di ciascuno di
essi separatamente dagli altri, agendo in sede civile per un tipo e poi costituendosi parte civile
nel giudizio penale per l’altro (Sez. 2 , 5801/2013, Rv. 258201)..
E bene applicando i richiamati principi di diritto al caso di specie, deve allora osservarsi che la
sentenza di cui si tratta non risulta vulnerata dalla dedotta violazione di legge.

l’azione risarcitoria non costituisse duplicazione di quella già in precedenza esercitata in sede
civile, permanendo, in sede penale, la (residua ) risarcibilità del danno morale, derivante da
reato ex art. 185 c.p., non liquidato nel processo civile, provvedendo, coerentemente, alla
eliminazione della (sola) somma liquidata a titolo di “provvisionale”, in quanto anticipatoria del
danno patrimoniale già liquidato nel giudizio civile.
3. Nel merito il ricorrente contesta la ravvisabilità del reato di appropriazione indebita sotto il
profilo oggettivo, atteso che egli non si sarebbe mai materialmente appropriato della somma in
questione, destinata alla Fin Prime, riproducendo le stesse censure già proposte in sede di
appello cui il giudice di merito ha dato corrette ed adeguate risposte.
Deve precisarsi che nel caso di specie si vede nel caso di una “doppia conforme” e cioè doppia
pronuncia di eguale segno (nel nostro caso, di condanna) per cui il vizio di travisamento della
prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con
specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato, è stato per la prima
volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo
grado. Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell’art. 606
c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di
travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di un’informazione
rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva,
esso può essere fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato quella di
primo grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del “devolutum”
con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alla
critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal
primo giudice (Cass., n. 5223/07, ric. Medina, rv. 236130).
4. Nel caso di specie, invece, il giudice di appello ha riesaminato lo stesso materiale probatorio
già sottoposto al giudice di prime cure e, dopo avere preso atto delle censure dell’imputato in
ordine alla asserita, mancanza di riscontri circa l’ effettiva disponibilità della somma di euro
2.100,00 da parte del A.A., è giunto alla medesima conclusione in ordine alla
responsabilità dell’imputato per i fatti allo stesso ascritti, essendosi egli direttamente
interessato della istruttoria della pratica dell’Ancione, svolgendo un ruolo operativo “in
concreto” ed ha ritenuto non decisiva la qualità ( o meno) di procuratore speciale della Fin

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La Corte di Appello non ha estromesso la parte civile poiché, correttamente, ha ritenuto che

Prime da parte del A.A., ovvero il dubbio della p.o., circa la eventuale destinazione della
somma alle commissioni della Fin prime, posto che non era stata pattuita alcuna commissione
con la Fin Prime, che la Cofator aveva accettato la somma a stralcio e saldo dei propri crediti (
pag. 5) e che il A.A., dopo avere istruito la pratica, chiese espressamente alla Cofactor il
differimento del versamento “causa istruzione della pratica”, trattenendo per sé la somma e
ponendo così in essere una tipica condotta appropriativa, penalmente rilevante in quanto
eccedente i limiti del possesso.
5. Deve ribadirsi infatti che il delitto di appropriazione indebita si consuma nel momento e nel

sfera delle facoltà ricomprese nel titolo del suo possesso ed incompatibile con il diritto del
proprietario, in quanto significativo dell’immutazione del mero possesso in dominio (come ad
esempio l’atto di disposizione del bene riservato al proprietario o l’esplicito rifiuto di
restituzione della cosa posseduta (Sez. 1, n. 26440/2002 rv. 222657; Sez. 2, n. 17901/2014,
Rv. 259715).
6.

Da quanto premesso consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese processuali sostenute da
Ancione Antonio nel presente grado di giudizio che liquida in C 3.510,00 oltre spese forfettarie
del 15%, IVA e Cassa avvocati.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla
rifusione in favore della parte civile Ancione Antonio delle spese sostenute nel presente
giudizio, che liquida in euro 3.510,00 oltre spese forfettarie del 15%, CPA e IVA.
Così deciso il 7/9/2016

luogo in cui l’agente tiene consapevolmente un comportamento oggettivamente eccedente la

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