Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43394 del 03/10/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 43394 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI CATANZARO
nei confronti di:
QUARESIMA ROBERTO N. IL 11/04/1984
avverso l’ordinanza n. 194/2013 GIP TRIBUNALE di CATANZARO,
del 17/08/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;
leAtetgentite -le eenclusionidel-P-G Dott.

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Data Udienza: 03/10/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 39.837/2013 R.G.

* Udienza del 3 ottobre 2014

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del
dott. Vito D’Ambrosio, sostituto procuratore generale della
Repubblica presso questa Corte, il quale ha concluso per l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al giudice
di merito per nuovo esame.

1. — Con ordinanza, deliberata e depositata il 17 agosto 2013, il
giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di
Catanzaro — per quanto qui rileva — non ha convalidato l’arresto di Roberto Quaresima, eseguito dai Carabinieri della Stazione di Girifalco il 15 agosto 2013 per il tentato omicidio in
pregiudizio di Vincenzo Ferraina e per i concorrenti reati concernenti le armi, motivando che difettavano i requisiti sia della
flagranza che della quasi flagranza, in quanto l’indagato era
stato tratto in arresto dopo che si era consegnato ai Militari
dell’ Arma.

2. — Il procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Catanzaro, in persona del dott. Vincenzo Russo, sostituto procuratore della Repubblica, ha proposto ricorso per cassazione, mediante atto, recante la data del 18 settembre 2013,
deducendo «inosservanza o erronea applicazione della legge penale».
Il ricorrente sostiene: le ricerche del Quaresima, immediatamente avviate dalla polizia giudiziaria, non si erano mai interrotte; inoltre ricorreva la flagranza della detenzione dell’arma
comune da sparo, nascosta nell’incavo di un tronco di albero,
atteso che l’arrestato rivelò il nascondiglio ai Carabinieri all’atto della sua costituzione.

3. — Il procuratore generale della Repubblica presso questa
Corte suprema di cassazione, mediante atto recante la data del
2 aprile 2014, rileva ad adiuvandum: la spontanea presentazione dell’indagato non costituisce valido motivo per ritenere
che le ricerche fossero state nel frattempo interrotte.

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Rileva

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 39.837/2013

R. G.

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Udienza del 3 ottobre 2014

4. – Il ricorso è infondato.
4.1 — Privo di giuridico pregio è, innanzi tutto, il riferimento

All’indagato non risultano addebitati né il delitto di detenzione
ai arma comune da sparo, ai sensi dell’articolo 2 della legge 2
ottobre 1967, n. 895, sostituito dall’articolo 10 della legge 14
ottobre 1974, n. 497, né il delitto di detenzione di arma clandestina ai sensi dell’articolo 23, comma terzo, della legge 18 aprile
1975, n. 110.
Al riguardo la rubrica fa esclusivo riferimento alla contravvenzione di detenzione abusiva di armi, ai sensi dell’articolo 697
cod. pen., e per tale reato la legge non consente l’arresto.
Né, peraltro, in relazione alla condotta in parola, se qualificata
ai sensi delle succitate fattispecie delittuose, sarebbe, nella specie, ravvisabile la flagranza.
Al momento dell’arresto difettava palesemente l’elemento materiale della detenzione, in quanto la pistola si trovava al di
fuori della sfera della possibilità di immediata apprensione da
parte del Quaresima; e mancava, altresì, l’elemento psicologico,
in quanto, la decisione dell’indagato (da costui attuata) di recarsi alla stazione dei Carabinieri per costituirsi e per rivelare il
nascondiglio in cui aveva collocato la pistola, escludeva – alla
evidenza – la volontà di detenere illegalmente la pistola senza
la prescritta denunzia (v. da ultimo, circa il dolo generico richiesto dal delitto, Sez. 1, n. 21355 del 10/04/2013 – dep.
20/05/2013, Lamanna, Rv. 256302).

4.2 — Correttamente il giudice a quo ha escluso, pur in reazione ai residui reati, anche la quasi flagranza.
Secondo quanto accertato in punto di fatto dal giudice per le
indagini preliminari e rappresentato dallo stesso Pubblico Ministero ricorrente, i Carabinieri della Stazione di Girifalco furono «allertati» dopo che il fatto di sangue era stato commesso;

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del ricorrente al reato concernente la detenzione della arma
comune da sparo, utilizzata per la commissione del tentato omicidio.

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Udienza del 3 ottobre 2014

Soccorre, pertanto, il principio di diritto fissato dalla giurisprudenza di questa Corte suprema di cassazione, con prevalente orientamento, secondo il quale «non sussiste la condizione
di cosiddetta quasi-flagranza qualora l’inseguimento dell’indagato
da parte della P. G. sia stato iniziato» non già a seguito e a causa
della «diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria», bensì « per effetto e solo dopo l’acquisizione di informazioni da parte di terzi» (Sez. 5, n. 19078 del 31/03/2010 dep. 19/05/2010, Festa, Rv. 247248 e Sez. 3, 13 luglio 2011,
dep. il 27 settembre 2011, n. 34918, P. M. in proc. Z., rv.
250861; et adde Rv. 228180; Sez. 5, n. 3032 del 21/06/1999, dep.
01/09/1999, Carrozzino, Rv. 214473; Sez. 4, n. 17619 del
05/02/2004, dep. 16/04/2004, P.M. in proc. Sakoumi ed altro,
Rv. 228180; Sez. 2, n. 7161 del 18/01/2006, dep. 24/02/2006,
P.M. in proc. Morelli, Rv. 233345; Sez. 6, n. 20539 del
20/04/2010, dep. 28/05/2010, P.M. in proc. R., Rv. 247379; Sez.
6, n. 19002 del 03/04/2012 – dep. 17/05/2012, Rotolo, Rv.
252872; e, da ultimo, Sez. 4, Sentenza n. 15912 del 07/02/2013
Cc. (dep. 05/04/2013) Rv. 254966).
È appena il caso di aggiungere che non meritano condivisione
gli arresti in senso contrario (Sez. II, n. 44369, del 10/11/2010,
dep. il 16/12/2010, Califano e altro, Rv. 249169 e Sez. 1, n.
23560 del 15/03/2006, dep. 06/07/2006, P.M. in proc. Dottore,
Rv. 235259), secondo i quali sarebbe ravvisabile la quasi flagranza pur in difetto dei requisiti della diretta percezione della
azione delittuosa (da parte degli ufficiali e agenti della polizia
giudiziaria o, nel caso previsto dall’articolo 383, comma 1, cod.
proc. pen., da parte del privato) e della immediatezza dell’inseguimento.
La provvisoria privazione del diritto fondamentale della libertà persona, di iniziativa della polizia giudiziaria e in carenza di
alcun provvedimento motivato della autorità giudiziaria, rap-

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i Militari raggiunsero la persona offesa, ferita, a bordo della
ambulanza e la sentirono; quindi assunsero sommarie informazioni testimoniali dai prossimi congiunti della vittima, «per
poi porsi alla ricerca del responsabile»(v. ricorso p. 2).

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Le disposizioni della legge ordinaria e, segnatamente, del codice di rito, che disciplinano l’arresto sono, pertanto, di stretta
interpretazione (articolo 14, comma primo, delle Disposizioni sulla legge in generale, approvate con R.D. 16 marzo 1942,
n. 262).
Orbene, la dilatazione della nozione della quasi flagranza
sino a prescindere dalla coessenziale correlazione tra la percezione diretta del fatto delittuoso (quantomeno attraverso le
tracce rivelatrici della immediata consumazione, recate dal reo) e il successivo intervento di privazione della libertà dell’autore del reato, deborda dall’ambito della interpretazione estensiva dell’articolo 382, comma 1, cod. proc. pen.
Attraverso progressivi slittamenti e assimilazioni tra l’ipotesi
specifica dell’ inseguimento (contemplata nella disposizione) e
quelle (più generiche e, pertanto, differenti) delle ricerche ovvero, addirittura, delle investigazioni tempestive si finisce
col contravvenire al tenore testuale della norma.
Gli è che il lemma inseguire denotante, con tutta la sua pregnanza, l’azione del «correre dietro chi fugge», e l’ ulteriore requisito cronologico di immediatezza, «subito dopo il reato», richiesto dalla legge, postulano la necessità della correlazione
funzionale tra la diretta percezione della azione delittuosa e la
privazione della libertà del reo fuggitivo.
La conclusione si rinsalda alla luce della considerazione della
ratio legis.
La eccezionale attribuzione alla polizia giudiziaria (o al
privato) del potere di privare della libertà una persona trova
concorrente giustificazione nella altissima probabilità (e, praticamente, nella certezza) della colpevolezza dell’arrestato.
Ebbene, sono proprio la diretta percezione e constatazione della condotta delittuosa da parte degli ufficiali e agenti

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presenta, per vero, istituto di carattere affatto eccezionale e in
tal senso è espressamente connotato dall’articolo 13, comma
terzo, della Costituzione.

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Udienza del 3 ottobre 2014

Mentre, in difetto, apprezzamenti e valutazioni, fondati sul
piano affatto differente degli elementi investigativi assunti
(ancorché prontamente e magari anche in loco) dalla polizia
giudiziaria, non offrono analoghe sicurezza e affidabilità di
previsione (v., in proposito, Sez. 1, n. 6642 dell’11/12/1996, dep.
17703/1997, P.M. in proc. Palmarini, Rv. 207085).

4.3— Consegue il rigetto del ricorso.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso, il 3 ottobre 2014.

di polizia giudiziaria, procedenti all’arresto, che possono suffragare, nel senso indicato, la sicura previsione dell’accertamento giudiziario della colpevolezza.

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