Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43377 del 30/09/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 43377 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Molinari Sergio, n. a Roma il 19.3.40,
avverso l’ordinanza del 3.4.14 del Tribunale dell’Aquila, sezione riesame;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in Camera di consiglio la relazione del Consigliere Dott. Antonio Manna;
udito il Procuratore Generale nella persona del Dott. Fulvio Baldi, che ha
concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
udito il difensore Avv. Tommaso Longo, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 3.4.14 il Tribunale dell’Aquila, sezione riesame, confermava
il decreto di sequestro preventivo emesso il 27.2.14 dal GIP dello stesso Tribunale
nei confronti di Sergio Molinari, indagato per truffa aggravata per il
conseguimento di erogazioni pubbliche.
Tramite il proprio difensore ricorre Sergio Molinari contro detta ordinanza, di
cui chiede l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti:
a) vizio di motivazione in ordine al fumus commissi delicti, avendo l’impugnata
ordinanza risposto in maniera apparente o del tutto insufficiente alle censure

Data Udienza: 30/09/2014

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difensive contenute nell’istanza di riesame e concernenti l’estraneità dell’indagato
a rapporti od incarichi (al di là del pagamento avvenuto in virtù di una formale
cessione di credito) tra la società da lui amministrata (la Brainit S.r.l.) e la
Confartigianato dell’Aquila; in particolare i giudici del riesame si sono basati sul
falso presupposto — frutto di travisamento — che vi fosse un rapporto negoziale
diretto tra la Brainit S.r.l. e la Confartigianato dell’Aquila, mentre il rapporto era
intercorso fra quest’ultima e la S.r.l. Azienda Network, che a sua volta per pagare

confronti della Confartigianato;
b) violazione dell’art. 275 c.p.p. riguardo ai principi di proporzionalità,
adeguatezza e gradualità della misura, perché la gravata ordinanza ha confermato
il sequestro nonostante che il ricorrente abbia chiesto che colpisse beni aventi
valore più prossimo a quello rappresentativo del prezzo o profitto del presunto
reato: invece, la misura ha avuto ad oggetto beni di valore notevolmente
superiore, come da relazione di stima prodotta in sede di riesame, il tutto senza
che i giudici del riesame abbiano considerato le esigenze di vita quotidiana
dell’indagato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1- Il motivo che precede sub a) non può prendersi in considerazione perché, per
costante giurisprudenza di questa S.C., il ricorso per cassazione contro ordinanze
emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per
violazione di legge.
È pur vero che in tale nozione si devono comprendere sia gli errores in
iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere
l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto
mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza
e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice
(Cass. S.U. n. 25932 del 29.5.2008, dep. 26.6.2008; Cass. S.U. n. 5876 del
28.1.2004, dep. 13.2.2004): ma non è questo il caso in esame.
Infatti, premesso che, essendosi in presenza di una doppia pronuncia conforme,
le motivazioni dei due provvedimenti di merito vanno ad integrarsi
reciprocamente, saldandosi in un unico complesso argomentativo (cfr. Cass. Sez.
11 n. 5606 del 10.1.2007, dep. 8.2.2007; Cass. Sez. I n. 8868 del 26.6.2000, dep.

un debito contratto con la Brainit le aveva ceduto il proprio credito vantato nei

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8.8.2000; v. altresì, nello stesso senso, le sentenze n. 10163/02, rv. 221116; n.
8868/2000, rv. 216906; n. 2136/99, rv. 213766; n. 5112/94, rv. 198487; n.
4700/94, rv. 197497; n. 4562/94, rv. 197335 e numerose altre), emergono con
chiarezza i contorni della vicenda e le ragioni che hanno indotto a ravvisare a
carico di Sergio Molinari il fumus del delitto di truffa aggravata per il
conseguimento di erogazioni pubbliche.
In particolare, i giudici della cautela hanno evidenziato un sistema fraudolento

di € 50.000,00) per l’erogazione di corsi di formazione in realtà mai realmente
svoltisi ed hanno altresì dato conto delle ragioni per cui non hanno accolto le
argomentazioni difensive circa la ricostruzione dei rapporti tra Confartigianato,
Brainit S.r.l. e Azienda Network S.r.l., infine rilevando anche l’emissione di
almeno una fattura per operazioni inesistenti.
A fronte di ciò il ricorso non fa altro che sollecitare una terza lettura nel merito
delle risultanze in atti, operazione non consentita in sede di legittimità, così come
non lo è una denuncia di travisamento del fatto (a maggior ragione nel quadro
d’un ricorso per cassazione in tema di sequestro, ammesso — come si è già
ricordato – per sole violazioni di legge).

2- Il motivo che precede sub b) va disatteso perché non confuta con specifiche
obiezioni la motivazione addotta dalla gravata ordinanza, che ha asserito che nel
caso in esame non si pone neppure un problema di proporzionalità ed adeguatezza
perché il sequestro è stato disposto fino a concorrenza di euro 50.000,00 (importo
pari al profitto del reato per cui si procede) e che il rispetto delle esigenze di vita
quotidiana dell’indagato riguarda non la legittimità del vincolo reale, ma la sua
fase esecutiva.
A riguardo è appena il caso di ricordare che la mancata correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’atto d’impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del
provvedimento censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, conduce, ai sensi
del combinato disposto degli artt. 581 lett. c) e 591 co. 1° lett. c) c.p.p.,
all’inammissibilità del ricorso (cfr. Cass. n. 19951 del 15.5.2008, dep. 19.5.2008;
Cass. n. 39598 del 30.9.2004, dep. 11.10.2004; Cass. n. 5191 del 29.3.2000, dep.
3.5.2000; Cass. n. 256 del 18.9.1997, dep. 13.1.1998).

volto a lucrare contributi pubblici (percepiti dall’odierno ricorrente nella misura

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3- In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso. Ex art. 616 c.p.p.
consegue la condanna del ricorrente alle spese processuali e al versamento a
favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in
euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i
principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 30.9.14.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale,

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