Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43344 del 26/09/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 43344 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

Data Udienza: 26/09/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Barone Pietro Giovanni nato il 24 giugno 1970 avverso
la sentenza della Corte di appello di Milano del 27 marzo 2013. Sentita la
relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udite le
conclusioni del sostituto procuratore generale Aurelio Galasso, sulla
inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Barone Pietro Giovanni ricorre, a mezzo difensore, avverso la sentenza in
epigrafe con cui è stata confermata sentenza emessa dal Tribunale di Lodi in
data 11 marzo 2011 di condanna dell’odierno ricorrente per il delitto di
ricettazione.
Lamenta il ricorrente vizio di motivazione e violazione di legge in ordine alla
ricostruzione dei fatti di reato e alla valutazione delle prove emerse nel
processo, oltre che con riguardo alla integrazione della fattispecie delittuosa
imputata. Critica in particolare la mancata prova in atti circa la

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consapevolezza dell’imputato della provenienza illecita delle merci oggetto di
reato e dunque la mancata prova della sussistenza del dolo: con
argomentazione ricostruttiva anche del fatto, che espone da pagina 2 a
pagina 7 del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è manifestamente infondato avendo la Corte territoriale
correttamente, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass.

Savic), desunto la prova dell’elemento soggettivo dall’omessa -o non
attendibile- indicazione da parte dell’imputato della provenienza della cosa
ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento,
logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede.
La Corte territoriale si è inoltre adeguata al costante orientamento della
giurisprudenza di legittimità secondo il quale, ai fini della configurabilità del
delitto di ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita
del bene ricevuto, senza che sia peraltro indispensabile che tale
consapevolezza si estenda alla precisa e completa conoscenza delle
circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato presupposto, potendo
anche essere desunta da prove indirette, allorché siano tali da generare in
qualsiasi persona di media levatura intellettuale, e secondo la comune
esperienza, la certezza della provenienza illecita di quanto ricevuto. Questa
Corte ha più volte, del resto, affermato che la conoscenza della provenienza
delittuosa della cosa può desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e
quindi anche dal comportamento dell’imputato che dimostri la consapevolezza
della provenienza illecita della cosa ricettata, ovvero dalla mancata – o non
attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è
sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile
con un acquisto in mala fede (Cass. sez.II 11 giugno 2008 n.25756, Nardino;
sez.II 27 febbraio 1997 n.2436, Savic).
Nella sentenza impugnata l’assenza di plausibili spiegazioni in ordine alla
legittima acquisizione delle merci di provenienza illecita (provenendo da delitti
commessi danni di autotrasportatori delle stesse) ricoverate in ingente
quantità e notevole varietà nel magazzino locato all’odierno ricorrente, il quale
fu sorpreso delle forze dell’ordine in attività di carico delle stesse nei pressi di
detto magazzino, si pone come coerente e necessaria conseguenza di un
acquisto illecito.
Ed in tema di reato presupposto deve rilevarsi che, ai fini dell’accertamento

sez.II 11 giugno 2008 n.25756, Nardino; sez.II 27 febbraio 1997 n.2436,

della responsabilità per il delitto di ricettazione, non è necessario
l’accertamento giudiziale della commissione dello stesso ne’ l’esatta tipologia
del reato, potendo il giudice affermarne l’esistenza attraverso prove coerenti e
logiche. Né a tal fine è necessaria, in caso di reato perseguibile a querela,
l’effettiva presentazione della stessa, atteso che la querela attiene non alla
sussistenza del reato bensì alla sua concreta punibilità.
Del resto, come questa Corte ha affermato (Cass. Sez.Un. 26 novembre 2009

psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale,
che è configurabile in presenza della rappresentazione da parte dell’agente
della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e della
relativa accettazione del rischio, non potendosi desumere da semplici motivi di
sospetto, né potendo consistere in un mero sospetto.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deliberato il 26.9.2014

n.12433, Nocera; sez.I 17 giugno 2010 n.27548, Screti) l’elemento

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