Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4331 del 10/12/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 4331 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIZZOLEO FRANCESCO (OBBL. PRES. PG ) N. IL 22/05/1975
avverso l’ordinanza n. 389/2014 TRIB. LIBERTA’ di MESSINA, del
16/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO MOGINI;
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Data Udienza: 10/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Francesco Pizzoleo ricorre avverso l’ordinanza con la quale, in data 16 giugno
2014, il Tribunale del Riesame di Messina, in parziale accoglimento della richiesta presentata
dallo stesso ricorrente ai sensi dell’articolo 309 cod. proc. pen. avverso l’ordinanza del 27
maggio 2014 del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Messina,

quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria in relazione ai contestati reati di
calunnia reale e di detenzione di marijuana, commesso quest’ultimo al fine di simulare le
tracce del reato di spaccio di quella sostanza in danno di Trimarchi Tiziano, pur sapendolo
innocente. Il procedimento prende le mosse dalle dichiarazioni rese il 27 marzo 2013 da
Statella Antonella, la quale, convocata presso la locale Stazione dei Carabinieri per ricevere
copia di un verbale di perquisizione domiciliare che aveva avuto esito negativo, riferiva di
essere preoccupata per l’incolumita’ sua e del figlio minore Francesco Statella a causa delle
minacce ricevute da Trimarchi Tiziano, arrestato il 14 marzo 2013 perche’ trovato in
possesso di sostanza stupefacente sia presso la sua abitazione che all’interno
dell’ambulanza che conduceva. La Statella riferiva nell’occasione che il figlio Francesco, su
incarico di Marino Patrizia, aveva acquistato della sostanza stupefacente, che la Marino
nascondeva poi nell’ambulanza condotta dal Trimarchi – suo ex convivente nei confronti del
quale aveva maturato sentimenti di astio – avvalendosi dell’aiuto del Carabiniere Francesco
Pizzoleo, suo conoscente, che lavorava presso la Stazione dei Carabinieri di Graniti. La
Statella riferiva che qualche giorno prima di nascondere lo stupefacente la Marino era
entrata nell’ambulanza in uso al Trimarchi e aveva prelevato un block notes, ove erano
annotati nominativi e cifre verosimilmente riferiti all’attivita’ di spaccio, che la Marino
consegnava all’appuntato Pizzoleo alla presenza della dichiarante e del di lei figlio Francesco.
Sentita successivamente con le garanzie difensive, la Statella confermava le dichiarazioni
rese in precedenza e precisava che qualche giorno prima dell’arresto del Trimarchi la Marino
le aveva confidato di essersi incontrata col ricorrente e di avergli manifestato la sua volonta’
di vendicarsi dell’ex convivente. Il Tribunale sottolinea la credibilita’ intrinseca della Statella,
la quale tra l’altro ha dovuto coinvolgere nella vicenda il proprio figlio, e individua riscontri
esterni alle sue dichiarazioni nelle deposizioni dei testi Toscano Lorenza, Noce Rosario e
alle conversazioni telefoniche, intercettate o di cui comunque la p.g. operante aveva avuto
conoscenza, intercorse tra la Statella e il ricorrente e tra questi e tali Daniela Pafumi e Piero
Pulejo, oltre che nei tabulati telefonici evidenzianti un numero rilevante di contatti intercorsi
tra il ricorrente, la Marino e Statella Antonella, anche prima dell’arresto del Trimarchi.

applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari, ha sostituito questa misura con

2. Il ricorrente, a mezzo del suo difensore, censura l’impugnata ordinanza con
due distinti motivi. Col primo lamenta mancanza e illogicita’ della motivazione con
riferimento alla ritenuta sussistenza di una sufficiente provvista indiziaria. Gli indizi
evidenziati dal Tribunale non sarebbetounivoci e non consentirebbero di ritenere che il
ricorrente fosse stato a conoscenza delle intenzioni calunniose della Marino. La teste Statella
non ha saputo indicare se l’amica avesse riferito al Carabiniere la sua intenzione di

elementi probatori evidenziati nell’impugnata ordinanza non avrebbero maggiore capacita’
dimostrativa. In particolare, le conversazioni telefoniche captate tra il ricorrente e la Pafumi
sarebbero suscettibili di opposte letture, mentre i tabulati telefonici acquisiti
dimostrerebbero solo i contatti del ricorrente coi suoi informatori in preparazione della
perquisizione che condurra’ al rinvenimento e al sequestro di sostanze stupefacenti non solo
nell’ambulanza condotta dal Trimarchi, ma anche nella sua abitazione (sostanza
quest’ultima non collegata in alcun modo con l’azione della Marino e dei suoi complici).
Col secondo motivo il ricorrente si duole invece dell’erronea applicazione dei
canoni recati dall’articolo 274 cod. proc. pen. e di mancanza e manifesta illogita’ della
motivazione in ordine al ritenuto pericolo di reiterazione di condotte analoghe a quella
oggetto del procedimento. Al riguardo il Tribunale avrebbe proceduto ad un’indiretta
valutazione della personalita’ del ricorrente, desumibile dalle condotte a lui ascritte, traendo
dalle rnodalita’ e circostanze del fatto non consentiti elementi di supporto del giudizio a fini
cautelari sulla pericolosita’ sociale e sul rischio di reiterazione del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso e’ fondato. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai
fini dell’adozione di una misura cautelare personale è sufficiente qualunque elemento
probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità
dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli, perché i necessari “gravi indizi di colpevolezza”
non corrispondono agli “indizi” intesi quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato
giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi
criteri richiesti per il giudizio di merito dall’art. 192, comma secondo, cod. proc. pen., non
richiamato dall’art. 273 1 comma primo bis, cod. proc. pen. (ex multis: Sez. 2, n. 26764 del
15/03/2013, Ruga). Pertanto, in tema di misure cautelari personali, per gravi indizi di
colpevolezza ai sensi dell’art. 273 cod. proc. pen. devono intendersi tutti quegli elementi a

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acquistare la droga e nasconderla nell’ambulanza per incastrare l’ex convivente. Gli altri

carico, di natura logica o rappresentativa che – contenendo “in nuce” tutti o soltanto alcuni
degli elementi strutturali della corrispondente prova – non valgono, di per sè, a provare oltre
ogni dubbio la responsabilità dell’indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di
prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a
dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di
colpevolezza (Sez. 2, n. 28865 del 14/06/2013, Cardella).
In tema di valutazione della chiamata in reità o correità in sede cautelare, poi, ferma

prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto
a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla
colpevolezza dell’imputato, le dichiarazioni accusatorie rese dal coindagato o coimputato nel
medesimo reato o da persona indagata o imputata in un procedimento connesso o collegato
integrano i gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273, comma primo, cod. proc. pen. – in
virtù dell’estensione applicativa dell’art. 192, commi terzo e quarto, ad opera dell’art. 273,
comma primo bis, cod. proc. pen. – soltanto se esse, oltre ad essere intrinsecamente
attendibili, risultino corroborate da riscontri estrinseci individualizzanti, tali cioè da assumere
idoneità dimostrativa in ordine all’attribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario di
esse (SU, n. 36267 del 30/05/2006, P.G. in proc. Spennato). Orbene, posti tali parametri
valutativi, il percorso argomentativo proprio dell’impugnata ordinanza appare inadeguato e
affetto da vizi logici e giuridici che ne minano l’intrinseca coerenza. Difetta infatti nel
richiamato provvedimento la compiuta esposizione di elementi probatori che, per la loro
consistenza, consentano allo stato di ritenere una qualificata probabilità di colpevolezza
dell’indagato in ordine ai reati a lui addebitati. Cio’ vale in primo luogo per il principale
elemento indiziario addotto dal Tribunale a carico del ricorrente. La testimonianza resa il 27
marzo 2013 da Antonella Statella, che ha assunto la qualita’ di co-indagata a seguito delle
dichiarazioni rese, e’ infatti al riguardo tutt’altro che univoca. La dichiarante riferisce infatti
le confidenze ricevute, qualche giorno prima dell’arresto del Trimarchi, da Marino Patrizia, la
quale raccontava di aver fatto presente al Pizzoleo, incontrato poc’anzi in palestra, la sua
intenzione di vendetta nei confronti dell’ex convivente, aggiungendo di voler acquistare della
droga per incastrarlo. Dalle stesse dichiarazioni della Statella risulta peraltro testualmente
che quest’ultima “non ha saputo indicare se l’amica ha riferito al Carabiniere tale proposito
di vendetta nella sua interezza”. Il racconto della Statella perde cosi’ univoca valenza
accusatoria nei confronti del ricorrente, poiche’ la qualificata probabilita’ del suo
coinvolgimento nel piano della Marino viene meno allorche’ la fonte primaria d’accusa
riferisce di non sapere se egli fosse effettivamente consapevole di quel piano criminale.

restando la diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio

Derivare dalle dichiarazioni della Statella che, nonostante la precisazione di cui sopra, la
Marino abbia manifestato al Pìzzoleo la sua intenzione di acquistare droga per incastrare il
suo ex-convivente, cosicche’ “quali che siano le ragioni sottostanti, l’indagato era ben
consapevole delle tracce di reato simulate a carico del Trimarchi e, ciononostate, e’ stato al
“gioco” per invischiare il malcapitato nel resto di detenzione a fini di spaccio” (pag. 3
dell’impugnata ordinanza) rappresenta dunque un salto logico sprovvisto di qualsivoglia
giustificazione (che non sia un fugace riferimento a dichiarazioni del figlio della Statella,

carattere intrinsecamente non univoco delle dichiarazioni della Statella non viene meno, del
resto, per effetto di riscontri estrinseci individualizzanti comunque necessari – trattandosi di
narrato indiretto reso da una co-indagata del ricorrente – a far assumere a quelle
dichiarazioni una propria idoneità dimostrativa in ordine all’attribuzione del fatto-reato. A tal
fine non appare concludente il richiamo, operato nell’impugnata ordinanza, a diverse
risultanze investigative, anch’esse sprovviste – sia considerate individualmente che nel loro
reciproco collegamento – di idonea efficacia dimostrativa. Cio’ vale per le dichiarazioni rese
dal Maresciallo Testa, il quale riferisce che in occasione della perquisizione il Pizzoleo
conversava al telefono, atteggiamento che ragionevolmente faceva ritenere al dichiarante
che il ricorrente fosse in contatto con una fonte confidenziale che lo orientava nel
rinvenimento della sostanza. Il Pizzoleo non ha infatti mai negato di essersi avvalso delle
informazioni a lui confidenzialmente rese dalla Marino e dalla Statella. Mentre il fatto che nel
corso della perquisizione (tra l’altro non viene chiarito se si trattasse della perquisizione
dell’ambulanza – nella quale venne rinvenuta la droga nascosta dalla Marino – ovvero del
domicilio del Trimarchi nel quale vennero rinvenute sostanze stupefacenti delle quali il
Trimarchi ammise la detenzione) il ricorrente conversasse al telefono non puo’ di per se’ – in
assenza di specifici riscontri rivenienti, per esempio, dai tabulati acquisiti agli atti – far
concludere, come fa il Tribunale, che egli fosse in contatto proprio con la Marino che lo
orientava nel rinvenimento della sostanza. Le impressioni del Maresciallo Testa non possono
infatti essere valutate – nel contesto teste’ descritto – se non alla stregua di mere
supposizioni. Di per se’ neutri rispetto alla ritenuta consapevolezza e nel conseguente
coinvolgimento del ricorrente nel piano criminale della Marino appaiono anche gli altri
elementi indiziari evidenziati nell’impugnata ordinanza. Le risultanze della captazione (con
diversi mezzi) delle conversazioni telefoniche del ricorrente con Antonella Statella, Daniela
Pafumi e tale Pulejo sono infatti dimostrativi di un vivo interessamento del Pizzoleo rispetto
alle indagini conseguenti alle perquisizioni a carico del Trimarchi e delle dichiarazioni da
questi ed altri rese in merito alla calunnia reale di cui egli e’ indagato in questo

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immediatamente qualificate come inutilizzabili nel medesimo passaggio dell’ordinanza). Il

procedimento, ma non concretano, anche congiunti agli altri elementi a carico valorizzati
nel’ordinanza, il grado di gravita’ indiziaria imposto dall’articolo 273 cod. proc. pen.. Non
solo le intercettazioni non evidenziano ammissioni da parte del Pizzoleo, ma in diversi
passaggi offrono spunti a favore di ricostruzioni alternative a quella accusatoria. Il fatto che
i tabulati acquisiti dimostrino frequenti contatti tra il ricorrente e le due donne (Statella e
Marino) nei giorni precedenti le perquisizioni non e’ poi, di per se’, dato incompatibile con la
ricostruzione dei fatti fornita dal ricorrente, che ammette tali contatti e li inquadra nei

le riferite minacce ad opera della Marino e dalla di lei cugina in danno della Statella, non
emergendo in alcun modo a tale riguardo il coinvolgimento del ricorrente. L’accoglimento
del ricorso in punto di sufficienza e logicita’ della motivazione con riferimento alla provvista
indiziaria rende inutile l’esame del secondo motivo.
Alla luce di quanto fin qui esposto si rende necessario, in conclusione,
l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio degli atti al Tribunale di Messina perche’,
in coerente applicazione dei principi di diritto dettati dalle richiamate decisioni di legittimita’,
proceda a nuovo esame sui punti e profili critici segnalati, anche con riferimento alle
specifiche censure enunciate dal ricorrente, colmando – nella piena autonomia dei relativi
apprezzamenti di merito – le indicate lacune e discrasie della motivazione.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Messina.
Cosi’ deciso in Roma, il 10 dicembre 2014
r

rapporti intrattenuti con le proprie confidenti. Prive di valenza accusatoria sembrano infine

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