Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4322 del 26/11/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 4322 Anno 2015
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PATERNO’ RADDUSA BENEDETTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BARBATO SALVATORE N. IL 01/02/1961
avverso la sentenza n. 43737/2013 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 13/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. BENEDETTO
PATERNO’ RADDUSA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Data Udienza: 26/11/2014

Ritenuto in fatto e diritto
1. Barbato Salvatore, tramite il fiduciario munito di procura speciale , propone
ricorso straordinario per Cassazione avverso la sentenza di questa Corte indicata
in epigrafe con la quale è stata data conferma integrale alla Sentenza della Corte
di Appello di Napoli relativa al giudizio di responsabilità ascritto al ricorrente per
la contestata partecipazione ad associazione mafiosa ex art 416 bis cod.pen.
nonchè per una ipotesi di riciclaggio e due di illecito impiego di utilità ex art. 648

2. Con un unico motivo si adduce errore di fatto per aver ritenuto la Corte di
Cassazione siccome non prospettato tra i motivi di appello il tema della
contrastata compatibilità tra la partecipazione associativa ex art. 416 bis
cod.pen. e le ipotesi di riciclaggio e reimpiego illecito ascritte sempre al Barbato.
Motivo, questo, per contro puntualmente dedotto con il ricorso in appello.
Né , per escludere la sussistenza dell’errore percettivo legittimante il rimedio
straordinario, valeva al fine la disamina comunque effettuata nel merito del
motivo sia perché non si poteva prescindere e superare la denunziata totale
mancanza di motivazione della sentenza di appello sul punto , sia perché la
questione presupponeva una indagine in fatto che non poteva che essere
attribuita al giudice del merito.

3. IL ricorso è onaggesiss~ inammissibile e tanto giustifica la relativa
declaratoria de plano.

4. In linea di principio occorre innanzi tutto ribadire che la regola dell’intangibilità
dei provvedimenti della Corte di Cassazione, pur avendo perduto il carattere di
assolutezza per effetto dell’art. 625 bis c.p.p., resta a cardine del sistema delle
impugnazioni e della formazione del giudicato penale (Cass., Sez. Un.,
27/3/2002, Basile), realizzando l’accertamento definitivo “lo scopo stesso
dell’attività giurisdizionale” e l’interesse fondamentale di ogni ordinamento “alla
certezza delle situazioni giuridiche” (vedi in tela senso, C. cost. n. 294 del 1995).
Ne consegue che la disciplina del ricorso straordinario non può trovare
applicazione oltre i casi in essa considerati che costituiscono appunto deroga
all’intangibilità del giudicato.
Muovendo dall’arresto della citate sezione unite , va confermato, pertanto, che
l’errore di fatto idoneo a dare luogo all’annullamento della sentenza di
Cassazione è solo quello costituito da “sviste” o “errori di percezione”, nei quali
sia incorsa la Corte nella lettura degli atti del giudizio di legittimità, ed è
connotato dall’influenza esercitata sulla decisione dalla inesatta percezione di

ter cod.pen., tutte aggravate ex art. 7 legge 203/91.

risultanze processuali, il cui sviamento ha condotto a una sentenza diversa da
quella che sarebbe stata adottata senza l’errore di fatto e la cui ingiustizia o
invalidità costituiscono effetto di detto errore.
3.1 In considerazione di tanto va dunque escluso il rilievo dell’errore valutativo
o di giudizio, dovendo l’errore di fatto consistere in una inesatta percezione di
risultanze direttamente ricavabili da atti relativi al giudizio di Cassazione e nel
supporre “la esistenza di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa”
ovvero “l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita”, nonché

carattere decisivo sull’esito del processo.

4. Alla luce dei suddetti principi emerge con evidenza la inammissibilità del
ricorso avuto riguardo al tenore dei motivi di doglianza.
Anche a voler addivenire alla prospettazione difensiva in punto alla riscontrata,
effettiva, proposizione, tramite l’appello, del tema legato alla compatibilità della
contestazione associativa con il riciclaggio e il reimpiego di cui ai capi E,G,H„ e
dunque alla erroneità della affermazione, resa con la sentenza impugnata, in
forza alla quale il relativo motivo non era tra quelli articolati a sostegno della
impugnazione proposta avverso la decisione di primo grado, resta da dire che,nel
caso , la valutazione operata dalla Corte di Cessazione ( si veda dal fl 78 in poi )
è andata oltre tale rilievo pregiudiziale, avendo il giudice di legittimità malgrado
siffatta premessa, valutato nel merito la questione finendo comunque per
affermarne la infondatezza.
Il tutto ancorando tale giudizio a considerazioni giuridiche in punto di ritenuta
compatibilità tra l’imputazione associativa e quella di riciclaggio e reimpiego ( sia
quando il reato presupposto venga individuato nei delitti fine ricompresi nel
programma associativo, sia quando lo stesso sia costituito dalla medesima
fattispecie associativa) che, rappresentando il frutto di una valutazione della
contestazione sottesa al gravame , finiscono per assorbire il rilievo pregiudiziale
in rito rimanendo, al contempo, per quanto sopra anticipato, estranee al vaglio
ascrivibile a questa Corte in sede di ricorso straordinario, quale che ne sia la
relativa condivisibilità.
Nel ricorso che occupa, pertanto, del tutto impropriamente si contesta tale
ultima valutazione siccome inconferente rispetto al difetto di motivazione della
sentenza di appello che sul punto la Corte avrebbe dovuto sanzionare con
l’invocato annullamento. Così facendo, infatti, si invoca un riesame della
questione già vagliata in esito al precedente ricorso in termini di evidente
eccentricità rispetto al perimetro dei motivi legittimanti il rimedio straordinario.

dovendo il travisamento degli atti (e non delle risultanze) rivestire inderogabile

6. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e di una somma liquidata come da dispositivo e
determinata in via di equità.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1500 in favore della Cassa delle
Ammende.

Cosi deciso il 26 novembre 2014

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