Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4311 del 17/12/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 4311 Anno 2015
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BERTOLO GIOVANNI N. IL 07/03/1983
avverso la sentenza n. 5085/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
27/09/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
(\_c_s:zr-essep

Udito, per lapat ivile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

()K-

(
(\):C-

bcp

Data Udienza: 17/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 28 settembre 2013, la Corte d’appello di Napoli ha
confermato la sentenza del 10 dicembre 2008, con quale il Gup del Tribunale
della stessa città ha condannato Bertolo Giovanni alla pena di anni due di
reclusione e 3.000 euro di multa, in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod.
pen. e 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, per avere detenuto a fini di cessione
sostanza stupefacente del tipo cocaina ed eroina. Il giudice d’appello ha rilevato

stupefacente, delle modalità di occultamento della droga e del comportamento
serbato dall’imputato all’atto dell’intervento della polizia giudiziaria, è da
escludere la detenzione al fine di farne un uso esclusivamente personale,
sebbene parte della sostanza potesse obiettivamente essere finalizzata al proprio
uso, a nulla rilevando la circostanza che le sostanze fossero state acquistate
assieme ad altra persona; che il primo giudice ha correttamente negato
all’appellante l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche ed ha
determinato la pena in modo congruo.

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’Avv. Greco Maria Gaetana,
difensore di fiducia di Bertolo Giovanni, e ne ha chiesto l’annullamento per i
seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge penale in relazione agli artt. 110 cod. pen. e 73,
comma 5, d.P.R. n. 309/1990, per avere la Corte omesso di svolgere qualsivoglia
motivazione in ordine alla destinazione della sostanza detenuta ad un uso non
esclusivamente personale laddove, rinviando per relationem alla motivazione
della sentenza di primo grado, ha sottovalutato diverse circostanze di fatto di
segno contrario, quali: la convenienza economica dell’acquisto di tali quantitativi
di stupefacente; la capacità reddituale dell’imputato e la sua condizione di
tossicodipendenza (accertata presso l’istituto penitenziario di Poggioreale);
l’assenza dello strumentario utilizzabile per il confezionamento delle dosi; la
dinamica dei fatti; le dichiarazioni rese dal passeggero Dottore Gabriele, il quale
ha dichiarato di avere consegnato spontaneamente agli operanti lo stupefacente
sebbene sia stato verbalizzato che la sostanza si trovava nello slip dell’amico.
2.2. Violazione di legge penale in relazione all’art. 62-bis cod. pen., per
avere la Corte d’appello omesso di riconoscere al Bertoldo le circostanze
attenuanti generiche, trascurando la sua condizione di incensuratezza e la
giovane età.

2

che, tenuto conto della disponibilità di due tipologie diverse di sostanza

2.3. Violazione di legge processuale e vizio di motivazione, per essersi la
Corte limitata a richiamare per relationem la motivazione della sentenza di primo
grado, senza esaminare i motivi d’appello.

3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia rigettato.

1. Infondato è il primo motivo di ricorso con il quale si è eccepita la
violazione di legge penale in relazione agli artt. 110 cod. pen. e 73, comma 5,
d.P.R. n. 309/1990.
1.1. In linea generale, deve essere rilevato come le censure svolte sul punto
dal ricorrente si connotino per la prospettazione di una ricostruzione alternativa
dei fatti emergenti dall’istruttoria dibattimentale. Il che, secondo il costante
orientamento di questa Corte, rende inammissibile il ricorso per cassazione, in
quanto fondato su argomentazioni che si pongono in confronto diretto con il
materiale probatorio, e non, invece, sulla denuncia di uno dei vizi logici
tassativamente previsti dall’art. 606, comma primo, lett. E), cod. proc. pen.,
riguardanti la motivazione del giudice di merito in ordine alla ricostruzione del
fatto (Cass. Sez. 6, n. 43963 del 30/09/2013, P.C., Basile e altri, Rv. 258153).
Ed invero, a fronte di una plausibile ricostruzione della vicenda, come descritta in
narrativa, sui precisi riferimenti probatori operati dal giudice di merito, in questa
sede, non è ammessa alcuna incursione nelle risultanze processuali per giungere
a diverse ipotesi ricostruttive dei fatti, dovendosi, come detto, la Corte di
legittimità limitare a ripercorrere l’iter argomentativo svolto dal giudice di merito
per verificarne la completezza e la insussistenza di vizi logici

ictu °culi

percepibili, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle
acquisizioni processuali (ex plurimis Cass. Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003,
Petrella, Rv. 226074).
1.2.

Ad ogni buon conto, avuto riguardo al complesso compendio

argonnentativo della sentenza di primo e di secondo grado, cui quest’ultima fa
espresso rinvio a pagina 3 (quanto alla formazione di un unico corpo
argomentativo, cfr.

ex plurimis

Cass. Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013,

Argentieri, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, Rv. 252615), ritiene il
Collegio che i giudici di merito abbiano ben esplicitato – con considerazioni
puntuali, conformi a logica ed a condivisibili massime d’esperienza – le ragioni
per le quali si debbano ritenere provati tanto l’attribuzione della sostanza a
Bertolo Giovanni, sia – e soprattutto – la destinazione di – quantomeno – parte
3

CONSIDERATO IN DIRITTO

della sostanza all’uso non esclusivamente personale. Il ragionamento logico
deduttivo seguito dai decidenti per giungere a tali conclusioni prende a base
significativi elementi sintomatici e si sviluppa secondo un rigoroso percorso
interferenziale: la dinamica dell’acquisto (in strada), il rinvenimento della
sostanza nella disponibilità di Bertolo (negli slip), la documentata saltuaria
assunzione di oppiacei (mentre è stata sequestrata anche cocaina), il tragitto
percorso (dalla Sicilia a Roma con sosta a Napoli per l’approvvigionamento della
sostanza), la convenienza dei prezzi praticati in Secondigliano per l’acquisto di

circostanza che la difesa abbia documentato la capacità reddituale del padre di
Bertolo ma non del figlio imputato, globalmente valutati, consentono, invero, di
affermare in modo certo e fondato – giusta la gravità, precisione e concordanza
dei dati tenuti in considerazione – che Bertolo abbia acquistato la sostanza per
destinarla, almeno in parte, alla rivendita a terzi.
In conclusione, la vicenda come descritta dal giudice di merito in narrativa e
corredata da precisi riferimenti probatori si appalesa correttamente sussunta
nella fattispecie incriminatrice in contestazione, di tal che nessuna violazione di
legge né vizio di motivazione appaiono ravvisabili nella specie.

2. Il secondo motivo la mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche è parimenti infondato.
2.1. Ed invero, come questa Corte ha più volte affermato, le circostanze
attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento
della pena in senso favorevole all’imputato in considerazione di situazioni e
circostanze che effettivamente incidano sull’apprezzamento dell’entità del reato e
della capacità a delinquere dello stesso, sicché il riconoscimento di esse richiede
la dimostrazione di elementi di segno positivo (Cass. Sez. 3, n. 19639 del
27/01/2012, Gallo e altri, Rv. 252900). D’altra parte, il mancato riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato con
l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la
modifica dell’art. 62 bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito
con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini
della concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di
incensuratezza dell’imputato (Cass. Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Papini e
altri, Rv. 260610).
2.2. Immune da censure logiche risulta dunque l’argomentare dei giudici di
merito allorchè hanno ritenuto insussistenti elementi positivamente valutabili ai
fini dell’istituto in parola, con argomentazioni adeguate e prive di vizi logici e,
dunque, insindacabili in questa sede. Seppure sia pacifico che il diniego delle
4

droga (così da poterla rivendere a prezzi più elevati in altre piazze) e la

circostanze attenuanti generiche non può fondarsi esclusivamente sulla
valutazione negativa della mancanza di collaborazione da parte dell’imputato,
che costituisce espressione di scelte difensive non valutabili, in quanto
riconducibili all’esercizio del diritto di difesa (Cass. Sez. 6, n. 44630 del
17/10/2013, Faga Rv. 256963), la frase contenuta al riguardo nel provvedimento
in verifica – laddove si fa riferimento, oltre alla dinamica dell’azione criminosa, al
“comportamento processuale non collaborativo dell’imputato” – deve essere
interpretata, valutato complessivamente il periodo, nel senso che non sono

ricorrente, elementi favorevoli idonei a consentire la mitigazione della pena in
forza delle circostanza in parola, essendo la condizione di incensuratezza – come
già sopra evidenziato – di per sé ininfluente ai fini dell’accesso al beneficio.

3. Infondata è anche l’ultima censura.
3.1. In linea generale, deve essere premesso che, come questa Corte ha
avuto modo di chiarire in diverse occasioni pronunciandosi anche a Sezioni Unite,
la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale è da considerare
legittima quando: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un
legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto
all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2)
fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto
sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e
ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l’atto di riferimento, quando non venga
allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto
dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda
attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di
gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o
dell’impugnazione (Cass. Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera e altri, Rv.
216664).
Sulla scorta di tali condivisibili principi, al fine adempiere l’obbligo di
motivazione, il giudice della impugnazione non può limitarsi a richiamare
(ovvero, giusta le risorse offerte dalla moderna tecnologia, a riprodurre
integralmente il testo del) la decisione oggetto di ricorso, ma deve farsi carico di
argomentare sulle specifiche censure dedotte con l’atto d’impugnazione con
autonome considerazioni critiche e di esternare le ragioni logiche che lo hanno
portato a ritenere le stesse infondate; diversamente opinando ne risulterebbe
compromessa la natura di organo d’impugnazione, chiamato ad operare un
controllo di secondo grado di legittimità e di merito sulla decisione di primo
grado. Come questa Corte regolatrice ha difatti chiarito, la sentenza di appello
5

ravvisabili nella fattispecie, neanche nell’atteggiamento serbato nel processo dal

confermativa della decisione di primo grado è viziata per carenza di motivazione
se si limita a riprodurre la decisione confermata dichiarando in termini apodittici
e stereotipati di aderirvi, senza dare conto degli specifici motivi di impugnazione
che censurino in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado e
senza argomentare sull’inconsistenza o sulla non pertinenza degli stessi, non
potendosi in tal caso evocare lo schema della motivazione “per relationem”
(Cass. Sez. 6, n. 49754 del 21/11/2012, Casulli e altri, Rv. 254102).
Ne discende che, allorchè il provvedimento di secondo grado si limiti a

conto degli specifici motivi di impugnazione a censura delle soluzioni adottate dal
giudice di primo grado e senza argomentare sull’inconsistenza o sulla non
pertinenza degli stessi, l’apparato argomentativo, pur formalmente presente,
deve ritenersi nella sostanza meramente apparente, dando luogo ad una radicale
carenza di motivazione.
3.2. Fissati tali paletti ermeneutici, ritiene il Collegio che la Corte napoletana
non sia nessun modo incorsa nel denunciato vizio laddove, pur richiamando le
argomentazioni svolte nel provvedimento di primo grado, ha, nondimeno, dato
conto delle doglianze mosse nel ricorso e quindi fornito una risposta del tutto
autonoma rispetto alle considerazioni spese dal primo giudice, con ciò
assolvendo allo specifico compito di rivisitazione della decisione impugnata cui è
chiamato il giudice d’appello.

4. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 17 dicembre 2014

Il consigliere estensore

Il Presidente

riprodurre pedissequamente il contenuto della decisione impugnata, senza dare

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA