Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43094 del 26/09/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 43094 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
Caroppo Damiano, nato a Lecce il 03/05/1965;
Caroppo Massimo, nato a Lecce il 01/09/1968;
avverso la sentenza del 02/05/2013 della Corte d’appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Aurelio
Galasso, che ha concluso chiedendo che la sentenza impugnata sia annullata con
rinvio in relazione al capo h per Caroppo Damiano e per Caroppo Massimo ed il
rigetto nel resto del ricorso di Caroppo Massimo;
udito per la parte civile Associazione Antiracket Lecce l’Avv. Francesco Vergine
che ha chiesto la conferma della sentenza impugnata con condanna degli
imputati alla rifusione delle spese;
udito per gli imputati l’avv. Luigi Rella, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 15.5.2012 il G.U.P. del Tribunale di Lecce, fra l’altro,
dichiarò:

Data Udienza: 26/09/2014

Caroppo Damiano responsabile del reato di estorsione di cui al capo h e – con la
recidiva e la diminuente per il rito – lo condannò alla pena di anni 3 mesi 4 di
reclusione ed € 344,00 di multa;
Caroppo Massimo responsabile dei reati di usura (capo a), esercizio abusivo del
credito (capo b), violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale di p.s.
(capo c), estorsione (capo h) e – con la recidiva reiterata specifica nel
quinquennio e la diminuente per il rito – lo condannò alla pena di anni 5 di
reclusione ed € 600,00 di multa.

Antonio), al risarcimento dei danni (da liquidarsi in separato giudizio) ed alla
rifusione delle spese a favore delle parti civili Associazione Antiracket Salento e
Associazione Antiracket Lecce, Serafino Antonio e Serafino Giuseppe.

2. I predetti ed altro imputato (Caroppo Antonio) proposero gravame e la
Corte d’appello di Lecce, con sentenza 2.5.2013, fra l’altro, in parziale riforma
della pronunzia di primo grado, assolse Caroppo Antonio e Caroppo Massimo
dall’esercizio abusivo di attività finanziaria e qualificò l’estorsione come tentata e
rideterminò la pena per:
Caroppo Damiano in anni 1 mesi 4 di reclusione ed € 140,00 di multa;
Caroppo Massimo in anni 2 mesi 5 giorni 10 di reclusione ed € 5.100,00 di
multa.
Caroppo Massimo fu condannato (in solido con Caroppo Antonio) alla
rifusione delle spese sostenute dalle parti civili Associazione Antiracket Lecce,
Serafino Antonio e Serafino Giuseppe per il giudizio di appello.

3. Ricorrono per cassazione, con distinti atti, Caroppo Damiano e Caroppo
Massimo.

3.1. Caroppo Damiano, tramite i difensori, deduce:
1. violazione della legge processuale e vizio di motivazione in relazione
all’assunzione delle dichiarazioni della persona offesa Serafino Antonio a
sommarie informazioni testimoniali, anziché quale indagato di reato
collegato ed alla presenza del difensore; ne consegue l’inutilizzabilità delle
predette dichiarazioni;
2.

violazione della legge processuale e vizio di motivazione in relazione
all’omessa valutazione delle dichiarazioni di Serafino Antonio con gli altri
elementi di prova che ne confermano l’attendibilità ai sensi dell’art.192
commi 3 e 4 cod. proc. pen.;

3.

vizio di motivazione anche sotto il profilo del travisamento dei fatti e della
prova in ordine all’affermazione di responsabilità, basata solo sulle

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Caroppo Massimo fu condannato, in solido con altro imputato (Caroppo

dichiarazioni della persona offesa Serafino Antonio, omettendo di rilevare
le incoerenze, illogicità e contraddizione; la persona offesa, costituitasi
parte civile è portatrice di interesse di parte, sicché le sue dichiarazioni
devono essere sottoposte ad un vaglio critico particolarmente rigoroso;
Serafino Antonio era imprenditore di grande esperienza e senza scrupoli,
che corrompeva i dipendenti dei suoi committenti, che ha assunto
fittiziamente Caroppo Antonio per consentirgli di beneficiare di misure
alternative alla detenzione, che simulava la vendita di propri immobili;

insolvenza per ottenere il sequestro dei titoli; è singolare che, avendo
registrato le conversazioni con gli accusati dei reati di cui si dichiara
vittima non abbia registrato le minacce; l’unico episodio di minaccia
attribuito a Caroppo Damiano non ha neppure precisa collocazione
temporale; secondo la ricostruzione dei giudici di merito Caroppo Antonio,
non riuscendo a recuperare il denaro prestato a tassi usurari a Serafino
Antonio, avrebbe richiesto l’intervento dei fratelli Damiano e Massimo; è
pacifico che costoro siano estranei alle condotte usurarie di Caroppo
Antonio (p. 7 e 8 sentenza di primo grado, 3 e 4 sentenza di appello); la
Corte territoriale ha ritenuto che Caroppo Damiano e Caroppo Massimo
siano stati a conoscenza della natura usuraria dei prestiti, così escludendo
la riconducibilità dei fatti all’esercizio arbitrario delle proprie ragioni,
senza però fornire motivazione in ordine a tale conoscenza; il Tribunale
del riesame, con ordinanza confermata in sede di ricorso per cassazione,
aveva escluso che vi fossero elementi sufficienti a carico di Caroppo
Damiano e Caroppo Massimo per i reati di cui ai capi f, g, h; la
piattaforma probatoria non è mutata rispetto alla decisione cautelare;
Caroppo Damiano ha avuto un solo incontro con la persona offesa;
4. vizio di motivazione anche sotto il profilo del travisamento dei fatti e della
prova in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato di tentata
estorsione in assenza della consapevolezza dell’usura; non sarebbe
configurabile quale minaccia la mera prospettazione di “problemi” e
comunque il fatto avrebbe dovuto essere qualificato come esercizio
arbitrario delle proprie ragioni.

3.2. Caroppo Massimo, tramite i difensori, deduce:
1. vizio di motivazione anche sotto il profilo del travisamento dei fatti e della
prova e carente risposta ai motivi di appello in ordine all’affermazione di
responsabilità per i reati di usura (capo a), violazione delle prescrizioni
sulla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza (capo c) ed estorsione
(capo h); quanto al capo a i giudici di merito hanno fondato la decisione

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costui potrebbe aver reso le dichiarazioni consapevole della sua

sulle dichiarazioni di Serafino Antonio e Paladini Giuseppe (in parte
riportate nel ricorso), che sono state travisate; Serafino Antonio ha
riferito de relato e non è mai stato sentito Serafino Giuseppe; nessun
altro (neanche le persone offese quali Paladini e i Toraldo) ha mai reso
dichiarazioni riguardanti Caroppo Massimo, non è stata reperita
documentazione e non vi sono riscontri alle dichiarazioni di Serafino
Antonio, che sono imprecise e contraddittorie sulla conoscenza fra
Caroppo Massimo e Serafini Giuseppe, sulla genesi del rapporto e sul

temporale del rapporto e sulle modalità del prestito e sulla sua
restituzione; in ordine alla tentata estorsione di cui al capo h è pacifico
che i fratelli Caroppo Damiano e Caroppo Massimo sono estranei al
rapporto usurario ascritto a Caroppo Antonio, come del resto ritenuto dal
Tribunale del riesame; sono state travisate le dichiarazioni di Serafino
Antonio (peraltro inattendibili in ragione delle diverse versioni) sul ruolo
di Caroppo Massimo nell’estorsione; non vi sarebbe stata alcuna minaccia
che comunque sarebbe stata inidonea ad intimidire;
2.

vizio di motivazione anche sotto il profilo del travisamento dei fatti e della
prova in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato di tentata
estorsione in assenza della consapevolezza dell’usura; non sarebbe
configurabile una minaccia idonea e comunque il fatto avrebbe dovuto
essere qualificato come esercizio arbitrario delle proprie ragioni;

3.

vizio di motivazione anche sotto il profilo del travisamento dei fatti e della
prova in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art.
9 legge n. 1423/1956, che non sarebbe ravvisabile quando la violazione
consiste in condotte già autonomamente sanzionate e manca la
motivazione su tale reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso proposti nell’interesse di Caroppo
Damiano sono manifestamente infondati e meramente reiterativi di questioni
prospettate con i motivi di appello di Caroppo Antonio e Caroppo Massimo, senza
considerare le argomentazioni svolte dal giudice di appello.
La Corte territoriale ha rilevato che l’unico illecito ascrivibile a carico di
Serafino Antonio era di natura amministrativa (art. 316 ter comma 2 cod. pen.)
relativamente alla fittizia assunzione di Caroppo Antonio con costituzione di una
posizione contributiva a favore dello stesso. Tale fatto non integrava il reato di
cui all’art. 316 ter comma 1 cod. pen. per il mancato superamento della soglia di
punibilità. Gli ulteriori riferimenti all’emissione di fatture per operazioni
4

ruolo avuto nella vicenda dal dichiarante, nonché sulla collocazione

inesistenti, simulata cessione di beni ed altri non presentano alcun profilo di
collegamento con i fatti oggetto del presente procedimento.
L’inutilizzabilità assoluta nei confronti di terzi, prevista dall’art. 63, comma
secondo, cod. proc. pen., per le dichiarazioni rilasciate da persona che fin
dall’inizio avrebbe dovuto essere sentita in qualità di indagato o imputato, è
subordinata, in ogni caso, alla condizione che il dichiarante sia colpito da indizi in
ordine al medesimo reato ovvero al reato connesso o collegato attribuito al terzo
ed è finalizzata ad impedire che l’utilizzazione di dette dichiarazioni possa

confronti di chi le ha rese. Ne consegue che devono ritenersi utilizzabili le
dichiarazioni rese allorquando, rispetto al delitto attribuito al terzo, il dichiarante,
indagato di altro reato, assuma solo la specifica veste di testimone (Cass. Sez. 4,
Sentenza n. 15451 del 14/03/2012 dep. 20/04/2012 Rv. 253510).
Ne consegue che le dichiarazioni di Serafino Antonio non erano sottoposte
alle regole di cui all’art. 192 commi 3 e 4 cod. proc. pen.
Infatti le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si
applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere
legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale
responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione,
della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo
racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto
a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Cass.
Sez. U, Sentenza n. 41461 del 19/07/2012 dep. 24/10/2012 Rv. 253214).
In motivazione della citata sentenza la Corte ha altresì precisato come, nel
caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno
procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi, ma ciò attiene
appunto all’ambito dell’opportunità e della valutazione della prova e non a nullità
o inutilizzabilità.
La Corte territoriale ha peraltro ampiamente motivato in ordine
all’attendibilità di Serafino Antonio e delle sue dichiarazioni, ritenute anche
riscontrate dalle conversazioni registrate (p. 16, 17, 18 e 19 sentenza
impugnata).

2. Il terzo e quarto motivo di ricorso proposto nell’interesse di Caroppo
Damiano, il primo e il secondo motivo di ricorso proposti nell’interesse di
Caroppo Massimo sono manifestamente infondati e svolgono censure di merito.
Anzitutto la motivazione sull’attendibilità di Serafino Antonio e delle sue
dichiarazioni (richiamata al punto precedente) non è manifestamente illogica e
quindi non è sindacabile in questa sede.

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risolversi, comunque, sia pure indirettamente, in un possibile nocumento nei

4.

In secondo luogo la corte territoriale ha ritenuto che Caroppo Damiano e
Caroppo Massimo fossero a conoscenza (e nel caso di Caroppo Massimo che vi
sia stato concorso in tale reato) dell’usura commessa da Caroppo Antonio.
L’affermazione secondo la quale i fratelli Caroppo Damiano e Massimo non
potevano non essere al corrente dell’usura riportata a p. 19 della sentenza
impugnata, va letta con il richiamo alla motivazione della sentenza di primo
grado circa l’aver Serafino Antonio riferito ai due delle rilevanti somme versate
per capitale e interessi (p. 5 sentenza impugnata).

interessi usurari (p. 19 sentenza impugnata).
Quanto al delitto di tentata estorsione, da un lato la consapevolezza di
azionare pretese conseguenti al reato di usura esclude la riconducibilità del fatto
all’esercizio arbitrario delle proprie ragioni, dall’altro la minaccia è stata ravvisata
nel tono intimidatori e nel riferimento a “problemi” da leggersi nel particolare
contesto (p. 19 sentenza impugnata).
In tale motivazione non vi è alcuna manifesta illogicità né alcuna violazione
di legge.
Infatti la minaccia costitutiva del delitto di estorsione, oltre ad essere palese
ed esplicita, può essere manifestata anche in maniera implicita ed indiretta,
essendo solo necessario che sia idonea ad incutere timore ed a coartare la
volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla
personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni
ambientali in cui questa opera (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19724 del 20/05/2010
dep. 25/05/2010 Rv. 247117).

3. Il terzo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Caroppo Massimo è
manifestamente infondato e comunque inammissibile ai sensi dell’art. 606
comma 3 cod. proc. pen. perché non dedotto in appello.
Contrariamente a quanto si assume nel ricorso, è configurabile il concorso
formale tra ogni singolo reato, commesso dal soggetto sottoposto alla
sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, e la simultanea violazione, prevista
dall’art. 9 della legge 27 dicembre 1956 n. 1423, della prescrizione di vivere
onestamente e di rispettare le leggi (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 26161 del
20/06/2012 dep. 05/07/2012 Rv. 253090).

4. I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere
condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al
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Caroppo Massimo è stato peraltro ritenuto responsabile della richiesta di

pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro, così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

5. La dichiarazione di inammissibilità comporta altresì la condanna degli
imputati in solido alla rifusione delle spese processuali sostenute in questo grado
dalla parte civile Associazione Antiracket Lecce che, alla luce dell’attività
difensiva concretamente svolta, si liquidano in C 1.000,00 per fase di studio ed in
C 3.000,00 per fase decisoria e così complessivamente in C 4.000,00 oltre

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro mille alla Cassa
delle ammende, nonché in solido alla rifusione delle spese processuali sostenute
in questo grado dalla parte civile Associazione Antiracket Lecce liquidate in C
4.000,00 oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A.

Così deciso il 26/09/2014.

rimborso spese generali I.V.A. e C.P.A.

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